16 Aprile 2019 10:00

Dal primo cinema dell’Umanità alle “visioni” di Tesla (senza tacer del Gatto): l’Animazione secondo Igor Imhoff

Giovedì 18 aprile alle ore 14.00 presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Università delle Arti di Belgrado si svolgerà una performance creata nell’ambito del progetto “Tesla” realizzato in collaborazione tra il Conservatorio “G. Tartini” di Trieste, l’Accademia di Belle Arti di Venezia e la Facoltà di Arti Applicate di Belgrado. Il progetto, legato alla figura di Nikola Tesla e alle sue importanti invenzioni, è stato realizzato sotto la guida del prof. Igor Imhoff

Ingresso libero.

Lo spettacolo di ombre e musica dello Chat Noir ricreato a Padova: da sinistra, in primo piano, il curatore dello spettacolo Marco Bellano (anche autore della trascrizione delle musiche per orchestra d’archi, percussioni e baritono) e Gabriele Dal Santo, direttore della Nuova Orchestra Pedrollo – sull’estrema sinistra il baritono Alberto Spadarotto.

Abbiamo avuto il piacere di conoscere Igor Imhoff in occasione della sua performance per “Il Teatro d’Ombre del cabaret Le Chat Noir”, suggestivo spettacolo tenutosi presso la Sala dei Giganti di Palazzo Liviano a Padova lo scorso 18 gennaio, sotto la direziona artistica di Marco Bellano, docente di Storia dell’Animazione presso il locale ateneo, e di cui possiamo proporvi un brevissimo spezzone registrato durante la serata:

Dall’incontro è poi nata una piccola intervista che vi proponiamo ora, in occasione del suo nuovo impegno in terra serba, quale occasione per conoscere un artista originale e capace di fondere tradizione e modernità nella continua ricerca di nuove applicazioni per un linguaggio, quello dell’Animazione, che – analizzato qui attraverso le opere di Imhoff – appare intimamente connaturato all’essere umano fin dai sui albori, quando tra le ombre sfuggenti di una grotta illuminata dal fuoco di una torcia, un nostro antico progenitore immaginò – o meglio ancora ‘vide’ – per la prima volta, la magia di una sala cinematografica.

GZ: Cosa ti ha spinto verso l’Animazione?

II: Trovo sempre complicato descrivere il mio lavoro. Mi occupo di grafica digitale, animata e non, da diversi anni. Nasco professionalmente come grafico e designer di videogame (si parla di computer Amiga), poi ho destinato le mie competenze a ricerche più autonome. Attualmente il mio lavoro si divide tra la libera professione come grafico e la ricerca artistica legata spesso al concetto di memoria e delle simbologie primitive, allo scopo di rapportarle alle tecnologie ed ai linguaggi contemporanei. Tutto questo mi ha permesso di sperimentare e di occuparmi di grafica animata, modellazione 3D per effetti digitali oppure fare da consulente per produzioni digitali di vario genere. Negli ultimi tempi tale esperienza è confluita nell’insegnamento, e al momento ho una cattedra di Animazione digitale presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, il Master di Cinema digitale di Ca’ Foscari e la Scuola Internazionale di Comics di Padova.

L’interesse per l’animazione nasce all’epoca del mio lavoro nell’ambito videogames, e del mio crescente interesse verso la pittura, soprattutto quella rupestre. La molla è stata la curiosità di vedere animati i miei disegni adoperando varie tecniche digitali. Sono rimasto totalmente affascinato dalle possibilità espressive e dalla libertà di azione che mi concedevano, e ho deciso di intraprendere (imparandola man mano) questa strada. L’Animazione da quel momento è diventata una specie di ossessione. Non riesco a pensare a nulla che non sia potenzialmente “animabile”, e spesso adopero strumentalmente l’immagine in movimento anche in altri ambiti espressivi e professionali.

GZ: Raccontaci le tue esperienze con l’Animazione.

II: Le mie esperienze di animatore sono legate maggiormente all’autoproduzione indipendente. Come autore di animazione ho avuto la possibilità di partecipare a numerosi festival (soprattutto all’estero), ricevendo anche qualche importante riconoscimento. Lavoro spesso nell’ambito pubblicitario o di produzione, in post-produzione o negli effetti speciali.

Ad ogni modo, per quanto mi riguarda l’aspetto più importante restano le sperimentazioni collegate alla ricerca artistica. La passione per le pitture rupestri e la ricerca legata al concetto di “memoria” mi hanno portato a considerare l’animazione quale migliore strumento per rendere “vivi” i simboli, e di concretizzare le loro reiterate meccaniche adattandole a concetti più contemporanei. Di volta in volta, ho potuto rapportare questo universo di simboli alle tecnologie del precinema o alle sperimentazioni delle prime avanguardie cinematografiche, fino ad arrivare alle installazioni interattive, al video Mapping e ultimamente alla Realtà Virtuale (VR). Di conseguenza, oggi adopero spesso l’Animazione come mezzo per raccontare spazi o suggestioni di varia natura e stile.

GZ: Riguardo allo Chat Noir, lo spettacolo di musica e immagini andato in scena a Padova con la direzione artistica di Marco Bellano, docente di Storia dell’Animazione all’Università locale, come è nata l’idea e come si è sviluppato il tuo lavoro? Eventuali riflessioni e prospettive di un progetto come questo.

Chat Noir è stato un progetto in apparenza semplice, ma tecnicamente peculiare, in quanto dietro alle animazioni si sono dovute ricostruire delle strutture che permettessero di seguire l’orchestra e di gestire dal vivo la successione delle scene e dei testi. Nello specifico sono stato contattato da Marco Bellano per cercare di trovare una soluzione alla digitalizzazione e animazione delle sagome che si sarebbero dovute muovere durante lo spettacolo. Avevo già lavorato in situazioni analoghe, nelle quali relazionavo l’animazione digitale, le pitture rupestri e le macchine del precinema. Tra i tanti, il progetto “Raccontare per immagini: Il primo cinema della storia. Obiettivo sul Paleolitico”, per il Polo Museale del Veneto. Il primo passo è stato fotografare il materiale di scena, ossia le sagome dalle quali ricavare le ombre, successivamente il tutto è stato digitalizzato e rielaborato in digitale. Le Ombre ricostruite sono state poi animate con un software di animazione, così come i fondali, recuperati da foto e testi, ridipinti in digitale.

Il grosso del lavoro è stato dover rendere interattive le animazioni affinché Marco potesse seguire i tempi dei musicisti. Quindi è stato realizzato un programma con il quale è stato possibile rendere variabile la velocità dei singoli video e l’alternanza dei testi, inoltre in questo modo è stato possibile eseguire un montaggio dal vivo delle varie scene.

Trovo questo genere di progetti estremamente interessanti per varie ragioni: prima di tutto c’è un’idea di recupero storico culturale attivo, nel quale l’opera riportata alla luce grazie alle nuove tecnologie, diviene oggetto di ulteriore analisi e base per altre esperienze creative.

Inoltre, ci offrono la possibilità di pensare all’Animazione come qualcosa che vada oltre lo schermo, superando la narrazione sequenziale. Nascono così degli spazi immersivi, o delle suggestioni nelle quali lo spettatore non solo guarda ma è avvolto da voci, immagini e suoni e praticamente “vive” dentro l’opera stessa.

È un modo di intendere una produzione estremamente interessante per via delle contaminazioni e per la possibilità di offrire una visione di insieme che, se ben riuscita, rende l’esperienza emozionante ed irripetibile.

Credo che portare, nello specifico, l’idea di animazione al di fuori del classico schermo permetta di risolvere il vincolo della sequenzialità narrativa e, contemporaneamente, al visitatore di interagire con lo spazio animato diventandone parte integrante. Ancora, e parlo per esperienza personale, ho trovato in queste possibilità anche un modo per raggiungere e coinvolgere un pubblico diverso, magari poco interessato ai video sperimentali e all’Animazione.

Per concludere: le prospettive e le alternative sono molteplici. Sicuramente il rapporto tra l’artigianalità dell’animazione, ad esempio, e le pratiche digitali, quando unite ad adeguate capacità narrative e interattive, possono offrire grandi margini di manovra, sia come interesse di pubblico sia per la rivalutazione di spazi e luoghi.

GZ: Una tua riflessione sull’Animazione italiana oggi.

II: Parto dal presupposto che per quanto affascinato dal linguaggio dell’Animazione io non mi sono mai sentito un animatore… almeno, non nel senso stretto del termine. Per questo ho sempre vissuto con un leggero distacco le problematiche del settore, anche se provo al contempo notevole ammirazione per le opere che mi capita di vedere, soprattutto quelle degli autori più indipendenti e sperimentali. Forse, è uno dei pochi ambiti in grado di stupirmi davvero, per quantità e qualità. Da questo punto di vista, ritengo che sul fronte creativo e operativo il mondo dell’Animazione italiana goda di ottima salute. Spostando la prospettiva, e nonostante la situazione sia di certo migliorata rispetto al passato, la mia impressione è che il contesto delle produzioni, del pubblico, e del mondo della cultura in generale, non abbia ancora raggiunto una maturità tale da saper leggere e comprendere nella maniera migliore un ambito così variegato e complesso.

GZ: Per concludere, e ritenendolo argomento pertinente alla questione sollevata nell’ultima domanda: un tuo giudizio sull’operazione “Adrian” di Celentano.

II: Onestamente: non l’ho visto. Non potrei dunque esprimere un giudizio, se non attraverso quello che ho letto nelle recensioni e visto nei social. Da grande amante dei fenomeni trash, e di ciò che ha scatenato sul web, mi azzarderei soltanto a dire, tra il serio e il faceto, che sotto questo aspetto abbia decisamente colpito nel segno.

Da insegnante di animazione, però, non posso che trovare deprimente parlare d’ora in poi ai ragazzi di “qualità e impegno” a fronte di simili azzardate e costosissime produzioni “coronate” da risultati così deludenti.

Se non altro… ho finalmente del materiale alternativo a quello della Dingo Pictures da mostrare durante le mie lezioni!

Ci salutiamo con il video opening realizzato da Igor per l’ultima edizione del Piccolo Festival di Animazione diretto da Paola Bristot, e un consiglio: andate a scoprirne il lavoro sul suo account Vimeo, ne vale la pena!

2 risposte a “Dal primo cinema dell’Umanità alle “visioni” di Tesla (senza tacer del Gatto): l’Animazione secondo Igor Imhoff”

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