13 Gennaio 2017 11:00

“Non credo di aver mai davvero disegnato”: intervista a Nicola Mari

Nel mese di uscita del numero 364 di Dylan Dog (“Gli anni selvaggi”), disegnato da Nicola Mari, ho pensato di proporre una piccola intervista all’artista ferrarese che ha voluto regalarmi risposte colte e profonde, per le quali lo ringrazio molto.

Nicola è uno dei miei artisti preferiti, dai tempi dei primi albi di Nathan Never e il breve scambio che mi ha concesso è stato un onore, per me, oltre che un vero piacere.

Buona lettura.

MM: Ti offrono di disegnare una storia su un personaggio del mondo dei fumetti, a tua scelta, che non sia un “bonelliano”. Non hai alcun limite: che personaggio scegli e perché proprio quello?

NICOLA MARI: Se per esempio mi offrissero di disegnare Corto Maltese, per amore del personaggio,  sarei costretto a rifiutare, in quanto il mio tratto, molto diverso da quello del suo autore, “comprometterebbe” il mio oggetto d’amore.

Perciò non ambisco a disegnare un personaggio da me amato che non sia Dylan Dog, perché disegnare Dylan significa, anche e soprattutto, contribuire alla sua definizione senza trasfigurarlo. Questo perché Dylan è forse l’unico personaggio dei comics la cui unità è l’esito paradossale della pluralità degli stili che lo definiscono.

“Gli anni selvaggi” - DYLAN DOG #364
“Gli anni selvaggi” – DYLAN DOG #364

MM: Sei un artista di riferimento per molti giovani aspiranti fumettisti che studiano le tue tavole, le tue soluzioni, le tue anatomie, le inquadrature, le evoluzioni del tuo stile. La domanda è: hai mai insegnato o hai mai pensato di insegnare?

NICOLA MARI: Molti anni fa ho tenuto due corsi, il primo insieme a Germano Bonazzi, il secondo insieme a Igort e a Davide Toffolo.

Sono state esperienze importanti, probabilmente più per me che non per i “discenti”, anche se da questi corsi sono usciti professionisti di rilievo. Ho incontrato talenti significativi che hanno successivamente intrapreso strade diverse, chi entrando alla Sergio Bonelli Editore, chi nell’ambito dell’animazione, chi ancora in seminario, forse a riprova che ogni disciplina soggiace a una vocazione fondamentale.

Ma per tornare allo specifico della domanda, ritengo innanzitutto indispensabile uno studio analitico e costante dei propri autori preferiti: i miei grandi maestri non li ho mai incontrati di persona, tuttavia è attraverso la meditazione rigorosa e appassionata del loro lavoro che mi sono formato.

Ma in virtù della nostra natura di “animali sociali”, è mia convinzione che i “maestri spirituali” possano essere davvero generativi quando entrano in dialogo con maestri in carne ed ossa, reali.

Caotico e dispersivo come sono, non so se potrei essere un buon insegnate, se potrei lasciare il segno.

Nel dubbio, preferisco demandare le mie potenzialità didattiche ai lavori pubblicati.

“Gli anni selvaggi” - DYLAN DOG #364
“Gli anni selvaggi” – DYLAN DOG #364

 MM: Le pubblicazioni dei tuoi lavori fumettistici sono, in massima parte, in bianco e nero, soprattutto per il legame con Bonelli. Le tue tavole a colori, peraltro, sono estremamente affascinanti. Ci parli del mondo dei colori, secondo Nicola Mari?

NICOLA MARI: Il disegno in bianco e nero contiene sempre una propria vibrazione cromatica.

Da questo punto di vista è possibile asserire che ogni disegno è sempre a colori, il che implica una correlazione inscindibile tra segno e colore.

“Colore” e “segno”, sono termini che trovano un’infinità di applicazioni semantiche, sono dunque concetto, pensiero: in natura non esistono i colori, e nemmeno il segno che definisce i contorni delle cose, ma la percezione mentale, attraverso il sensibile, del segno e del colore.

Linea e colore non appartengono al mondo, appartengono alla metafisica, e noi siamo i veicoli, gli strumenti in grado di captarli.

Colore e segno sono fantasmi che definiscono un mondo che non esiste, e tuttavia, l’unico che sappiamo riconoscere.

“Gli anni selvaggi” - DYLAN DOG #364
“Gli anni selvaggi” – DYLAN DOG #364

MM: Tutti ti conoscono per il modo che hai di raccontare storie attraverso la potenza delle immagini che metti sul foglio da disegno. Mi chiedo che rapporto hai, invece, con la parola scritta: ti capita di scrivere? Se sì, cosa scrivi?

NICOLA MARI: Non credo di aver mai davvero disegnato, ma piuttosto di avere scritto attraverso i disegni, esattamente come uno scrittore disegna o dipinge immagini con le parole.

Le lettere che compongono la parola scritta, oltre che le note delle voci che la pronunciano, sono composizioni di segni, di linee e tratti, sono disegni.

Si pensi agli ideogrammi, o alle misteriose lettere a forma di scarabeo del pittore Capogrossi.

Ogni linguaggio, in quanto sommatoria di moltissimi altri linguaggi, parla sempre molte altre lingue.

Noi umani siamo esseri di linguaggio e al contempo creature trascendentali, quindi costantemente tese a scavalcare i linguaggi che ci definiscono.

Per questo motivo ritengo che un pittore non sia mai solo un pittore, o uno scrittore non possa venire irreggimentato dalla scrittura, e così via.

Ed è in questo superamento del linguaggio che sta il mio rapporto con la scrittura.

MM: Disegni, da anni, le storie dell’indagatore dell’incubo. Ho una domanda sulla paura: c’è qualcosa che ti terrorizza?

NICOLA MARI: La banalità del male.

MM: Me la fai una dedicace con Dylan Dog?

NICOLA MARI: Le dediche sono come i fiori, doverose.

Se non l’avete ancora preso, vi consiglio di andare in edicola e comprare l’ultimo numero di Dylan Dog:

Dylan Dog #364 – GLI ANNI SELVAGGI

Testi: Barbara Baraldi

Disegni: NICOLA MARI

Copertina: Gigi Cavenago