31 Maggio 2019 09:00

La Bellezza che smaschera orrore e silenzio: il cinema “a impatto sociale” dei Blies Bros.

Stéphane Hueber-Blies e Nicolas Blies sono due fratelli cineasti originari del Lussemburgo, che da anni scrivono, dirigono e spesso producono i propri film insieme.

Hanno esordito nel 2015 producendo il documentario transmediale “Soundhunters”, diretto da Beryl Koltz e incentrato sui nuovi linguaggi creati dai flussi migratori, in coproduzione con il canale franco-tedesco ARTE. Il progetto è stato selezionato per il Prix Europa a Berlino, quindi al SXSW e al New York Film Festival. Tra i riconoscimenti: FIPA d’Or 2015 (categoria Sm @ rtFIPA), Prix du Courrier International nel 2016 e Audience e Best Innovation Project Awards al Festival Sechuan in Cina.

In seguito decidono di dedicarsi principalmente a una cinematografia impegnata e dal forte impatto sociale. Ciascuno dei loro film è quindi accompagnato da azioni concrete volte a incidere nell’ambito della tematica affrontata. La prima opera realizzata con questa impostazione si intitola “Zero Impunity” (2019) e riguarda il secolare quanto spesso tacito dramma della violenza sessuale in tempo di guerra.

Si tratta di un lungometraggio che mescola animazione con riprese e immagini dal vero, e che sta attualmente riscuotendo un notevole successo ai festival, con anteprime previste al prossimo Festival di Annecy (nella nuova sezione Controcampo), al Moscow International Film Festival, al Thessaloniki International Film Festival e al FIFDH di Ginevra . La parte del progetto strutturata ad impatto digitale e sociale ha vinto la FIPA d’Or 2017 (categoria Sm @ rtFIPA) ed è stata selezionata per il Visa d’Or de l’information assegnato da France TV.

Stéphane e Nicolas stanno attualmente lavorando al loro secondo lungometraggio, “Ghostdance”, scritto insieme alla cineasta canadese di origini Abenachi Kim O’Bomsawin. Il progetto cinematografico, che tratta della questione della parità di genere e di femminicidio, è stato notato dall’industria cinematografica internazionale fin da quando è stato presentato all’ultimo Cartoon Movie di Bordeaux e alla sessione Eurimages Pitch. Parallelamente, i Blies Bros. stanno lavorando allo sviluppo del loro primo film di animazione girato con impiego di realtà virtuale in real time, dal titolo “Shock The Monkey”, sul tema della privatizzazione del nostro immaginario da parte del sistema capitalista.

Abbiamo conversato con loro partendo da alcuni spunti e suggestioni.

La “missione” di a_BAHN.

a_BAHN è una società di produzione specializzata in quello che generalmente definiamo “cinema a impatto sociale”. Ne siamo i registi ma anche i co-fondatori, insieme alla nostra producer Marion Guth.

Il nostro obiettivo è fondere l’approccio a questi soggetti con un senso profondo della dimensione civica, consapevoli di quell’impercettibile mutamento direzionale che il cinema suscita influenzando le nostre menti. È una svolta (in)visibile nell’impegno del pubblico che può essere tentata da tutti quei film che mettono in discussione la nostra coscienza morale e il nostro comportamento.

Questo impegno è il DNA di a_BAHN, partendo dal presupposto che i media siano uno strumento per il cambiamento e la coesione sociale. Tale principio a_BAHN diventa una forza d’urto al servizio di progetti militanti, poiché abbiamo capito che la nostra esperienza potrebbe diventare un’arma.

Il mestiere di cineasta è un affare complesso. Abbiamo un potente strumento nelle mani, capace di produrre una conoscenza che rende accessibile l’arte e la cultura, l’informazione e i frutti dell’intelletto umano. Questo potere comporta una grande responsabilità. Ma quanti di noi sono davvero coscienti di questa responsabilità?

I produttori di a_BAHN si sono resi conto che era tempo di cambiare. Poiché è importante dare un senso a ciò che si fa, noi riflettiamo a lungo sulla nostra attività, sulla nostra missione, sui nostri valori, sui nostri desideri, sul nostro impegno. Quello in quanto individui, ma anche come entità collettiva. Dopo diversi anni di produzione nel settore, abbiamo capito che molte rotte sono praticabili, e che ognuna di esse è intimamente correlata a ciò che ci aspettiamo dalla società civile.

Il progetto #ZeroImpunity.

Siamo i designer di tutto il progetto, non solo del film ma in particolare di tutta la sua dimensione attivista.

#ZeroImpunity è nato da un incontro tra la nostra produttrice, Marion Guth, e i sopravvissuti al genocidio e alle vittime della violenza sessuale in Ruanda. Durante questo incontro, rivelarono cose davvero sconvolgenti: ebbero il coraggio di raccontare le loro storie poiché sentivano che questa volta sarebbero state ascoltate. E che le loro testimonianze avrebbero aiutato anche altre donne a parlare. Questa conversazione ci ha davvero colpiti. Iniziammo a pensare di creare un progetto che permettesse alle voci delle vittime di risuonare negli spazi pubblici, risvegliando così cuori e coscienze. Quest’aspirazione costituisce il DNA stesso di #ZeroImpunity.

Sebbene l’Animazione sia sempre stata una lingua “adulta”, l’immaginazione popolare continua a considerarla come “roba per bambini”; rare sono le istituzioni, come il National Film Board of Canada, che usano questo linguaggio in tutte le sue infinite potenzialità espressive e semantiche.

Abbiamo scelto di lavorare con l’Animazione perché abbiamo interagito con molte fonti diverse, che si trovavano in situazioni differenti. Alcuni erano informatori, testimoni, mentre altri autentici sopravvissuti. Alcuni di loro volevano rimanere anonimi per ragioni di sicurezza. Era il caso di Nora, una giovane siriana, e di sua madre, Fatima. L’Animazione ci ha anche permesso di illustrare gli eventi che le nostre fonti hanno raccontato. Ci permette altresì di prendere in giro i potenti, farli “parlare”, andare oltre l’inevitabile retorica politica che avrebbero utilizzato davanti alle nostre telecamere … Lo scopo è uno solo: trovare la verità.

Siamo anche convinti che l’animazione sia il medium perfetto per rappresentare una realtà politica o sociale attraverso la mediazione della Bellezza. Questa estetizzazione, tanto cara al filosofo francese Edgar Morin, aiuta a generare più empatia. Inoltre, il fatto che abbiamo usato l’Animazione per illustrare le nostre indagini differenzia il contenuto dal resto del film. Ad esempio, abbiamo filmato le parti del documentario che mostrano attivismo e spettacoli di supporto cittadini. Infine, e soprattutto, il nostro uso dell’animazione dimostra il nostro impegno a mostrare la violenza sessuale da una nuova e diversa prospettiva: gli abusi non hanno colore né bandiera.

Riferimenti e ispirazioni.

I nostri riferimenti principali nel cinema dal vero sono Ken Loach, Pedro Almodovar e Emir Kusturica. Il realismo magico è sicuramente il linguaggio che vogliamo utilizzare per realizzare i nostri film. Nell’Animazione ci ispiriamo ovviamente al film di Ari FolmanValzer con Bashir”, ma anche ai mondi di Tom Moore e Marjane Satrapi.

Un giudizio sull’Animazione italiana.

Ovviamente abbiamo presente la grande tradizione italiana in questo settore: pensiamo innanzitutto al lavoro di Emanuele Luzzati e Giulio Gianini, e ai loro personaggi di carta ritagliata. Ma ad essere onesti, non abbiamo molta conoscenza dell’animazione italiana. E’ soprattutto la pittura italiana che agisce su di noi come fonte ispiratrice così come le «avanguardie» italiane come il Futurismo. In questo spirito di creatività e indipendenza, amiamo la libertà di Claudio Cintoli, la cui opera si ispirava alla pop art e ai ritagli di Kurt Schwitters, con un universo molto creativo e satirico. In “Mezzo sogno e mezzo” (1965), fa riferimento all’immaginazione pubblicitario. È uno sguardo che ci colpisce e ci parla. Esploreremo proprio questo tema nel nostro prossimo film in realtà virtuale intitolato “Shock The Monkey”, che tratterà della privatizzazione del nostro immaginario da parte delle società di marketing e del capitalismo.

Il nuovo progetto: “GhostDance”.

“Ghostdance” è stato scritto con la cineasta canadese-Abenachi Kim O’Bomsawin. Si tratta di un lungometraggio fiction in Animazione che segue la ricerca di Mykis, un’adolescente indigena e lo spirito di una giovane donna senza volto, entrambe alla ricerca della propria identità.

Mykis è un’adolescente nativa canadese che si prepara a fare un’audizione presso una prestigiosa scuola di danza. Accidentalmente, evoca la coscienza di una giovane donna senza volto. Finiscono con lo stringere un patto: per riacquistare la capacità di danzare, Mykis aiuterà il fantasma a recuperare la propria identità. Iniziano dunque insieme un viaggio soprannaturale che prenderà ben presto i contorni di un’indagine interiore che le condurrà a svelare dolorosi e tragici segreti.

Possiamo dire che “Ghostdance” è un dramma sociale in Animazione per adolescenti e adulti, intriso di realismo magico.

Il nostro obiettivo con quest’opera è quello di mettere in evidenza il fenomeno del femminicidio in Canada. Il tono del film mescola umorismo, tragedia, poesia e spiritualità. Un poema animato incandescente, un omaggio all’attivismo delle donne e delle ragazze di origine indigena.

Femminicidio che è un’emergenza non solo in Canada, ma anche in tutto il mondo. Il nostro film tenterà di essere universale, perché il femminicidio è universale.

Come cineasti, ci piace mettere in discussione la nostra posizione di uomini in un mondo che deve cambiare, e ancor più ci piace interrogarci sul nostro status di uomini bianchi. Siamo critici virulenti del sistema capitalista, e del patriarcato che tale sistema ha creato. Promuoviamo l’uguaglianza di genere. È così che costruiamo i nostri film, e “Ghostdance” è parte integrante di questa impostazione.

Donne sempre più protagoniste del contesto cinematografico: vero progresso nella condizione femminile, o nuovo modello di business?

“Zero Impunity” non riguarda solo le donne, e non solo in quanto “vittime”: è un progetto che racconta anche degli abusi sessuali sugli uomini nelle zone di guerra. Ma è indubbio che oggi la parità di genere, anche in ambito cinematografico, non è stata assolutamente raggiunta, e tutti insieme dobbiamo ancora lottare per questo traguardo. Per quanto ci riguarda, noi cercheremo di fare sempre più film insieme a registe donne, e il nostro obiettivo è quello di raggiungere entro 5 anni la soglia del 70% di autrici inserite nel nostro catalogo.

Virtù e rischi del “cinema militante”.

Secondo noi non comporta alcun rischio in quanto non abbiamo scelta. Viviamo in un mondo dove populismo e fascismi sono tornati ad essere i nostri vicini di casa.

Dobbiamo scegliere in quale campo stare, viviamo in un mondo in cui non c’è più posto per l’ambiguità. È triste, ma è necessario. Avremmo preferito che le cose fossero diverse e l’arte avesse un altro ruolo, più sottile. Ma il nostro tempo non lo consente: dobbiamo combattere affinché il mondo non collassi.

In questo contesto, girando film come “Zero Impunity” e “Ghostdance” la nostra principale paura è doverci rendere conto che le voci contenute nei nostri film non hanno eco tra chi li guarda. La risonanza tra il pubblico, nel cinema di impatto sociale, è una variabile essenziale … sono loro stessi la eco del nostro lavoro. Una eco che può diventare eterna, e per raggiungere tale obiettivo nasce il nostro lavoro.

Perché una voce esista, deve essere ascoltata. È un meccanismo sociale di base. In “Zero Impunity” volevamo evidenziare il ruolo che tutti noi possiamo interpretare: fornire orecchie ed empatia. Rifiutando di ascoltare quelli che parlano, diventiamo complici nell’impunità. D’altra parte, ascoltando attivamente, ognuno di noi può prendere parte alla diffusione dei messaggi di coloro che raccontano, facendo risuonare le loro parole. A modo suo, ciascuno di noi può partecipare a un movimento globale di crescente pressione, capace di spostare le tendenze politiche e sociali.

English Version.

Beauty that unmasks horror and silence:

the “social impact” cinema of Blies Bros.

Stéphane Hueber-Blies and Nicolas Blies are two brothers who write and direct their films together. They start their writing careers with the transmedia documentary SOUNDHUNTERS on the new languages created by migratory flows in co-production with the Franco-German TV channel ARTE in 2015. The project is selected for the Prix Europa in Berlin, at SXSW and the New York Film Festival in 2016. They will also win the FIPA d’Or 2015 (Sm@rtFIPA category), the Prix du Courrier International in 2016 and the Audience and Best Innovation Project Awards at the Sechuan Festival in China. They then seek to develop their filmography around a committed cinema with a social impact. Each of their films is thus accompanied by concrete actions aimed at impacting the theme addressed. Their first social impact film is ZERO IMPUNITY in 2019, and deals with sexual violence in wartime. A feature-length film mixing animation and real image, it is currently enjoying great success in festivals, with premieres at the Annecy International Animation Film Festival (Contrechamp category), the Moscow International Film Festival, the Thessaloniki International Film Festival and the FIFDH at Geneva. The digital and social impact part of the project won the FIPA d’Or 2017 (Sm@rtFIPA category) and was selected for the Visa d’Or de l’information France TV.

Stéphane and Nicolas are currently working on their second feature film, GHOSTDANCE, co-written with Canadian-born Abenaki filmmaker Kim O’Bomsawin. The film project dealing with the issue of gender equality and feminicide was noticed from the very beginning by the international animation film industry when it was selected for the Cartoon Movie in Bordeaux in 2019 and the Eurimages Pitch session. In parallel, they are working on the development of their first real-time animation film in virtual reality, SHOCK THE MONKEY, on the theme of the privatization of our imagination by the capitalist system.

The “mission” of a_BAHN.

a_BAHN is a production company specialized in what we call social impact cinema. We are filmmaker but we also co-founded a_BAHN with our producers Marion Guth. Our goal is to infuse the approach to these subjects with a sense of the civic dimension. The slight change in the direction that cinema reaches and impacts our minds. It is an (in)visible turn to the audience engagement that can be taken by all films that challenge our moral conscience and behaviour. This commitment is a_BAHN’s DNA as we see media as a tool for change and social cohesion. Thus a_BAHN becomes a strike force serving militant projects as we have realized that our expertise could become a weapon. The craft of film production is a complex business. We have a powerful tool in the hands: that of producing knowledge that makes accessible art and culture, information and intelligence. This power brings responsibility. But how many of us are questioning this responsibility? a_BAHN producers have all realized that it was time to change. Because it is important to give meaning to what we do, we have long reflected on our business, our mission, our values, our desires, our commitments. That as individuals but also as an entity. After several years of production in the industry, we understand that many routes are possible and that each of them are related to what we expect from civil society.

The #ZeroImpunity project.

We are the designers of the all project, not only the film, especially its activist dimension.

The project originated in a meeting between our producer Marion Guth and survivors of the genocide and victims of sexual violence in Rwanda. During this meeting, they said something that really touched her: they had the courage to tell their stories, because they knew that they would be listened to and heard. And that their stories would help other women to speak up as well. This conversation really touched us as well. We starting thinking about creating a project that would allow the voices of victims to ring out in public spaces, thus awakening hearts and consciences. This aspiration makes up the very DNA of #ZeroImpunity.

The use of Animation: although it has always been an “adult” language, the popular imagination persists in considering it as “children’s stuff”; rare are institutions, like the NFB, using this language in all its infinite expressive and semantic potential. Starting from your experience, some reflections about this point.

We choose to work with animation because we worked with a lot of different sources, who were in different situations. Some were whistleblowers, while others were survivors. Quite a few of them wanted to remain anonymous for security reasons. That was the case for Nora, a young Syrian girl, and her mother, Fatima. Animation also made it possible for us to illustrate the events that our sources recounted. Animation allows us to make fun of the powerful, make them speak, move beyond the inevitable political speech that we would have had if they were standing in front of our cameras ….The aim is to find the truth.

We are also convinced that animation is the perfect medium to represent a political or social reality with beauty. This aestheticization, so dear to [French philosopher] Edgar Morin, helps generate more empathy. Moreover, the fact that we used animation to illustrate our investigations differentiates that content from the rest of the film. For example, we filmed the parts of the documentary that show activism and citizen shows of support. Finally, and importantly, our use of animation demonstrates our commitment to showing sexual violence from a new, different angle. Sexual violence doesn’t have a color or a flag.

Your references in movies and animation: which are your contemporary favorites?

Our main reference in live action cinema are Ken Loach, Pedro Almodovar and Emir Kusturica. Magical realism is definitely the way we want to use to make our film. In animation we like of course Ari Folman films live Valz with Bachir, but also the world of Tom Moore and obviously Marjane Satrapi.

Do you know Italian Animation? If yes, a judgment on it.

Obviously, we think first at Emmanuel Luzzati’s work and his cut-out paper characters. But to be honest, we do not have much knowledge of Italian animation. It is obviously above all Italian painting that acts on us as inspirations and of course the Italian « avant-garde » with futurism. In this spirit of creativity and independence, we love Claudio Cintoli’s freedom, which is inspired by Kurt Schwitters’ pop art and cut-outs, with a very creative and satirical universe. In Mezzo sogno e mezzo, he points to the advertising imagination. It’s a look that touches us and speaks to us. Moreover, we will explore this theme in our next virtual reality film titled Shock The Monkey, which deals with the privatization of our imagination by marketing companies and capitalism.

If possible, some words about the new “GhostDance” project (and any others!).

Ghostdance is a film we write with the Canadian filmmaker Kim O’Bomsawin. It’s a fiction animated feature film. Ghostdance is a film that follows the quest of Mykis, an indigenous teenager, and the spirit of a faceless young woman, both in search of their identity.

Mykis is a native teenager, preparing to audition for a prestigious dance school. She accidentally causes the mind of a faceless young woman to appear. Both end up making a pact: to regain her ability to dance, Mykis will help the mind to recover its identity. Then begins a supernatural journey in the form of an intimate investigation that will lead them to uncover heavy secrets.

We can say that Ghostdance is a social drama in animation for teens and adults, using magical realism. Our goal with that film is to highlights the phenomenon of feminicide in Canada. The tone of the film mixes humour, tragedy, poetry and spirituality. An incandescent animated poem, a tribute to the activism of native women and girls. Feminicide in Canada but also all around the world. Our film will try to be universal because feminicide is universal. As a filmmaker, we like to question our position as a man in a world that must change, and even more we like to question our status as a white man. We are virulent critics of the capitalist system and of patriarchy that this system created. We promote gender equality. That’s how we build our films, and Ghostdance is part of that.

Both as subject and authors, women have increasingly become more and more protagonists not only in animation but in all cinematographic environment : do you see a real progress in the female condition, or is industry simply capitalizing yet another business model?

Zero Impunity is not only about woman as victims. Zero Impunity speaks also about mens who are victims of sexual violences in war zone. But course today the gender equality in cinema is definitely not achieved and we all need to fight for it. At a_BAHN we try to make more and more film with female film maker. Our goal is to achieve the number of 70% of female filmmaker in our catalogue in 5 years.

Virtues and risks of “social-militant filmaking ».

In our opinion there is no risk because there is no choice. We live in a world where populism and fascim are next to our door.

We must choose a camp, we live in a world where there is no place for ambiguity. It’s sad but it’s necessary. We would have preferred things to be different and art to play another role, a more subtle role. But our time does not allow it, we must fight so that the world does not collapse. In this context when I do a film like ZERO IMPUNITY ans soon GHOSTDANCE our main fear is to realize that the voices we have in our film does not echo. The echo in social impact cinema an essential variable … and the echo is our audience. The echo can be eternal and that’s our job to make it eternal.

In order for a voice to exist, it must be listened to. It’s a basic social mechanism. In ZERO IMPUNITY wanted to highlight the role that we can all play– we can provide a listening ear and empathy. By refusing to listen to those who speak up, we become complicit in impunity. On the other hand, by listening actively, each of us can take part in spreading the messages of those who speak up and making their words resonate. In their own way, everyone can participate in increasing pressure to move the political and social trends.