10 Marzo 2015 11:00

Cedo la parola, parte 3.

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Contro natura.

E’ uno degli scudi che si leva per opporsi all’introduzione del matrimonio omosessuale. Scudo errato per diverse ragioni. Inefficace da giocarsi sul campo dei diritti, sempre che si rispettino le regole del buon ragionare. Efficace, invece, quando ci si lascia andare, senza intellettualità e conoscenza, a qualche frenesia.

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[…] Non ci vuole molto per comprendere che l’affermazione “il matrimonio omosessuale è contro natura” appartiene, oltre che ai luoghi comuni, ai pregiudizi, e il fatto che nel nostro Paese pare che le cose non stiano diversamente dovrebbe generare in noi orrore sotto il profilo intellettuale, politico, sociale. Anche perché chi, pubblicamente, privatamente o nascostamente, osteggia l’omosessualità e il matrimonio tra persone del medesimo sesso dà prova, non solo di irrazionalità, ma di vera e propria barbarie.

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Stando all’articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti umani, “uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione.” […] Nella maggioranza dei Paesi del mondo, il matrimonio same-sex è vietato, nonostante l’articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti umani NON affermi che uomini e donne debbano sposarsi tra loro o, più specificatamente, che un uomo debba sposare una donna e viceversa, e quindi NON esclusa affatto il matrimonio in questione. Impedire il matrimonio a persone del medesimo sesso rappresenta un caso eclatante di violazione dei diritti umani. Anzi, più eclatante di altri, perché intrarazziale e interreligioso, riguardando ogni persona omosessuale, al di là della sua ‘razza’ e religione.

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Perché questa negazione di un diritto umano di base? […] “i pregiudizi occupano una parte dello spirito e ne infettano tutto il resto” (Malebranche), e “i pregiudizi, amico, sono il re del volgo” (Voltaire) non di chi cerca la verità.

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[…]Non considererò argomenti improponibili, quali ad esempio “le minoranze vanno difese, lesbiche e gay costituiscono una minoranza, lesbiche e gay vanno difesi garantendo loro il matrimonio same-sex” o “il fenomeno delle coppie lesbiche e gay è diffuso e visibile: occorre regolamentarlo attraverso il matrimonio.” […] Basta chiedersi se ogni minoranza vada difesa e se ogni fenomeno, visibile e diffuso, vada regolamentato. Difenderemmo forse quella minoranza che pratica la zooerastia, cioè che abusa sessualmente di animali, o garantiremmo a persone di sposare non umani? O regolamenteremmo il fenomeno della pedofilia, diffuso e visibile, concedendo al pedofilo di sposare la bambina o il bambino che ha molestato? (tale argomentazione venne usata dal cardinale Angelo Bagnasco a difesa delle sue tesi contro il matrimonio gay: qui dalla medesima premessa si giunge a conclusioni opposte, n.d.G.).

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E neppure considererò argomentazioni contro il matrimonio same-sex altrettanto improponibili, quali “questo tipo di matrimonio non va concesso altrimenti tutti gli uomini diventeranno gay e tutte le donne diventeranno lesbiche”. Mi pare ridicolo pensare che ogni eterosessuale sia tale per caso e che, una volta ammesso il matrimonio same-sex e solo in virtù della sua possibilità, muti d’improvviso il proprio orientamento sessuale – o la propria preferenza sessuale. “Orientamento sessuale” rimane termine più limpido, non tanto perché usato (a volte abusato) dai più, ma in quanto – a mio avviso – non si riferisce inesorabilmente a una predisposizione genetica: orientarsi deve far parte del nostro modo di condurre un’esistenza consapevole.

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Parlerò poco di libertà d’espressione. Questa libertà non coincide con l’affermare quel che si vuole, bensì ciò che si crede vero sulla base di buone ragioni, di buone giustificazioni, conoscendo il significato dell’affermazione stessa. Saper fare affermazioni è capacità richiesta alle persone in ogni società civile in cui viga la necessità delle proprie responsabilità, e nel caso particolare quella di giustificare quanto si afferma […] Così, se qualcuno afferma “c’è una potente lobby gay, contro natura, che sovverte la normalità” e le/gli chiediamo “perché lo credi?”, ci attendiamo che conosca il significato dei termini che compaiono nella sua affermazione, ovvero che sappia rispondere alla domanda “che cosa è oggettivamente ragionevole intendere con ‘contro natura’, con ‘sovvertire’ e con ‘normalità’?”

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Chissà, poi, perché si ritiene che si debba essere omosessuali per difendere il diritto al matrimonio same-sex. Anche questo è un pregiudizio. E’ come sostenere che sono omosessuali i giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti che nel 2013 hanno dichiarato anticostituzionale il Defence of Marriage Act, che negava i medesimi diritti e doveri alle coppie eterosessuali e a quelle omosessuali, o che lo sia Barack Obama perché, all’annuncio della sentenza della Corte ha commentato su Twitter: “#love is love”.

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 Eppure, per scardinare i tanti pregiudizi sul matrimonio same-sex basta partire dalla convinzione della necessità di eguaglianza (intesa come assenza di discriminazioni) e di equità (intesa come giusta distribuzione di benefici e responsabilità) tra gli esseri umani. […]

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 Al tentativo di fondare l’etica sulla religione già Platone nell”Eutifrone’ oppone un noto dilemma che, rispetto al nostro problema, si esplicita nei seguenti termini: ipotizziamo che il credente sostenga che il matrimonio same-sex sia sbagliato perché contrario alla volontà di Dio. Viene da domandargli se Dio vieti il matrimonio same-sex perché il matrimonio same-sex è sbagliato, o se il matrimonio same-sex sia sbagliato perché Dio vieta il matrimonio same-sex. Nel caso in cui il credente risponda che Dio vieta il matrimonio same-sex perché il matrimonio same-sex è sbagliato, possiamo far notare che il principio “il matrimonio same-sex è sbagliato” risulta allora indipendente dalla volontà di Dio; mentre nel caso in cui il credente risponda che il matrimonio same-sex è sbagliato perché Dio vieta il matrimonio same-sex, possiamo far notare che la volontà di Dio non risulta basata su alcuna ragione di ordine etico. […]

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[…]… la libertà religiosa non può somigliare a quella pretesa del bullo [di poter muovere i propri pugni a piacimento, in qualunque direzione] e che, di conseguenza, deve essere limitata, e mai trasformarsi in un pretesto per negare il matrimonio same-sex nella legislazione di una società civile. Questa convinzione si trova nell’articolo 9 della nostra Costituzione: “Tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.” – La convinzione viene ancor meglio precisata nell’articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: “Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.” – Sebbene, dunque, assieme a quella di pensiero e di coscienza, venga ammessa e riconosciuta la libertà religiosa, essa presenta tuttavia dei precisi confini: tra questi, quelli dettati da leggi che proteggono l’etica pubblica, non l’etica religiosa, nonché i diritti e la libertà altrui – il che, a meno di non trovare un’argomentazione contraria, non esclude il diritto e la libertà delle persone omosessuali al matrimonio. […]

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Il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione comporta anche il diritto all’agnosticismo e all’ateismo. Così ritengo corretto che i cattolici (non necessariamente tutti i cristiani, specie se cristiani critici) per dichiararsi tali, rispettino i dettami della loro Chiesa, e lo stesso vale per ogni altro fedele rispetto ai dettami della propria religione. Chi, invece, non crede in quanto ateo, o in quanto agnostico sospende il giudizio sull’esistenza di Dio, ha comunque diritto al matrimonio: lo hanno atei e agnostici eterosessuali, e pochi si sognano di accusarli di minacciare il matrimonio sacro. Lo stesso deve dunque valere per le persone omosessuali e, difatti, non è la sacralità del matrimonio religioso che il matrimonio same-sex minaccia, dato che quanto si chiede a ragione è l’acquisizione da parte degli omosessuali del diritto di accedere all’istituzione civile del matrimonio. […]

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E se il nostro Paese stenta a promuovere con chiarezza il matrimonio same-sex, ciò non è solo imputabile al clero, bensì a una tradizione che in troppi accettano, senza neanche conoscerla bene.

(Nicla Vassallo, brani tratti da ‘Il matrimonio omosessuale è contro natura: FALSO!’, ed. Laterza)

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2 risposte a “Cedo la parola, parte 3.”

    1. Negando così, ancora una volta, la possibilità di scegliere? Il problema, secondo me, non è l’istituzione matrimoniale, che è un progetto di vita comune che implica regole, diritti, compromessi e solidarietà tra due persone (o più, talvolta, anche se la poligamia mi appare un po’ squilibrata nel rapporto di forze in campo!) stabilita CIVILMENTE e garantita dalla responsabilità e dal merito dei contraenti, i quali dovrebbero essere gli unici interessati a ciò che sarà del loro futuro insieme. Naturalmente, se si SCEGLIE di aderire a comunità ispirate a principi religiosi o ideologici si SCEGLIE anche di seguirne i dettami e i dogmi in campo matrimoniale, ma ciò non dovrebbe essere la priorità per una società che si definisce laica e non teocratica. Ammettere che la sessualità si declina in vari modi non significa accettarli tutti, né aprire le porte alla barbarie, anzi; significa invece ricondurne le parti ‘sane’ (brutta parola, me ne scuso) nell’alveo della società, appunto, civile, sottraendole al sottobosco equivoco in cui giocoforza il disprezzo e il rifiuto sociale le hanno relegate sino ad ora. Così come sarebbe profondamente ingiusto tacciare tutta la categoria clericale di tendenze pedofile, così è oscenamente scorretto operare un’equazione come quella omosessualità=perversione, dato che si sta parlando di cittadini che lavorano, pagano le tasse, danno il loro contributo fattivo al funzionamento del Paese e, in molti casi, sono anche dei buoni cristiani che, a differenza di gentaglia pluridivorziata, e dalla condotta etica non dir rado ‘discutibile’, cui i sacramenti mai vengono negati, non mancano nei comportamenti e nei pensieri che, a parer mio, contano davvero per essere considerati ‘onesti’.
      Del resto, non basterà certo una legge per far sì che le coppie omosessuali possano vivere davvero all’interno della nostra società: come ammesso da una rappresentante delle associazioni per l’affido e l’adozione dei minori, “anche in caso di norme che lo consentano, non sussiste in Italia UN CONTESTO ADATTO all’omogenitorialità in quanto tale”… affermazione piuttosto chiara, e a mio parere gravissima nel suo ergersi al di sopra della legge stessa, e forse anche della Costituzione, in nome di un pregiudizio discriminatorio che in realtà non appartiene nemmeno alla maggioranza della popolazione ma è proprio del solito ‘zoccolo duro’ che condiziona ogni progresso sociale e al quale la politica pare essersi ormai abbarbicata. E anche il modo in cui vengono applicati certi presunti ‘diritti acquisiti’, come l’aborto, la dice lunga sulla ‘doppiezza’ della legislazione nostrana: 90% di ostetrici obiettori, pazienti aggredite in ospedale da sedicenti ‘consulenti pro vita’ che, non si sa perché, possono stazionare liberamente in corsia e importunare chi vogliono, biasimo sociale continuo e purulento, educazione sessuale ai minimi termini per evitare le gravidanze indesiderate, tendenza alla retorica della maternità ‘comunque bella’ di fronte al dilagare del fenomeno delle mamme minorenni, spesso spinte a sposarsi in fretta e furia ‘perché le creature han bisogno di mamma e papà’ anche se si odiano o sono del tutto incapaci di prendersi cura dei figli. Ecco, QUESTE forme di matrimonio, forse, andrebbero abolite.
      Perché, oltre che del CONTESTO i bambini avrebbero bisogno anche di famiglie adeguate a loro, e non solo dal punto di vista ‘sociale’.
      E lottare per un diritto, per una scelta, lo ribadisco, è nell’interesse anche di coloro che vi si oppongono: quanti ‘difensori della Famiglia’ hanno usufruito, più volte, dell’istituzione del divorzio? Ma non era anche quello un ‘abominio’, nella fattispecie delle femministe, che minacciava di ‘disgregare’ il tessuto sociale? Però, fortuna che ce l’abbiamo, oggi, vero signori?

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