22 Febbraio 2017 07:54

In edicola trovi un granchio d’oro!

L’avventura di Tintin Il Granchio d’Oro venne pubblicata, in bianco e nero a puntate, dal 17 ottobre 1940 al 17 ottobre 1941. Verrà riproposta a colori, con relative modifiche, nel 1943. Periodo di guerra, insomma. Non solo. Periodo in cui il Belgio era occupato dalla Germania e i nazisti controllavano la stampa e in particolare il principale quotidiano di Bruxelles, Le Soir. Hergé pubblicava questa storia sul supplemento per la gioventù di questo quotidiano, Le Soir jeunesse e in seguito,  direttamente su Le Soir. Va da sé che qui non si trovano riferimenti espliciti alla cronaca locale o alla geopolitica contemporanea…  Rientra in quelle avventure esotiche che vagano altrove e che davano momenti di semplice sollievo ai belgi, in quel periodo terribile.

Storia fondamentale per la serie, perché qui appare per la prima volta il capitano Archibald Haddock. Niente spoiler (per quanto magari hai visto il film di Spielberg e quindi qualcosa sai), ma va detto che il capitano ha già il suo bel carattere forte, ben formato, pronto per diventare una star della serie e un beniamino dei lettori, e il tasso alcolemico è decisamente alto. Ancora non si parla del suo antenato (il cavaliere François de Hadoque), tanto meno della avita magione che diventerà la sede stabile dei nostri eroi. Foneticamente il suo nome ricorda la locuzione latina ad hoc, ma il cognome è storicamente legato ad altri antichi e nobili marinai, comandanti di navi prestigiose della marina britannica. Il nostro Haddock, invece, è solo un capitano di marina mercantile, coinvolto (veramente a sua insaputa) in un losco traffico di droga. Di più non dico. Leggi la storia.

Per questo racconto avventuroso d’evasione (condito di gag come d’uso), Hergé si è ispirato in parte al romanzo di Joseph Peyré L’Escadron blanc, del 1931. Sono presenti anche dei richiami ai romanzi Courrier Sud e Vol de Nuit di Antoine de Saint-Exupery. Non manca una citazione dal poema Armailli du Moléson di Ignace Baron (Haddock ne cita la prima frase) e Tintin canta un estratto dall’opera La Dame blanche di Boieldieu.

Ci sarebbe molto altro da dire. Mi limito a segnalarti una curiosità: si dice che il titolo definitivo avrebbe potuto essere Il Granchio rosso (dopo Il Loto blu e l’Isola nera). Ma questa, come suol dirsi, è ancora un’altra storia.

Anche stavolta condivido con te le note che inviai alla redazione per la nuova edizione filologica italiana de Il Granchio d’oro. Divertiti a trovare i corrispettivi nell’albo.

Tavola 25 – vs. pagina 27 – vignetta 11: ATTENZIONE: i testi dei balloon sono invertiti! “Macché il rumore…” va sotto “Attento mozzo…” va sopra (parla Haddock).

Tavola 33 – pagina 35 – vignetta 5: “roumi” – “rumi” – giusto per la cronaca, “roumi” (pronunciato “rumi”) era il termine con cui i musulmani chiamano i cristiani. Deriva, per deformazione, da “romani”, appellativo attribuito ai bizantini. E, sempre solo a scopo culturale, una nota sui “meharisti”: http://it.wikipedia.org/wiki/Meharisti che aiuta a collocare nel tempo questa storia.

Tavola 34 – pagina 36 – penultima vignetta (e seguenti in cui il termine ritorna): Kefheïr – attenzione, la “i” deve avere i due puntini, come nell’originale. Il nome del pozzo, Kefheïr, deriva dal brussellese “ne keffer”, in olandese “ne kaffer”, in italiano… “burino”, “cafone” (in francese sarebbe “malotru”). Siccome è uno di quei termini con inside joke, lo lascerei esattamente com’è scritto nell’originale, se possibile.

Nota sui BERABERS, che traduciamo genericamente con “Berberi”. Mi dicono ci siano due grandi gruppi di Berberi: i CHLEU, che parlano Chleu, e i BERABER, che parlano Tamazight e che vivono nell’Atlante. Siccome proprio quelli che parlano Tamazight sono considerati “veri Berberi”, ci sta bene tradurre Beraber con Berbero, e tanti saluti.

Tavola 37 – pagina 39 – terz’ultima vignetta: Tchouk-tchouk-nougat. In un racconto di Verne si cita una terribile tribù del centro Europa, chiamata Tchouk Tchouk. A Bruxelles, invece, nei quartieri popolari negli anni sessanta si chiamavano “tchouk-tchouk” i venditori ambulanti di origine magrebina. Quanto al Nougat (dal latino “nucatum”: fatto con le noci) è una roba dolce fatta con noci o mandorle grigliate e del caramello o del miele: un torrone, insomma. Siccome col cacao non c’entra, magari potremmo tradurlo con “Torroni!”. Sarebbe in sostanza “Torroni Ciuk-Ciuk!” ma non so se la cosa sarebbe comprensibile… penso basti “Torroni” che come insulto è niente male…
“Straccioni” per Va-nu-pieds va benissimo: indica, in effetti, i miserabili vagabondi e, in particolare nel XVII secolo, venivano chiamati così i paesani che insorsero per le tasse nel 1639…

Tavola 38 – pagina 40 – seconda vignetta: Chenapans – è vero che indica gente di scarso valore, ma se lo confrontiamo con Schnappahahn (cui è dichiaratemene connesso) ci rendiamo conto che il significato di base è “Ladri di galline!” o “Rubagalline!” che è più divertente di “banditucoli”, pur significando la stessa cosa.

Tavola 38 – pagina 40 – vignetta 3: Froussard ha una connessione col rumore dei denti che sbattono di chi ha paura. Fifoni va bene. “Moule à gaufres” è l’aggeggio con cui si fanno le cialde, quelle tutte a quadratini per capirci. Nel linguaggio popolare si chiamavano così i volti di quelli che avevano avuto il vaiolo, che restavano tutti butterati come se fossero stati fatti con il moule à gaufres… Tutto questo per dire che “facce da ananas” è una buona soluzione, visto che l’effetto visivo è simile.

Tavola 39 – pagin 41 – il porto di Bagghar. Non pare esistere. Molto probabilmente si tratta di nome inventato di sana pianta, derivato da Bagarre. In italiano Bagar direi che suona come Bagarre e quindi come Bagghar… Forse Bagghar fa più esotico, non so (Hergé infilava H, K et similia, proprio per dare l’idea di nomi esotici)… A piacer vostro.

Tavola 53 – pagina 55: BRUTES diventa BESTIE. Non che faccia una gran differenza, ovvio, ma come mai non teniamo il semplice BRUTI?

Tavola 57 – pagina 59 – ultima vignetta: Pacte à quatre: il riferimento esplicito è agli accordi di Roma del 1933 tra Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna. Ma mi rendo conto che “pattodiferro” è più semplice…

Tavola 56 – pagina 58 – Arlequin: Haddock intende proprio Arlecchino, la maschera italiana, cui attribuisce il senso di “buffone”. Burattino, in questo caso, non c’entra. Più avnati abbiamo Testa di Legno che sarebbe Noce di Cocco – sostanzialmente sono equivalenti, via. E siamo al famoso Zouave – Zuavo, che ovviamente non possiamo tenere come l’originale (peccato) perché in italiano non reggerebbe la lunga gag di Haddock e Girasole nell’avventura lunare, per cui Buffone va benissimo, perché è esattamente il senso che rende a un francofono.

Tavola 57 – pagina 59 – vignetta 2: Jus de reglisse è Succo di liquirizia. Potremmo lasciar solo “Liquirizia!” che ovviamente fa più ridere di Sciagurato… mh?

Fonte: https://www.afnews.info/wordpress/tag/tintinedicola/