L’anno
prossimo si ricorderanno i quarant’anni dalla scomparsa di
Walt Disney e l’anniversario sarà occasione per
celebrazioni spesso eccessive o per stroncature altrettanto
esagerate. Intanto arriva in libreria una nuova biografia sul
celebre papà di Topolino e Paperino a cura di Mariuccia
Ciotta del “Manifesto” che ne ripropone la storia
artistica e umana in una dimensione revisionistica, più politica
che artistica.
Tra
i campioni dell’immaginario, non c’è dubbio che Walt Disney
occupi un posto di primo piano, se non altro per l’originale
invenzione di Mickey Mouse e Donald Duck, primi abitanti di due
metropoli della fantasia (Topolinia e Paperopoli) che nel corso
degli anni si sono affollate di tipi strani, divertenti e
problematici, spesso scaturiti dalla matita e dalla fantasia di
autori italiani, da Giovan Battista Carpi a
Romano Scarpa, da Giorgio Cavazzano
a Luciano Bottaro, a Carlo
Chendi, che tante storie ha scritto, con abbondanti
dosi di realismo e di ironia.
Secondo
Mariuccia Ciotta, autrice di “Walt Disney, prima stella
a sinistra”, appena edito da Bompiani,
il mago di Burbank non è stato affatto quel campione di
conservatorismo, al servizio della CIA, amico di Mussolini (che
infatti permise, anche dopo il blocco dei fumetti americani, che
le sue storie continuassero a venir pubblicate in Italia),
anche un po’ razzista e ovviamente anticomunista, come è stato
dipinto da qualcuno. Come al solito la verità sta nel mezzo e si
può dire tranquillamente che Walt Disney è stato solo un
americano patriottico, che negli anni Trenta mise Topolino al
servizio del suo Paese, facendone un topo attivo, coraggioso e
intraprendente, sempre pronto a battersi contro ogni forma di
violenza, affarismo, corruzione, banditismo, pronto ad aiutare
il suo Paese a superare la crisi del ’29
grazie
al “new deal” rooseveltiano. Il presidente americano aveva
individuato in Topolino l’immagine dell’America che voleva
risorgere, che superava con ottimismo tutte le difficoltà e si
lanciava in un futuro che tutti speravano radioso. Quindi
Topolino, al di là di certi atteggiamenti conformisti e
benpensanti, porta avanti idee che possono essere condivise da
tutti, progressisti e conservatori. Più spiccatamente schierato
a sinistra (se non
altro
perché quotidianamente deve fare i conti, è il caso di dirlo,
con quel capitalista taccagno e sfruttatore che è Zio Paperone)
è senz’altro Paperino, nato qualche anno dopo (nel 1934
precisano gli storici) e rapidamente salito ai vertici
dell’universo disneyano. Ma oggi forse non ha più senso
etichettare gli eroi di Walt Disney come fossero gli esponenti
politici di un rissoso Paese qual è l’Italia. Walt Disney non è
mai stato quel bieco reazionario dipinto da molti, né un
democratico progressista: è stato solo un abile artigiano (oggi
si potrebbe definire un manager) che sfruttando (nel vero senso
del termine) il lavoro di decine di ottimi artisti a lungo
costretti all’anonimato, ha costruito, con la fantasia e con i
dollari, un vero e proprio impero economico. Era già solido nel
1941quando i dipendenti scesero in sciopero per molti mesi
contro di lui: Walt Disney reagì con la durezza del peggior
capitalista, degna del peggior Zio Paperone che non era ancora
nato, ma che forse Carl Barks in quell’occasione
cominciò a concepire. [Carlo Scaringi]
Domenica,
19/6/2005 - Autore: afnews
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