13 Gennaio 2016 16:58

Recensione: Gli Equinozi di Pedrosa

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Cyril Pedrosa, Gli equinozi, BAO Publishing, Milano 2015, 330 pp., € 33.

Recensione di Guido Vogliotti

Gli equinozi è un’opera ambiziosa, di ampio respiro, difficile da definire. Include fumetto, racconto per immagini, illustrazione quasi pura, e testo letterario senza immagini. Sarei tentato di dire che è essenzialmente un fumetto che ricorre ad altre forme espressive quando questo è necessario.

Pedrosa non è autore da poco, si era già segnalato con Cuori solitari e poi con Portugal, premiato ad Angoulême nel 2012. Ma in questo lavoro raggiunge un livello decisamente superiore ai lavori precedenti. Qui l’autore dimostra una sensibilità, una comprensione/compassione universale verso un’umanità che si muove in un intreccio ineluttabile di vite, di pensieri, di situazioni ed emozioni che quasi mai sembrano risolversi. Non c’è trama vera e propria, se non l’osservazione di gruppi e individui diversi (all’apparenza di ben scarso interesse) in questo eterno fluire senza grandi avvenimenti.

Con queste premesse sembrerebbe prospettarsi una lettura ben poco interessante, e invece la capacità di amorevole osservazione ed empatia di Pedrosa riescono a catturare l’attenzione, ad avvincere, a commuovere.

[BD] “Les Equinoxes”, les vies des autres di franceinter

Il libro è diviso in quattro stagioni, dall’autunno all’estate, e ogni sezione inizia con un breve racconto per immagini (10-15 tavole senza balloon), di colore puro, senza contorni del personaggio o del paesaggio. Di questi brevi racconti è protagonista un ragazzino che si muove in un mondo preistorico. Segue una parte di fumetto che si occupa di scene di una vita contemporanea che viene osservata, più che raccontata, e di cui fanno parte molti personaggi. Questa sfocia sempre in uno scatto fotografico fatto da Camille, ragazza semi-disoccupata che ha sentito ad un certo punto la necessità, senza sapere perché, di comprare una fotocamera e di osservare l’umanità, proprio come fa Pedrosa. Da ognuno di questi scatti nasce una pagina di disegni in bianco e nero che sembrano scavare all’interno dell’immagine, in quanto le sta dietro, con un testo frapposto che continua il racconto dalla parte fumettistica. Di qui si passa infine ad un testo letterario puro (dove si esprimono cose che il disegno o il fumetto non riescono e dire), per poi tornare al fumetto per proseguire la narrazione. Si può dire che lo scatto fotografico e la tavola in b/n costituiscono il momento di transizione tra il linguaggio dell’immagine e quello della parola.

Inizialmente non sembra esserci un collegamento tra la narrazione del ragazzino preistorico in apertura di ogni stagione e la storia attuale, e queste tavole lasciano perplesso il lettore, ma nella primavera il ragazzo lascerà delle impronte nel fango di una caverna: queste impronte diventeranno fossili e verranno ritrovate dai protagonisti attuali nel corso dell’ultima stagione, stabilendo così un legame tra il passato remoto e il presente. La nostra società non è solo una fitta rete di connessioni sincroniche, ma ha anche le sue relazioni diacroniche. Per Pedrosa il nostro mondo sembra essere un intreccio di fatti e individui in cui nulla è senza importanza, tutto lascia una traccia che potrà sempre saltar fuori e ricollegarsi a qualcos’altro, anche al di là dello spazio e del tempo. A Camille è affidato il compito di fare da tramite in questo vagabondare nella narrazione, ma anche lei è un personaggio come gli altri, è osservata oltre che osservatrice.

Visivamente, l’opera è una fucina di sorprendenti innovazioni grafiche e cromatiche, sostenute sempre da un disegno solido, ben studiato e ottimamente costruito. In particolare le pagine che seguono gli scatti fotografici (26-48-76-80-108-138-166-198-222-250-280-308) sono piccoli capolavori pittorici che si avvicinano molto all’astrazione.

Questa molteplicità di linguaggi, di personaggi, di situazioni e di emozioni che Pedrosa ha voluto mettere in campo ha un prezzo per il lettore: non è una lettura facile, scoraggia il lettore passivo, molte volte i collegamenti non sono immediati (io ho letto il libro due volte), ma nel complesso il tutto regge, e una seconda lettura fa apprezzare più a fondo il disegno magistrale e la straordinaria sensibilità dell’autore.

In un’intervista a Le Figaro Pedrosa spiega il titolo, un altro enigma per chi legge. Gli equinozi sono il momento in cui luce e ombra sono in perfetto equilibrio, e l’intenzione di Pedrosa era di dare un quadro in cui gioia e tristezza si equilibrassero, proprio come i colori e le luminosità delle quattro stagioni. Dal punto di vista grafico mi pare ci sia riuscito, da quello emotivo c’è forse più malinconia che serenità, ma starà al lettore di giudicare quanto l’operazione sia riuscita.

In ogni caso a Pedrosa va riconosciuto il coraggio di aver fatto qualcosa di innovativo, di non facile, di molto faticoso per lui, e che riesce tuttavia a suscitare grandi emozioni. E questo è già un bel successo.