Sylvia Anderson, artefice con il marito Gerry di indimenticabili serie televisive quali “Thunderbirds”, “Spazio 1999” e “Ufo”, è stata protagonista di un breve incontro con la stampa insieme alla figlia Dee Anderson, che è anche co-sceneggiatrice del suo ultimo progetto “The Last Station“, e al musicista Cass Lewis del gruppo britannico Skunk Anansie (che ha rivelato che nella colonna sonora della nuova serie, ancora di taglio fantascientifico, ci saranno pure alcune canzoni firmate dalla loro frontwoman Skin).
La grande produttrice e creativa ha parlato delle difficoltà degli esordi: pochi soldi e inevitabili lentezze realizzative, ma anche tanta sana “arte di arrangiarsi” aguzzando abilità e ingegno, sottolineando come le serie costruite insieme a Gerry Anderson e agli altri collaboratori fossero profondamente aderenti alla loro epoca (anni ’60-’70) ma anche qualcosa che già anticipava i tempi: – “e se fai qualcosa di davvero differente, sei sempre nell’epoca giusta.” – Parole da appendere nel proprio studio e da ricordare a chi ripete come un mantra che non è mai “il momento giusto” per fare le cose.
Nel passaggio alle nuove tecnologie, dai pupazzi manovrati faticosamente a mano alla loro trasposizione in 3D – come nel caso della nuova serie “Thunderbirds Are Go“ (con personaggi in CG su sfondi reali realizzati da Weta Workshop), prodotta e trasmessa da questo mese da ITV Studios (e ammirata anche qui a Venezia), eletto anche studio internazionale dell’anno proprio qui al CotB – molte cose sono cambiate, e per fortuna sono cresciuti anche i budget a disposizione, eppure la magia che lega i personaggi ideati da Sylvia Anderson al proprio pubblico non è mai venuta a mancare; forse non si utilizzeranno più, come un tempo, le indispensabili ‘bibbie’ in cui venivano gelosamente custoditi i segreti della produzione, come i meravigliosi costumi della glaciale “Lady Penelope” (cui Sylvia donava anche l’aristocratica voce) ma la forza di quei progetti e di quelle idee non ha mai smesso di conquistare lo spettatore, e anche per questo aspetteremo con fiducia “The Last Station”.
Thank you, Sylvia!