Tre films di animazione USA a confronto

L'animazione made in USA sta per dare l'assalto ai botteghini con ben tre lungometraggi, presentati in anteprima al recente Festival di Annecy: "Over the edge"(Dreamworks), "Open season"(Sony Pictures Animation) e l'attesissimo "Cars" targato Pixar. A dire il vero, nei primi due casi si è trattato di conferenze di presentazione in cui alcuni dei realizzatori presentavano le fasi salienti della produzione accompagnadole con trailer e immagini(entrambi sono comunque di imminente uscita in Francia), soltanto "Cars" si è potuto ammirare integralmente nel corso di un'affollatissima proiezione speciale pomeridiana. "Over the edge", di Tim Johnson e Karey Kirkpatrick si ispira all'omonima striscia a fumetti ideata da Michael Fry e T. Lewis( pubblicata anche in Italia su 'Linus' come 'I periferici'): presentato fuori concorso all'ultimo Festival di Cannes, si tratta dell'ultima fatica in digitale della DreamWorks in attesa del terzo capitolo della saga di "Shrek", e con le disavventure dell'orco verdastro sembra condividere l'umorismo ipercinetico e citazionista. Anche "Open Season", diretto da Roger Allers, è realizzato in 3D e prende spunto dal lavoro di un celebre fumettista, Gary Larson, le cui surreali tavole umoristiche della serie "The Far Side" sono arrivate anche in Italia, sempre grazie a Linus; in tal caso lo spunto è venuto da una singola vignetta e quindi la trama può dirsi del tutto originale, ma nelle intenzioni degli autori si è almeno provato a  mantenere lo spirito lunare dei personaggi di Larson. Ecco, proprio riguardo a questo proposito, e basandomi sulle due opere appena introdotte, vorrei fare un breve commento riguardo la trasposizione cinematografica di un genere particolare come le strisce a fumetti, fermo restando che qualsiasi giudizio definitivo è rimandato all'uscita dei films: una prima impressione, nel vedere alcune scene di "Over the edge" è che lo spirito del fumetto sia andato un pò perso...inevitabilmente, forse, vista la necessità di diluire la storia nei tempi del lungometraggio, ma vedendo la frenesia con cui tutta la "Gang del bosco"(questo il titolo italiano, privo di quella sottile minaccia che l'originale "Oltre la siepe" evocava, o della nevrosi suburbana implicita nell'ironico 'I periferici') corre, gesticola e strilla, si sente un pò la mancanza della sottile ironia dell'originale. Ammetto di non aver potuto leggere le prime strisce, quindi non so se la storia del film ricalchi più o meno fedelmente quella delle strisce, ma di certo è stato modificato il rapporto tra i protagonisti, il procione P.J. e la tartaruga Verne, i quali appaiono qui come la classica coppia macho-brillante/saggio-incompreso destinata a unirsi contro le avversità mentre nel fumetto erano molto simili a quella Walter Matthau/Jack Lemmon, ovvero uno scapestrato e uno nevrotico ma fondamentalmente cialtroni entrambi. Gli altri animali fungevano soprattutto da 'spalla' per porger loro battute simili a quelle di popolari sit-com televisive che, temo, non verranno mantenute nel lungometraggio della Dreamworks(geniale era l'adorazione di Verne per la 'casalinga d'alto bordo' Martha Stewart, ora un pò in disgrazia) a favore di stereotipi più collaudati e redditizi (vedi, appunto, 'Shreck', ormai divenuto prodotto seriale), e sospetto che uno dei personaggi(lo scoiattolo) tenterà di ricalcare i fasti del celeberrimo Scrat di 'Ice Age' il quale si avvia ormai a oscurare del tutto i veri protagonisti . Nel caso, invece, di 'Open Season'(il titolo si riferisce all'apertura della stagione di  caccia), come detto la storia dell'orso addomesticato tornato nella foresta, che aiuterà i suoi simili contro i cacciatori, è solo ispirata alle vignette di Gary Larson ma anche qui ci è parso di ritrovare l'impostazione ormai tipica di questo genere di films: un mix di citazioni, personaggi ricalcati su attori riconoscibili e ,purtroppo, la morale di fondo che resta disneyana: i buoni trionfano sui cattivi. Bè, questa linearità è lontanissima dallo spirito di 'The Far Side', un mondo 'al di là dello specchio' in cui gli animali tengono le teste degli esseri umani sul caminetto e di essi sembrano ricalcare soprattutto i difetti: mi rendo conto,ovviamente, che trasporre tutto ciò in un lungometraggio per tutti sia impossibile, ma credo che queste nuove produzioni non sfruttino appieno il potenziale anarchico dell'animazione, preferendo puntare su una poetica fracassona e solo apparentemente provocatoria che scivola via come una sorsata di coca-cola. Non sembra correre questo rischio, però, la Pixar di John Lasseter, il cui ultimo capolavoro, "Cars", ha mandato in delirio la folla di spettatori radunatasi ad Annecy per l'anteprima nazionale: solo l'inizio del film vale il prezzo del biglietto, tuffandoci in mezzo al rutilante caos di una gara automobilistica, senza concentrarsi solo sulla velocità ma zoomando su ogni dettaglio, ogni elemento che la determina. Lasseter, che ne è anche il regista (e si vede) ha recepito in pieno la lezione dell'amico Miyazaki Hayao: come lo studio Ghibli, anche la Pixar dedica alla realizzazione dei lunogmetraggi una cura maniacale che coinvolge attivamente tutti i membri della 'troupe', e il risultato finale rivela quanto questi ragazzi e il loro mentore posseggano una cultura cinematografica vera e propria poichè "Cars" è cinema, cinema allo stato puro, non solo un'eccelso esperimento di animazione digitale(stessa cura anche per i corti, tutti proiettati ad Annecy, tra cui l'ultimo 'One Man Band'). Tutti gli elementi presenti in "Cars", e così nei precedenti films della Pixar, sarebbero considerati stereotipati o, peggio, banali in un film 'dal vivo', ma tradotti nell'estetica e nel linguaggio paradossale dell'animazione diventano qualcosa di totalmente nuovo: Lasseter e i suoi, così come Myazaki e Talahata Isao al loro meglio, citano cose che conoscono bene e hanno perciò ormai assimilato alla perfezione, ma senza ammiccare astutamente allo spettatore("vediamo se riconosci anche questo")bensì rimescolando gli ingredienti in una ricetta il cui gusto si svela poco a poco appagando tanto lo stomaco quanto gli occhi e la mente: quando scorrono i titolo di coda(anch'essi un gioiello di ironica autocelebrazione) se ne vorrebbe ancora un altro pò.

Print itManda/Send via eMailSabato, 17/6/2006 - Autore: Eric Rittatore (se non altrimenti indicato)
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