Testo integrale della postfazione, saltata in fase di stampa, che avrebbe dovuto essere la pagina 288 del volume 8 della nuova edizione Rizzoli delle Avventure di Tintin.
TINTIN
modello di gioventù per
idealisti concreti
di Gianfranco Goria
Quella che avete appena visto e letto, è l’avventura di Tintin che lo avrebbe portato, finalmente, in Italia, dove il suo creatore era stato più volte (dall’Abruzzo alle Dolomiti, dalla Sicilia alla Sardegna, come a Lucca in occasione del Salone Internazionale dei Comics del 1972 che lo vide ospite d’onore), amandone le bellezze naturali.
Tintin e l’Alphart è “l’incompiuta”, giacché il suo autore, purtroppo, morì prima di poterla portare a compimento. Date le note modalità di lavoro di Hergé, è davvero praticamente impossibile dire come sarebbe andata a finire, questa storia. Ma anche semplicemente affermare che la trama sarebbe stata, alla fine, la stessa che si intravede da queste prime pagine di sceneggiatura disegnata, si rivelerebbe assai azzardato.
Georges Remi (in arte Hergé) era ormai da tempo un creatore raffinato e di estrema professionalità, sempre pronto a cancellare e rifare tutto da capo, se non era assolutamente convinto di aver trovato la soluzione narrativa migliore. Tale era il suo profondo rispetto per i suoi giovani lettori. Nel momento in cui dalla sua matita scivolavano fuori le pagine che abbiamo visto, egli stesso poteva non avere ancora idea di dove effettivamente sarebbe andato a parare, alla fine. Ma dagli schizzi, e dalle ultime pagine di appunti ritrovate in seguito, appare evidente quanto meno che, anche questa volta, il racconto era ancorato alla realtà contemporanea, dall’arte (di cui Hergé era un appassionato cultore), al traffico di droga.
Questa era la caratteristica di Tintin: testimone e attore in prima persona del mondo in cui realmente vivevano i suoi lettori, anno dopo anno, pronto a portare la sua buona volontà e la sua passione civile e umana in un universo che era proprio il loro, quello di cui potevano leggere sui giornali, osservare alla televisione… Come sarebbe oggi? Un idealista concreto, come allora, pronto a schierarsi dalla parte dei più deboli. Ma possiamo solo immaginarlo: Le Avventure di Tintin sono ora un classico della letteratura disegnata, definitamente chiuso nel ciclo dei suoi ventiquattro episodi, per quanto riguarda il fumetto. Altra cosa, ovviamente, sono le esperienze cinematografiche di questo personaggio che proprio dalla sua vita di carta (manifestata tramite quella particolare forma espressiva poi definita “linea chiara”), hanno tratto ispirazione, così come le sue avventure (e lo stile narrativo dell’autore) hanno ispirato tanti altri autori, non solo di fumetti.
In ogni caso la creatura di Hergé (che di Georges Remi ha molto, dentro di sé, come altri dei suoi personaggi che, in vario modo, ne esprimono parti della sua non banale psicologia, dal capitano Haddock al professor Girasole) resta un modello ideale di gioventù: curioso, vitale, portatore di valori positivi, sincero, onesto, leale, coraggioso, modesto… Tanto da essere diventato, crescendo spiritualmente mentre attraversava il Novecento, un modello di vita e di pensiero persino per il suo stesso creatore. Un modello che non solo continua a essere attuale, ma è decisamente opportuno riproporre alle nuove generazioni.
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