9 Maggio 2016 20:27

Svelati i misteri del Loto Blu!

Questo sottile opuscolo di grande formato uscì in concomitanza con una mostra di tavole di Le Lotus bleu di Hergé tenuta al Centre Pompidou di Parigi nel 2006.

Pierre Fresnault-Deruelle, Les mystères du Lotus bleu
Moulinsart 2006
Recensione di Guido Vogliotti

Pierre Fresnault-Deruelle, professore all’Università di Parigi 1, è stato l’iniziatore in Francia di quella critica “colta” (ma non distaccata) del fumetto (ricordiamo il suo La bande dessinée del 1972, coraggiosamente pubblicato in italiano da Sellerio nel lontano 1977) che si è poi ampiamente sviluppata negli anni seguenti, e che oggi si è finalmente affermata anche fuori dal mondo francofono.

In questo delizioso libretto Fresnault-Deruelle analizza la prima versione, in bianco e nero, della storia pubblicata su Le petit “vingtième” tra il 1934 e il 1935 col titolo Tintin en Extrême-Orient.

Come suo solito, l’autore si concentra su particolari aspetti delle vignette e delle tavole che spesso sfuggono ad una normale lettura, ma che si rivelano a chi abbia la curiosità di un’analisi più attenta e in profondità dell’opera. Il Loto blu è la prima storia veramente matura di Hergé, e questo in buona parte grazie all’aiuto che ricevette da parte del suo amico Chang Chong-jen per quanto riguarda la documentazione realistica e persino spietata, ma sempre lontana dagli stereotipi occidentali, del mondo cinese di quegli anni. Secondo l’autore il punto di svolta rappresentato da questa storia è dato dalla costanza ritmica e dalla coerenza formale che la contraddistinguono (p. 15). Questa coerenza formale si esprime nella linea chiara di Hergé che è ugualmente funzionale sia alla leggibilità sia alla “gestione narrativa”. E qui Fresnault-Deruelle dà una perfetta definizione di cosa sia l’inquadratura per Hergé: una vignetta in cui si vede solo la frazione degli oggetti di cui l’autore ha bisogno (p. 16).

A proposito della grande scena (la più grande in tutto l’albo) in cui i Dupondt travestiti da antichi cinesi sono seguiti da una folla divertita l’autore osserva: … i poliziotti hanno semplicemente sbagliato secolo. Peggio ancora, essendo gemelli* la loro idiozia raddoppia di intensità.

Fresnault-Deruelle non manca di notare l’intelligente utilizzo da parte di Hergé dei codici pittorici cinesi, citando alcune vignette che dimostrano un uso maturo, raffinato, mai troppo evidente e pittoresco, di questa contaminazione. A questo proposito osserva anche come l’uso della silhouette (le ombre cinesi) non sia affatto in contraddizione con lo spirito della linea chiara. E qui cita un altro grande pittore/disegnatore che aveva ben assimilato questa tecnica: Henri Rivière, che di certo non era sconosciuto a Hergé.

Dapprima sorprendente, ma poi decisamente convincente l’interpretazione della vignetta in cui il signor Wang attende il ritorno di Tintin, immagine che si sdoppia in un simbolo del letterato cinese che davanti alla finestra aperta medita sul paesaggio e sulle stagioni.

Interessante infine l’analogia indicata da Fresnault-Deruelle tra le scene dei Dupondt a letto con braccia e nasi rotti e la tela di Magritte L’imprudent (1927). La questione dei rapporti artistici tra Magritte e Hergé è ancora tutta da esplorare.

Raffinatamente nascoste negli ampi risvolti delle due copertine sono raffigurate tutte le copertine di Le petit “vingtième” relative a questa storia.

Riuscire a portare alla luce tanti indizi ed elementi nascosti in una storia solo all’apparenza semplice e per ragazzi è il grande merito di questo grande studioso del fumetto e dei media, che non finisce di meravigliare per il suo grande acume.

* NdR: “gemelli” solo esteticamente – Dupond e Dupont non sono parenti.