10 Marzo 2015 18:24

Al ‘gioco del rispetto’ c’è un’Italia che si (s)qualifica da sola

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Nel 2013 è nato il progetto de Il gioco del rispetto.

Un progetto innovativo, tra i primi a porsi il problema della prevenzione alla violenza contro le donne, partendo già dalle scuole dell’infanzia. Un progetto che nasce con urgenza dall’incredibile arretratezza culturale e sociale che vuole le donne italiane agli ultimi posti nella classifica del gender gap mondiale. Che le vede mobbizzate sul lavoro a causa della maternità, che le vede guadagnare quasi il 20% in meno rispetto agli uomini a parità di mansioni, che le vede picchiate e anche uccise in un crescendo di violenza davanti alla quale sembra non ci siano strumenti di difesa, se non la prevenzione e la cultura. Prevenzione contro gli stereotipi, che vogliono le donne appiattite in ruoli secondari (“DIETRO un grande uomo c’è una grande donna”), inadatte alla leadership, e vogliono gli uomini incapaci di provare emozioni, inadatti ad accudire un figlio, a essere padri (perché si usa il termine “mammo” al posto del legittimo “padre”?).

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Ma gli stereotipi si radicano molto presto: i bambini imparano già da molto piccoli che “le femmine sono paurose” e “ai maschi piacciono i mostri”, anche se queste “credenze” non trovano riscontro nella realtà: per esempio, le bambine dimostrano di comportarsi in modo avventuroso tanto quanto i bambini.

Vogliamo provare a far riflettere bambini e bambine – attraverso il gioco – su ciò che possono o non possono fare a seconda del loro genere?

Possiamo sperare che con questo intervento, forse, i nostri figli e le nostre figlie si ricorderanno da grandi che possono essere padri, madri, casalinghi, casalinghe, piloti di aerei maschi o femmine che siano, in maniera libera senza sentirsi strani?

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Noi ci abbiamo creduto, e la Regione Friuli Venezia Giulia prima e il Comune di Trieste poi, ci hanno creduto con noi.

Qualcun altro invece non ci ha creduto. E parlare di abbattimento degli stereotipi ha fatto molta paura. Fa così paura vedere un uomo che stira in una delle nostre illustrazioni, che si è gridato allo scandalo. Questo episodio, ripreso da diverse testate, più o meno serie, ci dà l’occasione di riaffermare con ancora più forza il nostro progetto e lasciare qui di seguito alcuni spunti a uso e consumo di chi cerca informazioni ufficiali su Il gioco del rispetto.

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C’è stato un genitore che in una scuola, dopo essere stato invitato a discutere sulla possibilità di aderire in maniera facoltativa al progetto, si è molto spaventato. Ha capito – male – che il progetto fa educazione sessuale, che propone il gioco del dottore. Fa riflettere, che questo genitore non abbia richiesto chiarimenti direttamente alle insegnanti, né alla coordinatrice della scuola, né a noi, né al Comune, e si sia precipitato sui media per raccontare una storia che nulla ha che fare né con i nostri obiettivi né con i nostri contenuti. Pare inoltre, che questo genitore non si sia nemmeno confrontato con tutti gli altri genitori della scuola, che infatti ci fanno sapere di dissociarsi da quelle posizioni.

Su questo tema ha già risposto la nostra Vicesindaca, precisando che Il gioco del rispetto non fa educazione sessuale e, aggiungiamo noi, tantomeno il gioco del dottore. Poi, siamo rimaste comunque molto colpite dalla malizia con cui questo genitore ha interpretato il progetto.

Informazione importante quindi, è che quereleremo chiunque affermi che il progetto invita i bambini a toccarsi nelle parti intime e a parlare di genitali. Perché è falso.

Poi. Entriamo nel merito di altre questioni.

Dicono che l’educazione spetti alle famiglie e non alla scuola, ma guarda caso nessuno insorge quando ai maschi viene imposto il grembiule blu e alle femmine quello rosa. Non è forse “educazione di genere” questa? Non spetta alle famiglie decidere il colore del grembiule? E ancora, tutte le favole di Esopo finiscono con una morale. Vogliamo impedirne la lettura nelle scuole perché la morale è compito esclusivo delle famiglie?

Poi.

Traducono in maniera maccheronica il nostro “gender transformative approach” in “cambio di sesso”, mentre si tratta di un approccio ben codificato (per chi ha studiato) che vuole trasformare le relazioni di genere inique (per esempio, quando a parità di mansioni le donne guadagnano di meno degli uomini) per promuovere il potere condiviso, il controllo delle risorse, il processo decisionale, e il supporto per l’empowerment delle donne.

Ancora.

Ormai la parola “genere” o “gender” è stata ammantata di una valenza diabolica. “Genere” non si può più dire perché sembra nascondere complotti oscuri per l’estinzione della nostra specie. “Gender” ancora peggio.

Eppure, maschi e femmine sono diversi per GENERE.

E questo non lo può negare nessuno. Né lo neghiamo noi. Tanto è vero che in due tessere di uno dei nostri giochi, rappresentiamo sia la mamma sia il papà. Due concetti che non ci paiono francamente così sovversivi. Il gioco del rispetto promuove il rispetto tra i GENERI, e non ci vorremmo vergognare dicendolo.

Poi.

È OVVIO che non parliamo di violenza contro le donne a bambini e bambine.

È OVVIO che li facciamo giocare rispettando la loro età e la loro innocenza.

È OVVIO che non li costringiamo a indossare tutine borchiate (lo sapete vero che nelle scuole dell’infanzia il gioco del travestimento è uno dei grandi classici, anche senza il bisogno del nostro gioco?).

È OVVIO che i bambini non sono nudi (ma veramente qualcuno ha scritto che i bambini sono nudi???).

E infine.

Questo progetto parla di RISPETTO. Per noi l’educazione al rispetto non dovrebbe spettare solo alle famiglie, ma a tutti. Tutti dovremmo farci portatori di rispetto. E tutti dovremmo condannare fermamente qualsiasi violenza, che sia verbale, psicologica o fisica. Eppure in questi giorni, a proposito di questo progetto, abbiamo letto molti commenti privi di rispetto. Alcuni al limite della denuncia. Diverse minacce e intimidazioni.

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L’immancabile Matteo ‘Cicero pro Lega sua’ Salvini non ha perso tempo a fiondarsi sul presunto ‘scandalo’: che siano presepi o giochi di ruolo, per lui non fa… differenza.

Un certo pseudo giornalismo d’assalto ha riportato falsità sui contenuti del kit didattico e nessuno si è preso la briga di verificare prima le fonti. Questo dato ci preoccupa e ci dà l’evidenza di quanto in realtà sia necessario lavorare sulla gestione dei rapporti tra le persone e sulla cultura.

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Per fortuna in tanti hanno capito. In tanti ci sostengono e sono orgogliosi di questa nostra scuola che lavora per migliorare e migliorarsi sempre, che non ha paura di sperimentare, di seguire le esigenze delle famiglie e di collaborare con queste in un clima di fiducia che con questo progetto abbiamo sempre trovato. Le famiglie ci scrivono, mamme e papà ci chiedono di continuare, di non mollare, perché come noi sono convinti che questo sia progresso e che non sia accettabile conservare stereotipi che hanno ridotto l’Italia agli ultimi posti in Europa per la parità di genere. E questa non può essere una questione di opinioni personali, perché si tratta di civiltà. Non si può essere a favore della discriminazione. Non si può essere a favore della violenza. Non si può accettare che le donne muoiano o perdano il lavoro “in quanto donne”. Per questo andremo avanti, ricercando sempre dialogo e confronto, sempre con rispetto. E senza mai vergognarci per questo.

[Brave. A vergognarsi dovrebbero essere altri, ma non contiamoci troppo.]

[dal sito web di ‘Pari o dispari? Il gioco del rispetto]

[nota del Gatto]: Silvio Brachetta, sul settimanale cattolico triestino ‘Vita Nuova’, ha commentato senza giri di parole, che «c’è il tentativo, occultato ma evidente non tanto di insegnare il rispetto tra le persone, ma d’indurre la nota “ideologia del gender”, che prevede l’assoluta libertà di scegliersi il sesso a capriccio». – domanda: ha le prove, oltre il suo aprioristico e interessato pregiudizio? Perché saremmo ampiamente dalle parti della calunnia, secondo me. Oltre che dell’ideologia (preferite il termine ‘fondamentalismo’?) esplicita e proterva.

E poi, qualcuno di questi signori, uno a caso, sarebbe così gentile da volere una volta per tutte spiegare il significato del termine “ideologia gender’? Gender significa ‘genere’, che cosa vuole dire ‘imporre un’ideologia di genere’? Genere è sia femminile che femminile, giusto? Oppure per voi si riferisce solo alla ‘lobby’ Lgtb? 

Temo che il vero problema sia nelle parole ‘scegliere‘ e ‘libertà‘: queste sì che risultano proprio indigeste a commentatori ‘del genere’.