domenica 8 marzo 2009

Baru - i miei fumetti contro il determinismo sociale
Baru - foto di Francesco Amorosino - click per i dettagliÈ politico in tutto ciò che scrive perché porta con sé valori e testimonianze, voglia di comunicare e denunciare. Baru è figlio di due operai, padre italiano emigrato in Francia e madre bretone, e questa sua eredità è evidente in tutti i suoi fumetti. È da poco uscito in Italia Noir, un libro che raccoglie vecchie storie, come le due della serie Bonne année, in cui l'autore anticipa la rivolta scoppiata nelle banlieue e dipinge una periferia francese trasformata in una fortezza, da cui gli immigrati non possono uscire. Una visione distopica che richiama la situazione dell'Italia dei centri di permanenza per gli immigrati, anche se Baru evidenzia che i paragoni non sono così semplici: Baru - foto di Francesco Amorosino - click per i dettagli"In Francia c'è un doppio problema riguardo agli immigrati: c'è un'immigrazione già radicata, antica, che però si racchiude in se stessa, anche se bisogna fare differenze tra le varie culture. Poi c'è l'immigrazione nuova, come in Italia". È proprio il concetto di movimento, secondo Baru, a essere al centro del suo lavoro: "In tutto ciò che faccio è sempre una questione di spostamento, non solo fisico, ma anche a livello sociale. L'equilibrio è una cosa terribile, per me l'essenza della vita è lo squilibrio. Il mio interrogativo è come sfuggire al determinismo sociale." Baru - foto di Francesco Amorosino - click per i dettagliProprio a questo tema si rivolge il nuovo libro di Baru, Fais peter les basses, Bruno!, che uscirà nella seconda metà del 2010. Non un'analisi sulla situazione francese del momento dunque, forse "troppo orribile" per parlarne. Nella prefazione di Noir Baru scrive che il presidente francese "Sarkozy sembra un Berlusconi che imita Aldo Maccione", attore italiano diventato famoso in Francia negli anni Settanta e Ottanta. "Quella è un'offesa a Maccione - ironizza Baru - perché la situazione è davvero terribilile, la Francia, come anche l'Italia, ha una classe dirigente catastrofica. Sarkozy fa solo propaganda, non fa una politica di cose concrete: accresce il senso di insicurezza, si spaccia per socialista, ma fa una dura politica di destra. Ma io in fondo sono un pessimista ottimista, vedo sempre una luce. Continuo a sperare nelle utopie, ma tutti i tentativi di utopia sono falliti, sono state sconfitte di gruppo, di sistemi, e la mia maliconia sta proprio in questo". [Intervista di Francesco Amorosino]

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sabato 7 marzo 2009

Gipi - serve incoscienza per raccontare la vita
GiPi - foto di Francesco Amorosino - click per i dettagliNon è semplice chiedere qualcosa a Gipi, dopo un libro come La mia vita disegnata male, una biografia cruda, sincera, eppure immersa in un'atmosfera magica, di sogno. Tutti i punti più scuri della vita di Gianni Alfonso Pacinotti, vero nome dell'autore, vengono a galla, dalla violenza subita dalla sorella alle molte esperienze con la droga, fino ai dieci giorni in carcere. Ma quanto coraggio ci vuole a scrivere un libro del genere? "Coraggio zero, incoscienza mille - risponde Gipi - mi sono reso conto di ciò che avevo fatto solo quando mia madre ha avuto in mano il libro. Ha pianto, mi ha detto: 'Ma allora sono una cattiva madre?'. E io 'Sì ma ti voglio bene lo stesso'. Ho chiesto il permesso solo a mia sorella per scrivere la sua storia, lei è quella più colpita dal libro". Un racconto, quello della graphic novel, che l'autore stesso definisce "senza senso", come sono le storie di ognuno di noi, e dove un ruolo fondamentale è quello degli amici. "Loro e gli affetti sono la cosa che più di tutte mi è servita. Mi sono stati vicini e poi questa è la prima volta che leggono qualcosa di mio! Di solito non volevano, ma questa volta il narcisismo di esserci li ha sbloccati!". Un libro davvero intimo, anche se Gipi dice di "non sentirlo come una biografia", che entra in contatto con i lettori, pronti a sommergere l'autore pisano di lettere: Gipi - foto di Francesco Amorosino - click per i dettagli"Ne ho ricevuto tantissime, non hai idea di quante persone mi hanno scritto per chiedermi consigli da andrologo! Io li ho indirizzati dal medico! Forse è che con il sesso ovunque intorno a noi è più difficile parlare di queste cose" risponde l'autore riferendosi alla storia di sottofondo del libro: una sua ricerca di un dottore capace di curargli una malattia al pisello. A un medico confessa: "Odio i giovani, farei di tutto per danneggiarli", una frecciatina, come la definisce Gipi, perché "io i giovani li amo, perché vorrei essere come loro, poter avere ancora tanto tempo davanti per scegliere". Nel libro, però, non si parla molto di fumetto: "C'è solo una frase, quando dico da quel momento ho cominciato a amare, sbarrato, odiare il fumetto. In realtà sono un ignorante di fumetto - confessa - per esempio non ho mai letto Watchmen o Frank Miller, ma io sono così: passo il tempo a combattere le mie paranoie e a scrivere". Paranoie che sembrano scomparire nel finale, quando c'è la lunga scena del nuoto, con le pagine bianche e un piccolo omino al centro nell'acqua. Gipi - foto di Francesco Amorosino - click per i dettagliDunque Gipi ha imparato a nuotare? "Sì un po'. La scena del nuoto ha salvato il libro. Ero come al solito in crisi perché non sapevo come concludere il libro e chiudere tutti i fili aperti e io voglio sempre chiudere i fili. Quando ho iniziato questo libro sapevo solo come fare l'ultima pagina ma nient'altro. Ero al mare con la mia ragazza e ho fatto questo piccolo disegno dell'omino che nuota ed era lì, in quella scena si spiegava ciò che volevo dire in questo libro". Tutti gli appassionati che si aspettavano un libro di pirati si sono trovati di fronte a questa biografia. E adesso cosa dobbiamo aspettarci? Fantascienza? "Ma la storia di pirati c'era davvero e poi è sparita. E pensare che l'avevo scritta tutta. Forse ho bisogno del brivido dell'improvvisazione per poter lavorare bene. Non so mai bene cosa sto facendo e ora invece chissà se farò un altro libro. Alla fantascienza sì, ci avevo pensato..." confessa Gipi, che in realtà ha già lavorato a un nuovo progetto: la sigla del nuovo programma di Daria Bignardi, L'era glaciale, una novità per lui. "Sì, ho lavorato con un animatore al banco ottico. Ha richiesto molto tempo, è stato faticosissimo ma divertente. Adesso ci abbiamo preso gusto - conclude - magari faremo un cartone animato!". [Intervista di Francesco Amorosino]

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venerdì 6 marzo 2009

Gipi e Baru - il fumetto sociale
Baru - foto di Francesco Amorosino - click per i dettagliIl fumetto come mezzo d'analisi della società, come strumento per indagare il presente ricordando il passato e anche forse un mezzo per anticipare il futuro. Gipi e Baru sono due artisti che hanno moltissimi punti in comune: entrambi autori di indimenticabili romanzi a fumetti, entrambi famosi in Francia, anche se il primo, al secolo Gianni Alfonso Pacinotti, è Pisano, mentre il secondo, Hervé Baruléa, è nato a Thil, in Lorena, entrambi amano raccontare piccole storie di periferia, vite di personaggi vicini a ognuno di noi. Le somiglianze e le differenze sono state messe in evidenza durante l'incontro con il pubblico che si è tenuto il 5 marzo a Roma, al Centre culturel Saint Louis de France, diretto da Jean-Luc Pouthier, secondo cui "è un onore avere qui un incontro sul fumetto perché alla mia generazione non era permesso leggere fumetti, era visto male. Il fumetto, invece, non è mai stato fuori dalla società e questi due grandi autori lo dimostrano". Gipi - foto di Francesco Amorosino - click per i dettagliA moderare l'incontro è stato il giornalista Francesco Boille, che ha aperto l'incontro parlando del tema della memoria. Baru, autore di fumetti come Noir che ha anticipato di anni il dramma delle banlieue, ha detto di non fare "un lavoro solo sulla memoria: io voglio un mezzo per comprendere il presente. Mi interesso molto della cultura operaia. I governanti dicono che non esiste più. Io allora penso al passato e lo rapporto al presente. Quando ho cominciato a scrivere fumetti non esistevano eroi di poco conto, del popolo, io volevo mettere in risalto la cultura dei piccoli". Gipi, invece, ha rivelato di non avere "un interesse preciso per la memoria: ne sono ossessionato, è una trappola, torna sempre nelle mie storie, ne riconosco la valenza sociologica, ma non è una scelta che faccio apertamente. Torno alla libertà di quando ero ragazzo e il caso ha voluto che vivessi cose che hanno un significato politico". Altro argomento comune ai due autori è il rapporto tra ciò che è concreto e ciò che è metaforico. A Gipi "l'astrazione serve per capire la realtà, è il mio modo di vedere il mondo. Io sono troppo nervoso: ad esempio non posso guardare Napoli, l'occhio va da tutte le parti. Gipi - foto di Francesco Amorosino - click per i dettagliL'astrazione è un desiderio di affondare nel mio modo di guardare la realtà, è il mio modo di vedere il mondo, che non consiglio a nessuno". Ad analizzare il collega pisano ci ha pensato Baru: "Gipi ha una padronanza incredibile della metafora. Anche se sembra astratto lui è un disegnatore realistico. Parte da una situazione e fa vedere come reagiranno gli esseri umani. Anche io sono ossessionato dalla realtà, ma sono meno istintivo di Gipi e uso la metafora in modo più sociologico e meno psicologico". I disegni dei due autori sono particolari: non aggraziati, non studiati, ma funzionali, precisi, belli nella loro immediatezza perché profondi. "Io non ho senso estetico - ha detto Baru - non ho mai voluto disegnare in maniera classica, ho imparato da solo. Era l'unico modo per dire quello che volevo dire". Anche Gipi ha rivelato di essere "interessato più alla devoluzione del fumetto che all'evoluzione. Baru - foto di Francesco Amorosino - click per i dettagliVoglio disegnare sempre peggio per fare meno. In realtà all'inizio non sapevo neanche cosa fosse il fumetto, poi con il tempo ho staccato il disegno dall'illustrazione per avvicinarlo al testo scritto, come ho fatto in La mia vita disegnata male. Spero di continuare a peggiorare ancora, magari il prossimo libro sarà tutto disegnato di getto e scarnificato". Nell'ultimo lavoro di Gipi, però, ai disegni fatti a penna aggrovigliati come la sua stessa scrittura si alternano illustrazioni ad acquerello, incantevoli per la leggerezza dei paesaggi quasi da Corto Maltese. "La parte del pirata c'è perché volevo fare qualcosa di bello" ha confessato Gipi, per poi ritrattare: "No, non è vero, volevo qualcuno che fosse disperato come me quando sono disperato, se c'ero sempre io in quel libro sarebbe stato troppo. Volevo spezzare il ritmo pesante, io ci penso a chi mi legge". E anche i lettori hanno pensato ai due autori, sommergendoli di domande e richieste di disegni, perché il bello del fumetto sta anche nell'incontro. [Servizio di Francesco Amorosino]

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