Scaringi: 1935 - arrivano i porcellini disneiani |
Per almeno mezzo secolo il nome di Topolino è stato associato alle edizioni Mondadori, ma il celebre topo non è stato il primo personaggio di Walt Disney ad approdare nella tipografia di quell’editore. All’inizio del 1935 Arnoldo Mondadori era in trattative con il fiorentino Mario Nerbini che dalla fine del 1932 pubblicava un settimanale dedicato a Mickey Mouse e che stimolava la vanità e il senso degli affari dell’editore milanese. Visto il successo dell’Avventuroso (e lo scarso richiamo del suo Topolino, con le storielle disneiane “risciacquate” in Arno), Nerbini decise di disfarsi di Topolino. Per lui fu un errore colossale e per Mondadori un affare altrettanto colossale, visto che in tutti questi decenni sarebbe poi fiorita, accanto a Topolino, una miriade di altri periodici, quasi tutti di successo. Prima di chiudere l’affare con Nerbini, Mondadori – anche per mostrare alla Disney di cosa era capace – varò un settimanale che forse doveva solo servire per compiere quella che oggi si definisce un’indagine di mercato. Nacque così “I tre Porcellini”: il primo numero arrivò in edicola il 28 marzo 1935, giusto settant’anni fa. Accanto alle classiche storielle disneiane, soprattutto quelle del ciclo delle “Silly Simphony”, c’erano anche racconti avventurosi come Johnny Round-the-world (trasformato in un più semplice Gianni Giramondo), un fumetto americano di William La Varre, spesso didascalico con il protagonista, un antropologo, sempre a caccia di misteri vecchi e nuovi. Lo spazio destinato all’avventura sarebbe presto stato occupato da altri personaggi di maggior spessore, come Brick Bradford e i G-Men della Pattuglia dei Senza Paura, due cicli che spaziavano dalla fantascienza alla Flash Gordon al gangsterismo americano di quei giorni. Ma c’erano anche Susetta, come era stata chiamata Little Annie Roonie di Darrell McClure, e Ming-Fu di Fonsky. Più che infastidire il Topolino nerbiniano, “I tre Porcellini” si dimostrarono subito un temibile e fastidio concorrente dell’Avventuroso, rispetto al quale il nuovo settimanale appariva molto più curato nel lettering e nelle traduzioni. Ma c’era spazio anche per autori e storie italiane, a cominciare da quei piccoli capolavori che furono (e restano) Ulceda, la figlia del Gran Falco della prateria, e Saturno contro
Articolo di afnews (se non altrimenti indicato) - Mercoledì, 27/4/2005
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