Come Topolino, anche Paperino ha debuttato prima in un cortometraggio animato e poi è diventato un personaggio di carta, protagonista di infinite strisce e storie più o meno brevi. Il suo debutto risale al 9 giugno del 1934 quando tra le Silly Simphonies comparve il breve filmato “La Gallinella saggia”, The Wise Little Hen, in cui un paperotto un po’ goffo e sgraziato inventava ogni scusa per non aiutare la Gallinella a seminare il grano: “Chi io? Oh, no, ho il mal di pancia” rispondeva per evitare quel lavoretto. In realtà, come ci hanno insegnato ormai 75 anni di fumetti e cortometraggi, Paperino non è mai stato uno scansafatiche di professione. Anzi, per sbarcare il lunario ha fatto almeno un centinaio di lavori, dall’accalappiacani al vetraio, passando per i mestieri di bagnino, cow boy, esattore (ovviamente per conto di Zio Paperone), fornaio, guardiano del faro, incantatore di serpenti, mago della pioggia, pompiere, spazzino, e via continuando. Il merito di averlo fatto lavorare così tanto è di Carl Barks, uno dei maestri della Paperopoli disneyana, che per anni ne ha raccontato e disegnato le bizzarre avventure, e soprattutto i suoi incontri e scontri con quel taccagno di Paperone e con quei pestiferi nipotini che sono Qui, Quo e Qua. Due “spalle” (Paperone e i nipotini) preziose per il successo di questo personaggio, disegnato all’inizio da Al Taliaferro, di chiara origine italiana, e cresciuto – in spessore e umorismo – anche grazie alle molte storie realizzate da qualche decennio da autori italiani, da Luciano Bottaro a Romano Scarpa, da Giovan Battista Carpi a Giorgio Cavazzano e altri ancora. Se Topolino è in un certo senso il simbolo dell’uomo (americano) appagato, rispettoso della legge, buonista e ottimista, Paperino esprime nel modo migliore tutte le nevrosi dell’uomo moderno, eternamente alle prese con piccoli problemi che per lui diventano giganteschi. Certo, per Paperino spesso il problema principale è quello di mettere insieme il pranzo con la cena, oppure l’eterna ricerca di quel cent che manca per fare un dollaro, quel cent che, se trovato, lo rende felice, e che getta nella disperazione Paperone quando teme di averlo smarrito sotto la montagna di dollari della sua smisurata ricchezza. Eppure, malgrado la sua cosmica sfortuna, Paperino ha vinto anche un Premio Oscar e ha totalizzato molte altre nomination. L’Oscar lo ha ricevuto negli anni della guerra con un cortometraggio – Il volto del Fuehrer – nel quale sogna di vivere nella Germania nazista. Per fortuna è solo un incubo e quando si sveglia corre a baciare la Statua della Libertà. Con la sua sfortuna quasi leopardiana, Paperino è la vittima predestinata della società intera, del cugino Gastone eternamente baciato dalla fortuna, e dei nipotini, di Zio Paperone e anche di Paperina, e in questa dimensione (dalla quale tenta talvolta di sfuggire indossando i panni di Paperinik, il vendicatore mascherato) assume sempre di più i caratteri dell’uomo di oggi, tartassato da balzelli, disoccupazione, traffico, inquinamento, burocrazia e tutti gli altri mali, che conosciamo bene. Proprio come Paperino. [Articolo di Carlo Scaringi]