7 Dicembre 2014 19:03

Il linguaggio invisibile

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C’è poco da fare. E’ raro che si abbiano competenze multiple accettabili. Chi sa di tanto di una cosa, di solito non sa un granché di un’altra. Naturale. La specie umana va avanti solo perché ci si mette tutti insieme, ciascuno col suo personale bagaglio di esperienza e competenze specifiche, con rispetto e pari dgnità. Nessun umano sa “tutto di tutto”. Lo stesso Pico de’ Paperis (che peraltro non è umano), sorta di tuttologo, in realtà nasce come parodia del so-tutto-io (che poi, invece, non sa tutto ‘sto granché, alla resa dei conti). Così non dovrebbe stupirci, ascoltare alla televisione il bravo regista Gabriele Salvatores (in giro per ogni dove, giustamente, a promuovere il suo interessantissimo Il Ragazzo Invisibile) che, con la leggerezza delle interviste in diretta, usa il termine “fumetto” come “diminutivo di qualità – robetta da quattro soldi”, come si usava un tempo. Esattamente come noi potremmo dire “Ma smettila di fare tutto ‘sto cinema!”, usando “cinema” come sinonimo riduttivo di “grande e inutile caos volgare”.
Lo pensava davvero? O si è solo frainteso da sé, come è di moda oggidì? O l’uso dei termini “cinema”, “fumetto” et similia resta ancora ambiguo e ambivalente nella peraltro ricchissima (e mal utilizzata) lingua italiana? Chissà.

Poi però eccoci a pagina 85 di Topolino 3080. C’è proprio il buon Salvatores, intervistato su Il Ragazzo Invisibile, che dice (confrontando Superman e Spider-Man, e cercando di spiegare la sua preferenza per quest’ultimo rispetto al primo) “Pensateci: Superman viene da un altro pianeta e i suoi superpoteri derivano dal dna alieno. Invece Spider-Man è un ragazzo a cui succede un “inconveniente”: le sue doti arrivano dalla sua stessa vita.” e noi ci si chiede: eh? E allora? Posto che le cose stiano veramente come afferma il regista (cosa da verificare albi alla mano e non ” a memoria”), per quale motivo uno sarebbe “meglio” dell’altro (al di là degli opinabilissimi gusti personali)? Intendiamoci, è ovvio che sono piccolezze, ma si nota che quando parla di cinema (in senso positivo, non di caos ecc.) fa molta attenzione a sottolineare che a lui piace questo, ma anche quello, che questo è fantastico, ma anche questo vale moltissimo ecc. ecc. ecc., usando con estrema prudenza il bilancino del politicamente corretto per non scontentare nessuno (lo abbiamo notato proprio durante le interviste televisive), mentre quando si esce dal proprio settore professionale, l’attenzione svanisce e arrivano le uscite “infelici”.
Va bene, siamo umani, fragili creature molto approssimative. Ciascuno vede con la lente d’ingrandimento le cose che conosce e apprezza. Il resto vien trattato… male. A pensarci bene sembra essere un meccanismo mentale simile a quello con cui giudichiamo le persone, no?

Alla fine della fiera, al grande regista il fumetto piace o no? Il cinema sembra piacergli (ma gli piace davvero tutto, come linguaggio, o distingue fra porcherie e gioielli, come tutti noi?). Ma il fumetto? La versione a fumetti del suo film (coi testi di Diego Cajelli e i disegni di Camuncoli, Dell’Edera e Vitti) è solo una furba trovata di marketing o c’è vero affetto per questo linguaggio? Dalla citata intervista per Topolino, parrebbe che il linguaggio gli piaccia. Ma lo considera alla pari col suo amato Cinema, o per lui è cosa divertente, sì, ma non all’altezza del Cinema? Ecco… dalle interviste è parso che lo consideri inferiore, come linguaggio, e non semplicemente “diverso”. Divertente, piacevole, a volte bello, ma non alla pari. E’ così, o è solo un certo uso della lingua italiana che consente facili fraintendimenti?

Stesso discorso si potrebbe fare (ed è stato fatto) con qualche Grande Scrittore di Letteratura Solo Scritta, cui è capitato di avere versioni a fumetti dei propri “capolavori”. Stessi effetti collaterali. Da un lato sembra quasi che sia un Divertente Onore, avere (anche) una versione a fumetti, dall’altro però il “fumetto” è sempre visto come “medium minore, un po’ volgare”, forse troppo “popolare”. Intendiamoci, per il Letterato di cui sopra, vale lo stesso discorso anche per il cinema o la televisione, perché nulla è all’altezza della Letteratura (solo scritta)! E lo stesso atteggiamento lo troviamo, come si diceva, nel Grande Regista nei confronti di ciò che non è Cinema e via così, ciascuno per la propria Arte Assoluta Eccezionale e Senza Pari.

Comprensibile? Purtroppo sì. Ma in questo modo forse si erigono barriere, tra cose e cose, tra persone e persone e tanti saluti alle “pari dignità”. E il parallelo di poco sopra, su come si trattano le persone (“Queste le conosco, sono delle nostre, sono ok; queste non le conosco, sono diverse, hanno un colore diverso, un odore diverso, abitudini diverse… mmmh! – In gamba? Sì, sì, saranno pure in gamba… ma certo non sono come noi! – Bleah.“), non sembra tanto campato in aria.

Esseri umani: tanta strada ancora da fare. Sarà un problema di DNA?

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