15 Aprile 2019 15:20

Una ‘favola’ che ci solleva dalla barbarie: una recensione di “Dilili” dal blog di Giannalberto Bendazzi

Da pochissimo spentasi l’eco degli applausi della partecipazione di Michel Ocelot al Cartoons on the Bay di Torino, e in attesa dell’uscita nazionale del suo ultimo gioiello, “Dilili a Parigi”, il Gatto -con scarsa modestia – propone qui il link a una sua precedente recensione al film, realizzata per il blog del critico e storico dell’Animazione Giannalberto Bendazzi (che vale di per stesso una visita!), come personale omaggio ad un artista che non finisce mai di regalare emozioni, intelligenza e cultura.

Merci de tout coeur, Monsieur Ocelot!

“Ocelot desiderava fare finalmente un film ambientato a Parigi. Dopo aver esplorato diverse epoche e continenti, si ritrovava ad avere ‘a domicilio’ tutto un patrimonio di storie e civiltà, come un buongustaio in una gastronomia.

L’opera è dunque anzitutto una superba dichiarazione d’amore a Parigi, immortalata in una fase della sua storia, la cosiddetta Belle Epoque: un tempo abbastanza lontano da poterlo trasfigurare in chiave onirica, e abbastanza vicino per potersi documentare adeguatamente.

Da Renoir, a Camille Claudel, da Toulouse-Lautrec a Picasso, da Colette a Gertrude Stein, da Modigliani a Nijinsky, da Louise Michel ai Méliès, i Lumière, Eiffel, passando per Marie Curie, Sarah Bernhardt, Alphonse Mucha e Chocolat, il clown di colore, sono oltre un centinaio le personalità geniali presenti nel film, molte disegnate personalmente da Ocelot, con devozione e gratitudine. Una lista in cui spiccano le donne, sempre tenute ai margini del potere senza però riuscire ad escluderle davvero, e capaci di una forte influenza sul contesto socio-culturale.

Inizialmente, l’artista aveva immaginato un film molto più duro, dal titolo L’ile des Hommes, in cui un naufrago scopriva su un isola una realtà femminile fatta di innumerevoli abusi e sopraffazioni. Sopravvisse il soggetto: la sistematica e globale violenza di alcuni uomini sulle donne e sulle bambine. La gestazione di Dilili si è svolta poi in un momento particolare: gli attacchi terroristici in Francia, in cui perirono giornalisti, disegnatori, e gente comune, molti giovani intenti a mescolarsi, a provare a vivere tutti insieme. Uno stimolo ulteriore, per celebrare questo anelito di civilità multiforme e composita contro una barbarie monolitica e irrazionale.

I due soggetti si sono compenetrati, avvalorandosi reciprocamente, nell’ottica di fare comunque un film per tutti, che non scioccasse ma costringesse a riflettere. Gli orrori vengono infatti efficacemente evocati – l’immagine delle ‘donne-divano’ è realmente disturbante nella sua immediatezza – ma lo scopo di Dilili è anzitutto ‘parlare’ ai bambini (e ai “grandi”) senza brutalità ma anche senza infingimenti… ” – recensione completa QUI.