Avrei potuto iniziare dicendo “Comunque la chiami, la rosa profuma”, ma questa, di fatto, me l’ha fregata uno che scrive decisamente meglio di me, per cui…
Il senso è che non basta cambiare nomi e aggettivi et similia: la sostanza resta quella che è. Un carnefice è un carnefice, una vittima è una vittima. E magari ognuno di questi è un essere umano.
Gli artifizi retorici con cui si sostiene che “ha una minigonna (o altro): se l’è cercata”, o “è una donna (o altro): se l’è cercata” o “esiste: se l’è cercata”, oltre a essere idioti, non alterano la sostanza.
Quando, svariati decenni fa a Torino, i terroristi spararono a mio papà e al suo collega, probabilmente, nelle loro psiche malata da terroristi avranno cercato una scusa equivalente. Non avranno considerato le loro vittime come esseri umani, per giunta con dei bambini che li aspettavano a casa, ma come bersagli colpevoli, ampiamente sacrificabili per una “causa superiore”.
Poi non so quanto certe elucubrazioni auto assolutorie funzionino realmente, nelle menti malate, quanto si possa davvero credere che la vittima è colpevole e il carnefice è innocente, ma tant’è. D’altronde il cervello umano funziona male tante di quelle volte, che può persino essere che, per un po’, riesca ad accettare giustificazioni del genere.
Le discussioni a ridosso della strage di Charlie Hebdo hanno quasi inesorabilmente girato attorno anche a queste faccende, invece di limitarsi a considerare il dolore che la tragedia ha portato con sé. “Eh, però hanno pubblicato quelle vignette”. Cioè “esistono: se la sono cercata”.
E ancora hanno vagato nei territori dementi e pericolosi del “noi/voi”. Voi ebrei, voi islamici, voi cristiani, voi atei, voi stranieri, voi di un altro quartiere, voi dell’altro lato del pianerottolo, voi che mangiate carne, voi che non mangiate prosciutto, voi idraulici, voi giornalisti, voi vignettisti, voi pensionati, voi fannulloni, voi bastardi, voi voi voi, voi questo, voi quello, voi quell’altro. Mentre invece noi…
Eh, sì sì, però prima di parlare con noi, voi dovete dissociarvi da questo, voi da quello, voi da quell’altro. Mentre invece noi…
Oh!, dico, ma proprio non funziona, ‘sto cervello, eh? “Voi” sei tu. Non un altro: tu. Un essere umano. Fragile e mal-funzionante. Non un’etichetta, non un numero, non una categoria: un essere vivente in grado di scegliere. Punto. Uno che ogni volta, ogni momento, può (e deve) scegliere se creare sofferenza o gioia. Ogni singola volta. Se far ridere o far piangere. Se dare la vita o togliere la vita. E, una volta che hai scelto, tu hai scelto, non una categoria ha scelto per te. E puoi anche fare a meno di cercare scuse e giustificazioni: se hai fatto piangere, non hai fatto ridere. Punto.
Se addirittura hai tolto una vita, non la puoi più restituire. E non puoi nemmeno dare la colpa alla tua vittima. Per la cronaca, non puoi nemmeno più farti perdonare, nel caso ti pentissi di ciò che hai fatto, perché l’unica persona che potrebbe perdonarti per quel che hai fatto è morta… Brutta faccenda. Per te. Non per un generico “voi/noi”.
Quante cose passano per la testa quando arriva la bufera…