9 Aprile 2009 00:03

Quello strampalato detective Abbeyard

Pepe SanchezCi sono alcuni argomenti sui quali solitamente non è lecito scherzare, anche se in questi ultimi anni una satira spregiudicata ha sbeffeggiato personaggi e situazioni intoccabili. Ma secondo un diffuso sentire, non è bene ironizzare, per esempio, sull’eterna lotta fra polizia e criminalità, oppure sulle vicende, ormai storiche ma pur sempre drammatiche, della conquista del West, con conseguente genocidio della popolazione pellerossa. Qualche film e alcuni fumetti hanno infranto questo tabù, per esempio con il ciclo della Pantera Rosa, o, nei fumetti, con le storie di Lucky Luke e di Cocco Bill, inventate rispettivamente dalla coppia Goscinny-Morris e dal nostro Jacovitti, al quale si devono anche altri riusciti ritratti di improbabili investigatori, come l’Arcipoliziotto Cip (quello che dice sempre, a cose fatte, lo supponevo) o Tom Ficcanaso, cronista che scoperchia i misteri della mala. In questo filone bisogna inserire anche il Detective Abbeyard, ideato da Viviana Centol e disegnato da Carlos Enrique Vogt, uno dei tanti maestri del fumetto argentino. I dialoghi briosi della Centol hanno trovato in Vogt un disegnatore dal taglio umoristico e talora un po’ caricaturale, che a tratti ricorda alcuni volti di Tardi, e che interpreta bene la storia e i suoi protagonisti. Abbeyard, ospitato in queste settimane su Skorpio con una lunga avventura intitolata Il sospiro della mummia, era all’inizio solo un modesto archivista confinato nell’ultima stanza di Scotland Yard, in mezzo a montagne di casi insoluti. E’ talmente insignificante e imbranato che tutti sbagliano il suo nome, ma ha l’hobby del detective e tenterà – come è raccontato in Nebbia rossa, primo episodio della lunga saga appena pubblicato nella collana che l’Eura Editoriale dedica ai Giganti dell’Avventura – di smascherare Jack lo Squartatore, il misterioso assassino di prostitute nella Londra di fine Ottocento. La storia ricorda un po’ le vecchie commedie degli equivoci, con i protagonisti che entrano ed escono dalla scena, e si comportano talora in modo strampalato. Abbeyard risolverà il caso, dopo che era stato perfino sospettato di essere il misterioso assassino, anche grazie all’aiuto dello spirito di una sua amica prostituta e di altre sue colleghe uccise nel quartiere di White Chapel. Inutile dire che il solo Abbeyard vede il fantasma, non solo in questa ma anche in altre indagini. Una situazione irreale, al limite del verosimile, che trasforma la storia quasi in una caccia al tesoro, o ai fantasmi, molto divertente, perché Vogt – che ha debuttato con racconti western e poi si è scoperto disegnatore disincantato di storie rarefatte, come Pepe Sanchez o Lei e io, sceneggiate da Robin Wood, al pari del più serio e impegnativo ciclo di Mojado – fa del suo meglio per rispettare le trovate della sceneggiatrice. [Carlo Scaringi]