28 Maggio 2015 11:50

Attenzione! Zona pericolosa!

prequel cover

Il grande successo dei fumetti impauriva i benpensanti in tutto il mondo.
WerthamPhoto01_thumb.jpgL’Italia precedette di tre anni la famosa campagna contro i comic book aperta dall’uscita del saggio Seduction of the Innocent (1954) dello psicologo Frederic Wertham, il quale sosteneva che i fumetti erano la causa principale dei crimini commessi dai giovani. Ogni domenica andavamo a messa, e a un certo momento sulle porte delle chiese fu affisso l'”Apostolato della Buona Stampa – Indicatore della stampa per ragazzi”, un foglio che suddivideva le testate in “Raccomandabili”, “Leggibili”, “Con cautela” e “Stampa esclusa” in base alla loro moralità. Nell’edizione 1951 (l’elenco veniva aggioranto annualmente) le “leggibili” (14 testate) includevano “Paperino” e “La Vispa Teresa”; seductioninnocentwertham_thumb.jpgquelle a cui avvicinarsi “con cautela” (42 testate) comprendevano il “Corriere dei Piccoli” e “Topolino”, gli “esclusi” (220 testate), oltre alle procaci “Pantera Bionda” e “Gey Carioca”, elencavano tutti i fumetti americani, da “Mandrake” a “Gordon” a “Bugs Bunny”; tutta la produzione della casa editrice Universo (“Intrepido”, poi “Monello”); le pericolose serie “Criche e Croc” (Stanlio e Ollio), “Gianni e Pinotto” e “Ridolini” (“Charlot”  si trovava invece nella sezione “con cautela”), gli albi con storie ricavate da Salgari, e tutte le collane western di qualunque editore, da “Lone Ranger” al “Piccolo Sceriffo”, a “Pecos Bill”, a “Kinowa”, al peccaminoso “Tex”. rogofumettipostWertham.jpgNelle edizioni successive dell’Indicatore, Cucciolo si aggiunse all’elenco della “Stampa Leggibile”, mentre il sovversivo Tiramolla, forse sospettato di riferimenti sessuali, finì in quella “Con cautela”. Le testate raccomandabili (34) per la maggiora parte non erano a fumetti e portavano titoli come “Carta penna e calamaio”, “Fiaccolina”, “Fiamme Bianche, Fiamme rosse”, “Fiamme Verdi” e “Squilli di innocenza”. Facevano eccezione il laico “Lo Scolaro” di Iro Stringa, “il Giornalino” con i relativi albi delle edizioni Paoline e, buon ultimo per questioni alfabetiche, “il Vittorioso” dell’AVE, casa editrice dell’Unione Cattolica. Non era citato “La via migliore”, un giornalino edito dalle Casse di Risparmio italiane che, caso strano, veniva distribuito gratuitamente nelle scuole. Pubblicava tra l’altro le avventure di Sor Priscillo, disegnate da “GBS” (Giancarlo Bartolini Salimbeni) e ospitava testi di Gianni Rodari, Vezio Melegari, Giana Anguissola. Da bravo bambino, questa catalogazione mi impressionava molto, e anche se non intendevo scoprirlo per non fine all’inferno, ero molto curioso di sapere cosa c’era di proibito nel'”Intrepido” e “Ridolini”.
politecnico.jpgI fumetti non erano mal visti solo dalla chiesa: con rare eccezioni come Oreste del Buono, Giuseppe Trevisani, che probabilmente fu il pirmo in Italia a utilizzare il termine “comics” (al femminile, “le comics”) nel “Politecnico” (1945) di Elio Vittorini e di Gianni Rodari, la sinistra politica e intellettuale era compatta nel definire il fumetto come “una delle forme più corruttrici dell’americanismo” (Palmiro Togliatti). Nel 1951 Nilde Iotti, in “Rinascita”, che riteneva il fumetto un’invenzione dell’editore americano Hearst costruita con il preciso intento di ottenebrare il proletariato, definì i suoi lettori come consapevoli vittime di “irrequietezza, scarsa riflettività, deficiente contatto col mondo circostante e quindi tendenza alla violenza, alla brutalità, all’avventura fuori dalla legge”. Nel 1952 Francesco Maselli firmò Zona pericolosa, un documentario “Dedicato ai genitori affinché vigilino e provvedano prima che sia troppo tardi”; lo si può vedere nel sito dell’Istituto Luce cercando il titolo nell’apposito campo [oppure direttamente click qui – NdR]. E’ un violento attacco in cui si equivoca volutamente tra cinema e fumetti; alcuni piccoli lettori, rincretiniti dalle cattive letture, si muovono come zombie tra palazzoni grigi e anonimi con il sottofondo del rullio di tamburi che accompagnava le esecuzioni. ROBINSON_SPECIALE001Una bimba legge Li’l Abner (allora pubblicato in “Robinson”, un giornale raffinato e costoso poco diffuso nelle periferie) recitando una battuta sanguinaria che nel fumetto non esiste; altri bambini trascinano un amichetto verso il terrapieno della ferrovia e gli annuncinao una morte crudele. Forse non è solo un gioco: il filamto si chiude su alcuni ritagli di giornali: “Giocavano agli indiani: uccide un amico con una freccia come nle Far West”; “Dal fucile puntato per gioco parte d’improvviso un colpo che uccide un bambino di 6 anni”; “Quattro ‘piccoli indiani’ al palo della tortura”, e, dulcis in fundo “Una bambina crocefissa alla ruota di un carro”. Non meno catastrofico ma di impronta democristiana è Cosa leggono i nostri ragazzi (sempre rintracciabile negli archivi Luce digitandone il titolo [o click qui – NdR]) che definisce il fumetto “Fabbrica di torbidi sogni” la cui lettura genera “Mostruose conseguenze che si sono viste quanod il piccolo Bonora fu ucciso dal ragazzo Marani”. Tra le carte dell’assassino, che a 14 anni ha ucciso il piccolo Bonora, affogandolo in un corso d’acqua furoi di Bologna, “sono stati ritrovati racconti a fumetti in cui il ragazzo aveva sottolineato in rosso i modi che avrebbe seguito nel sopprimere il bambino”. pecos-bill.jpgIl processo a Pecos Bill [click qui – NdR], rintracciabile al solito indirizzo, dentoa invece una totale ignoranza nei confornti del mezzo espressivo; tra i giornaletti in edicola cita “Jack lo squartatore” e si occupa della disinivoltura con cui Pecos Bill fa uso delle sue midiciali pistole, dimenticando che l’eroe creato da Guido Martina è un pacifista ante litteram il quale non uccide, non possiede revolver ed è armato solo di lazo. Gli eroi a puntate [click qui – NdR], di Gian Luigi Polidoro, è l’unico esempio in controtendenza visibile sul sito: ben girato e ben documentato, descrive il lavoro dei disegnatori Ruggero Giovannini, Giorgio Bellavitis e Renato Polese, non troppo diverso da quello degli autori di oggi. Va detto che i tre lavoravano per “il Vittorioso”, giornale “raccomandabile” e osservato con un particolare occhio di riguardo.

Quello che hai appena letto è un piccolo estratto (autorizzato) dal volume Alfredo Castelli – il prequel (di Alfredo Castelli), edito da ComicOut nella collana Lezioni di Fumetto. Se pensavi che ignoranza e demenza fossero riservate a questi anni, ora sai che erano ampiamente diffuse anche nel secolo scorso e probabilmente lo saranno finché il nostro DNA non sarà modificato…
Libro assolutamente consigliato e non sto nemmeno qui a farti perdere tempo spiegandoti il perché. Fai prima a leggerlo! Se hai una certa età, ci troverai te stesso. Se sei più giovane ci trovi le tue radici.

prequel retro

Una risposta a “Attenzione! Zona pericolosa!”

  1. C’era già stata precedentemente la censura dei pedagogisti al tempo del fascismo, che abolì le nuvolette per mettere le didascalie.
    Prima ancora, c’era stata l’autocensura del Corriere dei Piccoli, che toglieva le nuvolette ai fumetti americani per mettere le strofette in rima baciata.
    Infine, durante il potere democristiano, all’apice negli anni cinquanta, arriva la censura clericale. In quegli anni, il sogno della Dc era un’Italia beghina simile alla Spagna di Franco. Anche se, per fortuna, con in più la democrazia e un’economia moderna (quest’ultima l’ha sputtanata la sinistra a partire dal 1963, con le nazionalizzazioni e l’ingresso dei partiti nei consigli d’amministrazione).
    A ben vedere, la libertà del fumetto in Italia è sempre stata precaria, almeno fino agli anni sessanta, quando i tascabili hanno fatto la rivoluzione.

    Sauro Pennacchioli

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