© Didier Pasamonik –
published on afNews www.afnews.info on January 12, 2005.
Alfredo
Castelli : « Io credo che i manga non siano propedeutici al fumetto
europeo ».
Come
dice egli stesso, Alfredo Castelli è un « collaborazionista ». E’
stato uno dei precursori dell’introduzione dei manga in Europa. Constatando
oggi il suo incredibile successo, si pone la domanda di sapere se i giovani
lettori che scoprono il fumetto attraverso i manga, costituiscono un mercato
potenziale per la produzione europea.
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Quando ha scoperto per la prima volta il fumetto
giapponese?
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Verso il 1980, a
New-York, perché là c’erano, e ci sono ancora, grandi librerie giapponesi. Ho
scoperto visitandone una, che i Giapponesi non facevano solo cartoni animati
come credevo ingenuamente, ma che dietro ciascun cartone c’era un fumetto la
cui qualità era migliore di quella, vista nei cartoni, di cui noi ci potevamo
rendere conto in Italia. Perché in Italia noi realizzavamo sistematicamente
adattamenti, sotto licenza, delle serie che passavano in tv. Quella fu una
rivelazione per me. Ho non solo
ritrovato gli originali di quelle serie, ma ho anche scoperto delle riviste
sull’animazione pubblicate in Giappone che non si trovavano in Europa. Mi sono
quindi messo alla ricerca dei diritti da acquistare di cose ben selezionate per
comprendere cosa succedeva laggiù. Poi ho studiato un poco il giapponese per
poter consultare un dizionario, decifrare un titolo, un nome d’autore e
comprendere grosso modo le storie. Con Gianni Bono ho scritto il primo libro
sui cartoni giapponesi che è stato pubblicato in Italia nel 1983[1], Orfani e Robot, che è una piccola storia del cartone animato giapponese e, come
corollario, dei manga.
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Quando
sono stati pubblicati i primi manga in Europa?
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La rivista italiana Eurêka
ha pubblicato delle cose che erano una traduzione della rivista svizzera Le
Cri Qui Tue, che è stata la prima pubblicazione di fumetto giapponese in
Europa, pubblicata da Atos Katemoto nel 1979. Ma non era ancora un fenomeno.
Quindi, a seguito di un cartone che andava molto bene in Italia, Candy Candy[2],
per la prima volta un editore italiano, Fratelli Fabbri, aveva tradotto la
versione originale giapponese del 1980 sotto la direzione di Gianni Bono e
della sua équipe. La traduzione fu assicurata da una giapponese nata in Italia,
Kazuro Inumaro, che era stata interprete per il Presidente della Repubblica
Italiana. In seguito abbiamo pubblicato in Italia Lady Oscar. L’una e
l’altra sono state falsamente presentare come produzioni occidentali legate
alla produzione televisiva. Con Gianni abbiamo constatato che i manga potevano
interessare i lettori europei, ma che i Giapponesi non sapevano come
presentarli agli editori occidentali, a Francoforte o a Bologna, perché presentavano
sempre delle opere nella loro lingua, molto difficicile da apprendere per dei
non giapponesi. Abbiamo parlato con dei responsabili della Kodansha e s’è fatto
un bel catalogo che presentava le serie principali che potevano essere, secondo
noi, tradotte in Occidente, con delle raccomandazioni sul modo di pubblicarle,
in particolare se si modificava il senso di lettura. Questo è stato per anni il
catalogo ufficiale della Kodansha. L’idea era di pubblicare anche Osamu Tezuka
e, in effetti, la prima edizione in italiano di quell’autore fu Black Jack,
pubblicata nel 1983 su Eurêka, rivista della quale condividevo la
direzione con il disegnatore Silver, il creatore di Lupo Alberto.
Volevamo aprire un mercato. Ma l’editore di Eurêka cominciava a passarsela male.
Che importa! Il movimento di traduzione dei manga era ormai lanciato in Italia
e in Europa, col successo che si sa.
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Non ha l’impressione di aver inferto un colpo
mortale al fumetto europeo ?
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Certo, questo è stato detto. Io stesso ho scritto
una confessione nella quale ho ammesso di aver collaborato col nemico! Ma l’ho
fatto in buona fede. A lungo, da allora, la gente non ci ha creduto. Ciò detto,
nella maggior parte dei paesi, si constata che il pubblico dei manga e il
pubblico del fumetto non va un granché insieme. Il pubblico dei manga è forse
più consumatore di musica, tecnologia, di mode rispetto a quello di fumetto
europeo tradizionale. Io credo che i
manga non siano propedeutici al fumetto europeo, tranne forse un poco in
Francia, dove i punti di vendita del fumetto vendono l’uno a fianco dell’altro
e attirano i giovani lettori verso il fumetto europeo. Ma in Germania, dove il
fumetto europeo perde terreno, dove i manga si vendno nei punti di vendita dei
dischi o della moda, questo non succede. E’ un mercato parallelo. Il lettore
non assimila i manga al fumetto.
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Ciò ha forse conquistato un pubblico che il
fumetto europeo non toccava ?
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Forse, si può
vederla in questo modo. D’altro canto, è quantomeno pericoloso, perché se si
considera quello che è successo in Spagna, i best-seller spagnoli nelli anni 90
erano i fumetti americani, con Conan che, epr esempio, vendeva più di
50.000 copie al mese, spesso disegnati sotto licenza da autori spagnoli. Poi è
arrivato Dragon Ball verso il 1992, pubblicato come test, solo in
Catalogne dalla De Agostini/Planeta. Ne hanno venduto più di 100.000 copie
nella sola regione di Barcellona! Questo ha sconvolto il mercato spagnolo e
distrutto il suo fragile equilibrio. Oggi sono rari gli autori spagnoli che
pubblicano ancora fumetti in quel paese: ora fanno pubblicità o
illustrazioni. Questo dovrebbe farci
riflettere.
Propos recueillis par Didier
Pasamonik, le 30 octobre 2004.
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