Rispetto e Compassione

ToplinoSuicidaMancato

Ogni volta che qualcuno si suicida per depressione, mi chiedo (avendo fatto la mia bella esperienza personale su questi argomenti) quanto ci sarebbe bisogno di non nascondersi dietro i tabù della morte, quanto ci sarebbe bisogno di spiegare, ai fortunati che quelle esperienze non le hanno vissute sulla propria pelle, cosa realmente siano quelle faccende, quanto ci sarebbe bisogno, anzitutto, di Rispetto. Rispetto e Compassione.

Chi mi conosce bene, sa che considero il suicidio una scelta non solo talora nobile e tragicamente coraggiosa, ma anche semplicemente una scelta possibile dell’essere umano. Capiamoci: quando è dettata dalla depressione (che è malattia feroce e subdola, terribile e trasparente, spietata e infida) non è una vera scelta. Il dolore è tale (travalica ogni limite immaginabile), che la persona non è in grado di vedere nessuna altra scelta possibile. In questo caso bisognerebbe essere in grado di aiutare davvero il malato, intervenendo prima che sia troppo tardi. Ma quando è una libera scelta, ci vuole solo Rispetto per la persona. Rispetto e Compassione.

Quando ero meno vecchio e, soprattutto, non mi ero ancora curato per la depressione (e tutto il resto) dicevo che, se avessero riportato che mi fossi suicidato, sarebbe stato sicuramente un omicidio travestito, perché io non mi sarei mai e poi mai suicidato. Poi le mie malattie mentali (chiamale come vuoi) sono sfociate nella famosa depressione e la vita mi ha insegnato le sue lezioni, liquefacendo la mia arroganza, la mia presunzione, le mie ferree convinzioni e le mie stupide certezze. Ho visto il tutto che c’è nel nostro cervello. Affascinante e terribile. Ho visto l’incapacità altrui di provare compassione (cioè di mettersi negli altrui panni e capirne i sentimenti e condividerli) e l’empatia coraggiosa di chi mi è stato vicino, con tutta la difficoltà che questo ha comportato. L’incapacità, bada bene, non la condanno: ne ho preso nota e so che se ne deve tener conto, ma capisco i tanti limiti che abbiamo, noi esseri umani. Oh, se li capisco! Siamo davvero fragili creature. Per questo apprezzo tanto chi riesce a superarli (cioè, a spostare il proprio limite un pelino più in là). Ma se apprezzo chi riesce a spostare il suo limite, non condanno chi non ce la fa. Rispetto, anzitutto. Rispetto e Compassione.

Non vorrei pensassi che mi stavo riferendo a chi si suicida e a chi non si suicida. No, no. Era un discorso più generale. Se parti da Rispetto e Compassione, il resto viene quasi da sé.

Amleto. Si chiede che fare. Soffre moltissimo, è evidente. Per giunta non ha la più pallida idea di cosa sia davvero la vita. Idem per la morte (anzi, per il “dopo questa vita”, se mai c’è un dopo per l’individuo umano). In fondo siamo un po’ tutti Amleto, come siamo un po’ tutti Paperino. Persino Topolino, quando andò leggermente in depressione, si pose drammatici quesiti… Ma fu estremamente fortunato, non dovette nemmeno spendere soldi dal neurologo: bastò un orologio a cucù a ridargli l’uso della ragione. Mh… Che sia il caso di tenerne sempre uno in casa?

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