Vota, non arrenderti. Ma non i fascisti. Il fascismo è merda. Punto.
Storico, post, neo, esplicito, travestito da destra da sinistra da centro da questo o da quell’altro, è sempre e solo merda.
www.afnews.info segnala:
Dopo le commemorazioni di Berlinguer e Matteotti alcuni hanno parlato di «svolta» della Premier, che non si è mai detta antifascista. Ma non è così semplice: il giornalista Paolo Berizzi spiega la nuova strategia comunicativa del melonismo. E lancia un allarme: l’olio di ricino non sta tornando, ma stiamo diventando come l’Ungheria di Orban…
Giorgia Meloni, il 30 maggio, alla Camera, durante la commemorazione dell’ultimo discorso di Giacomo Matteotti, deputato socialista fatto uccidere da Mussolini poco dopo, ha detto: «Oggi siamo qui a commemorare un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee. Onorare il suo ricordo è fondamentale per ricordarci ogni giorno a distanza di 100 anni da quel discorso il valore della libertà di parola e di pensiero contro chi vorrebbe arrogarsi il diritto di stabilire cosa è consentito dire e pensare e cosa no». Molti quotidiani hanno titolato: «svolta» della Premier, Giuseppe Conte si è complimentato. Tutti si riferiscono alla novità, per Meloni, di nominare, in senso negativo e non ambiguo, il fascismo: ricordiamo che il 24 marzo, per gli 80 anni della strage delle Fosse Ardeatine e il 25 aprile per l’anniversario della Liberazione, la presidente del Consiglio aveva prima citato solo i nazisti e poi citato la fine del fascismo come l’inizio della democrazia ma associandolo agli «altri totalitarismi». «È una tecnica ormai consolidata, è il doppio scarto o il doppio binario di Giorgia Meloni. Un passo avanti o presunto tale su Matteotti, e due passi indietro sulla strage di piazza della Loggia, il tutto per non tradire la sua comunità che è la comunità missina. Il fatto che lei sia molto accorta all’uso delle parole che pronuncia, le serve da una parte per fare il minimo sindacale che un Premier deve fare in occasione di celebrazioni come queste, e in modo vago e generico condanna terrorismi e totalitarismi in realtà per non condannare nulla, dall’altra per rivolgersi al suo bacino elettorale di estrema destra, non così piccolo secondo me», spiega Paolo Berizzi, giornalista, e autore del saggio Il ritorno della bestia (come questo governo ha risvegliato il peggio dell’Italia) uscito da poche settimane per Rizzoli…
Perché la frase di Meloni: «un uomo libero ucciso da squadristi fascisti per le sue idee» non è una «svolta»?
«Non è stato detto nulla di straordinario: Matteotti è stato ucciso da una squadraccia fascista ed è una verità storica. Anzi, Giorgia Meloni, che ha commemorato Matteotti in una celebrazione ipocrita, e che denota tutta l’ipocrisia di questa destra estrema di governo, è la stessa che definì Benito Mussolini, l’uomo che fece uccidere Matteotti, il “miglior politico degli ultimi 50 anni”. Un giudizio che Meloni non ha mai ritrattato e che avrebbe potuto e dovuto correggere».Perché «celebrazione ipocrita»?
«Non puoi celebrare Matteotti e allo stesso tempo non pronunciare il nome di Mussolini. Penso anche a La Russa: è riuscito a commemorare Matteotti ieri e Mussolini l’altro ieri, posando accanto alla foto di entrambi».Nel suo libro analizza il linguaggio ambiguo di Meloni, come quando nel 2022, neoeletta, dice: «noi non tradiremo», rivolto a tutti ma anche alla base di estrema destra, per dichiarare fedeltà all’Idea, scritta maiuscolo, che è quella del fascismo. Ma se in un convegno di Fratelli d’Italia si esalta Enrico Berlinguer, e ora Matteotti, a chi si sta parlando?
«Nel caso di Matteotti parla alle cancellerie europee, agli Usa, alla Nato, presso cui Meloni si mostra una donna di destra moderata, una nuova Merkel. Ricordiamo l’intervista in tutte le lingue concessa a una rete Usa poco prima delle elezioni in cui sosteneva di non avere nostalgie per il fascismo. Nel caso di Berlinguer invece si è trattata di un’operazione per riabilitare Giorgio Almirante. Berlinguer è stato solo usato per celebrare un fascista già fucilatore dei partigiani – già teorico del “razzismo del sangue” come scrisse nel 1942 – che per loro è il modello di patriota e padre politico».Quindi secondo lei Meloni non si sta evolvendo, non c’è una «svolta», anzi si torna indietro…
Leggi l’intervista completa su: Giorgia Meloni, Matteotti, la «stronza» di Caivano, e la fiamma: dentro la comunicazione del neofascismo | Vanity Fair Italia