La vignetta messa all’asta da Banque Dessinée (click qui) merita un approfondimento e non solo per la valutazione da 450.000 euro.
Si tratta di una illustrazione in un quadrato di soli 22 centimetri e mezzo di lato, pubblicata in copertina su Le Petit Vingtième del 1° dicembre 1938 (e ristampata nel 2002 alla pagina 344 della mitica Chronologie d’une oeuvre, tomo 3, di Philippe Goddin per Moulinsart).
E’ intitolata “un passo falso”, ma in realtà fa riferimento a un falso passo falso. I lettori di Tintin sanno di cosa si tratta. Ne Lo Scettro di Ottokar, Tintin ha dei dubbi sul professor Halambique (che il nostro giovane reporter sta accompagnando in Syldavia) e per verificare se la barba è posticcia, allo scalo di Praga finge un passo falso per aggrapparvicisi. Ma la barba è autentica… Ti mostro qui la scena nella versione a colori che puoi trovare nell’edizione (completamente ritradotta e riveduta) Rizzoli Lizard.
Quel che invece è assolutamente autentico in tutti i dettagli (come d’uso nelle avventure create da Hergé) è l’aereo su cui hanno viaggiato: un Savoia-Marchetti SM73 OO-AGE della compagnia aera belga Sabena, in servizio sulla linea Bruxelles-Praga. E non è tutto.
Il biografo ufficiale di Hergé, il già citato Philippe Goddin, spiega che questa immagine è basata su una fotografia, pubblicata nella rivista della compagnia aera, Sabena-Revue, nell’ottobre 1936, che mostrava il Presidente della Camera Belga dei Rappresentanti, Camille Huysmans con relativa consorte, in partenza per l’estero tramite la linea Nord Air Express.
Il buon Goddin, che ho avuto il piacere di incontrare a Bruxelles a suo tempo, ha fatto ottimo uso per molti anni del suo permesso speciale che gli ha consentito di esplorare a fondo gli archivi della Moulinsart, dove è raccolta, fra il resto, anche tutta la gigantesca documentazione raccolta da Hergé nel corso degli anni, a supporto del suo lavoro.
Per realizzare questa immagine fuori testo (l’albo, che in origine era in bianco e nero, in effetti ne conta una trentina, intese a dare note di colore), Hergé ha sostanzialmente assemblato, ridisegnandole, due vignette pubblicate nella stessa settimana, allargando il campo e mostrando alcuni dettagli reali dell’apparecchio, basati sulla ricca documentazione dell’autore. Come si vede c’è un sostegno ad hoc per l’ala e la scala di discesa è di quelle che all’epoca venivano accostate al velivolo dal personale dell’aeroporto.
Goddin precisa anche che Hergé era tornato da Londra, nel 1937, con una bella scorta di pennini Gillott (ne uso anch’io, in particolare il Gillot 1290, ma decisamente con minore maestria, purtroppo, e non sono del ’37, ovviamente…) che gli consentirono una maggior modulazione del tratto, conservandone la precisione. Siamo ormai decisamente in quel che in seguito verrà definita la “linea chiara” e Hergé sta completando, passo passo, sia la sua tecnica sia il suo linguaggio grafico. Il tratteggio a matita, invece, serviva a segnalare alla tipografia le zone in cui mettere il retino. Il bianco è applicato per le correzioni, naturalmente. Perché solo chi non fa, non sbaglia.
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