17 Ottobre 2014 04:10

View Conference 2014. Gaming italiano, Glen Keane e tavole rotonde.

Ancora un magnifico giorno alla View Conference, mi dispiace davvero per chi se lo è perso.

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Si è iniziato parlando di Gaming in Italia con una breve conferenza tenuto da Valerio Di Donato della 34BIGTHINGS. Il gruppo era già passato alla scorsa edizione (e ieri un suo componente, Giuseppe E. Franchi, è passato parlando di T-Union), e che da allora sta riuscendo a ottenere molti riconoscimenti. Tanto che dai tre che erano l’anno scorso sono diventati dieci più collaboratori occasionali.

Attualmente stanno lavorando a ‘Red Out’ un videogioco su corse d’auto in fantasiosi circuiti. Ma oggi è qui per parlare della necessità di avere degli studi seri sul Gaming fatti da professionisti e non da gente che non ha idea di cosa significhi fare giochi con allo scopo di venderli o non insegna che si fanno giochi che devono essere venduti. Lui che ha potuto studiare all’estero sa quanto sia diverso avere insegnanti così. E come il suo collega invita tutti quelli che vogliono entrare nel settore a partecipare alle Game Jam.

view IMG_1522Segue Mauro Fanelli dello studio MIXED BAG che supportati dalla Sony hanno recentemente pubblicato un gioco per PS4 (forse il primo studio Indie a riuscire a farlo). Visto un loro precedente lavoro per Play Station Vita la Oculos gli ha mandato un modello per la realtà virtuale (quello fatto insieme alla Samsung) e gli ha proposto di fare qualcosa. dopo qualche dubbio sul sistema hanno dovuto ammetterne la qualità e ha avuto inizio il lavoro.

Il problema è che la realtà virtuale è talmente diversa da tutto ciò che si è fatto che non si sa come trattarla. I giochi devono essere divertenti, ma il dover agire in uno spazio artificiale facendo cose contrastanti con la realtà può provocare un affaticamento che cancella ogni piacere e magari causare mal di testa o nausea. Capire come si possa gestire la situazione, come muoversi ecc. è il problema da affrontare. E dopo si deve fare in modo di creare una tradizione in questi giochi così da poter evolversi come è successo in passato con i videogiochi classici.

Considerando l’evoluzione avvenuta tra il primo videogioco e gli attuali pensa fiducioso nel domani.

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Dopo di lui Jo Plaete della MPC parla di come si è proceduto nella scena della devastante battaglia spaziale de ‘I guardiani della galassia’ Spiegando dettagliatamente come si siano studiati le varie navi spaziali che vi sono coinvolte dalla ‘Milano’ del protagonista agli Starblaster e Necrocraft. Volano tutte con movimenti ispirati agli insetti e quest’ultimi hanno con una nave madre che sembra essere ispirata dagli aerei giganti di ‘Conan ragazzo del duemila’.

Notevole la grande abilità nel fare gli stormi di navi all’attacco, per farlo hanno usato un Tools di loro proprietà chiamato ALICE (Artificial Life Crowd Engine) che gli ha sempre permesso di fare grandi scene.

È dell’opinione che in questo film sia stato fatto tutto quello che si poteva fare in CGI.

Rispondendo a una domanda Plaete dice che per trovare lavoro nell’ambiente bisogna trovare ciò che riesce meglio, specializzarsi in quello e essere molto precisi in quello che si fa. Perché bisogna evitare di fare oggetti che a un’attenta analisi risultino pieni di inesattezze.

Ma ecco che alle 11:15 inizia uno di quegli eventi che hanno richiamato le folle. E come ieri la sala si era riempita di persone venute a sentire Alvy Ray Smith fino a dover mandare fuori chi non trovava posto oggi è successo lo stesso con l’arrivo di Glen Keane. Una leggenda vivente dell’animazione 2D.

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E appena sale sul palco colui che ha graficamente creato ‘Ariel’, ‘Bestia’, ‘Pocahontas’,’Tarzan’,‘Long John Silver’ e ‘Rapunzel si mette a spiegare come secondo lui i personaggi esistano dentro di lui ancora prima di essere disegnati e racconta che quando gli chiesero di disegnare la Bestia questa venne fuori praticamente da sola. E mentre lo racconta la disegna elencando il perché di ogni parte che la compone.

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Ama i personaggi convinti che l’impossibile sia possibile perché lui è convinto che sia così. Ma quando anima un personaggio a volte ha paura di rivelare troppo della sua anima e capita che in certe scene particolarmente emotive gli viene da pensare di stare esagerando. Per spiegarsi mostra il Pencil Tests della scena dove Ariel nella sua grotta canta sognando la terra emersa e alla fine di tende la mano verso il soffitto(potete vederla qui http://livlily.blogspot.it/2010/10/glen-keane.html anche se non proprio chiara). Quella scena gli aveva sempre fatto paura, temeva che risultasse eccessivamente smielata. Ma un giorno, durante una lezione alla CalArts, una delle allieve gli raccontò di quanto da piccola quella scena l’avesse colpita portandola a cercare di prendere la mano di Ariel. L’avrebbe abbracciata. Da allora non a più avuto dubbi sull’aver fatto bene a spingersi oltre.

 

view IMG_1548Racconta la sua vita. Suo padre era un famoso cartoonist autore della celebre serie ‘Family Circus’ e ha sempre vissuto tra disegni fatti su pareti e mobili. La coscienza dello spazio disegnato la ebbe per la prima volta da bambino verso natale dipingendo sul muro una natività. Capì la distanza tra il primo piano delle pecore e l’interno della stalla e ne fu sorpreso.

 

Arrivò alla Disney negli anni settanta, periodo ideale dove i giovani potevano imparare ancora dai grandi maestri che lavoravano nello studio. Lui, che aveva da sempre voluto lavorare lì, si rendeva conto di quanto dovesse essere attento a tutto ciò che dicevano e prendeva continuamente appunti di ogni loro frase.

Il primo suo primo approccio con l’animazione digitale avvenne grazie a John Lasseter. Quando questo lavorava ancora alla Disney tentarono di fare un corto dove lo spazio era in CGI e i personaggi disegnati. Purtroppo non lo finirono, ma l’esperienza lo colpì molto spingendolo a essere un artista migliore.

Una delle ultime note gli lasciò Ollie Johnston fu un augurio di fare un giorno un film su ‘Rapunzel’ e dopo tanti anni finalmente venne il giorno in cui poté farlo. Però gli proposero di farlo in CGI e lui non riusciva a immaginarsi come sarebbe stato possibile ma gliela misero come sfida e accettò.

L’inizio fu disastroso. Gli animatori non riuscivano a rendere i capelli come voleva e anzi gli chiedevano di evirare le scene dove li toccava. La cosa lo spinse a fare una riunione dove spiegò quanto fossero importanti i capelli per Rapunzel e come lei trovasse gradevole vivere chiusa in una torre basta che fosse insieme a loro. Spiegò come dovessero rendere i personaggi disegnando con la tavoletta grafica accanto ai models 3D e alla fina si riuscì a fare dei capelli un vero personaggio importante e Rapunzel un personaggio solare.

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Dopo decenni passati nello studio decise di andarsene perché sentiva che doveva farlo. Non sapeva cosa lo aspettasse e un giorno lo chiamò la Google per fare un corto utilizzando un loro nuovo prodotto. Gli concedevano assoluto libertà sul soggetto ma doveva essere grande. Keane considerò lo schermo del Motorola una finestra sul mondo e iniziò a lavorare adattandosi anche alla necessità di fare sessanta fotogrammi al secondo dopo averne fatti da sempre ventiquattro. Ma ci si può adattare a tutto e si entusiasmò al progetto usando come modelli i propri nipotini e abituandosi anche a una camera che si muove nello spazio in modo molto libero.

All’inizio della conferenza ci aveva mostrato il filmato in una versione adattata per uno schermo normale. Alla fine ce lo mostra ripreso dal Motorola per farci capire quanto sia possibile vedere oltre la scena addentrandosi nel grosso albero del corto e allontanandosi dai due protagonisti.

Chiede un parere a Alvy Ray Smith, suo amico da tanti anni, e questo risponde “È il più bel pezzo d’animazione che io abbia mai visto”.

Alla fine dell’incontro una grande folla di ragazzi e ragazze segue Keane per farsi autografare dei libri o un foglio. Circolano anche stampe che riproducono un fotogramma del corto distribuite per l’occasione. Ma la folla dovrà attendere che finisca di essere intervistato dalla stampa. Tra le cose che dice ai giornalisti rimane l’ammirazione incondizionata per Frederick Back, autore di ‘L’homme qui plantait des arbres’, film che adora e ammira perché lì l’autore si spinse a mostrare la sua anima senza paura o vergogna.

view IMG_1585Dopo si tiene un’interessante conferenza sull’improvvisazione tenuta da Brenda Bakker. Si tratta di un modo per imparare a improvvisare insieme o da soli delle storie recitandole e riuscendo così a trovare spunti e idee nuove per le storie e finali sorprendenti. Il tutto lei lo insegna in un istituto in America con tanto di saggio teatrale finale davanti a un pubblico.

L’argomento è interessante, spiegato in modo divertente e coinvolge gestualità corporale e altre cose. Peccato che la forte emozione di avere incontrato Glen Keane impedisca a chi scrive di poterlo seguire bene.

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view IMG_1602Segue la conferenza sul Social Gaming di Eleonora Pantò e Matthew Calamatta. La prima traccia un chiaro quadro di quanto si stia facendo negli altri paesi per fare videogiochi in grado di insegnare regole civili o materie scientifiche senza annoiare e concorda con il gruppo T-union sulla necessità di formare una cultura del videogioco seria. Il secondo fa un discorso molto arguto e divertente su tutte le cose apparse negli ultimi otto anni che si dicevano rivoluzionarie e non anno cambiato niente (adesso è molto importante lo Storytelling). Rivela che il sito di Crowdfunding Kickstarter spesso viene usato non per cercare fondi ma per fare ricerche di mercato su quanto possa interessare un prodotto. Parla dei Beacons’ con cui si cerca di capire cosa piaccia alla gente in maniera un po’ troppo indiscreta e cita la tecnologia Wearables con cui si monitora il proprio organismo, anche per cose apparentemente assurde, e finisce con il parlare di Oculos. La stanchezza accumulata toglie a chi scriva la capacità di seguire il discorso nonostante sia pieno di Humor Britannico in stile ‘Monty Pyhton’.

Segue Kim Baumann Larsen che parla di ‘The Dark Adventure’ un’avventura in realtà virtuale ambientata in uno studio di architettura!

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Evitando di ripetere tutte le considerazione già dette dai suoi colleghi sui problemi della realtà virtuale bisogna dire che il nostro non ha mostrato problemi a mettere un controller che compare anche nell’ambiente (nonostante ammetta che la presenza delle mani giganti sia avvertita come fastidiosa, ma La tecnologia migliore è stata sviluppata per il modello successivo a quello con cui avevano iniziato il lavoro ecc.) e sfruttando l’idea che la tecnologia avanzata è come la magia ha inserito un globo volante come interfaccia. Il gioco è sviluppato per l’Oculos fatto con la collaborazione della Samsung. Una cosa molto positiva è che ne ha portato uno e chi vuole lo può provarlo.

 La sensazione è di meraviglia. Attorno a se si vede uno spazio completo e per avanzare bisogna fissare la parte dove si sono i numeri. Stranissimo non trovare il proprio corpo sotto di sé.

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Dopo passa la parola a Nelson Lewroy, colui che ha curato le ambientazioni degli ultimi due film della LAIKA e che parla di come si crea un mondo per un film d’animazione.

Lui si dice molto emozionato di essere alla View e felice per la bella maglietta che gli hanno regalato gli organizzatori. Parla di come è andata la produzione di ‘Paranorman’.Dopo i disegni preparatori e le ricerche di riferimenti reali che piacessero al regista lui ha iniziato a fare la maquette degli edifici in cartone grezzo e colla dando così un aspetto decadente a tutto spesso copiandolo da tristissimi edifici veri resi ancora più strazianti. Dopo si è iniziata la costruzione dei veri set su cui si sarebbe girato costruendo alcuni elementi a mano e antri stampandoli con la stampante 3D.

Per ‘The Boxtrolls’ si è usato lo stesso procedimento. Solo che il lavorare contemporaneamente su molti set riduce lo spazio anche se il posto è enorme.

Trova stupendo che gli oggetti siano fatti quasi tutti a mano e che l’organizzazione dello studio metta a fianco chi lavori col digitale e chi lavora manualmente portandoli a imparare reciprocamente. Poiché per i fondali esterni era indispensabile aggiungere paesaggi digitalmente e ogni personaggio aveva un doppio digitale da usare quando occorreva. Ma rivela che, contrariamente a quanto si dica, fare un film in CGI di qualità elevata costa spesso più di farlo in Stop Motion come fanno loro e i risultati sono comunque incredibili.

Per concludere la giornata c’è una memorabile tavola rotonda sul futuro dello Storytelling che radunò sullo stesso palco Glen Keane, Tom McGrath, Alessandro Jacomini, Lucia Modesto, Alvy Ray Smith, Rob Coleman, Noëlle Triaureau, Steven Fangmeier, Patrick Osborne e Naomi Adler (era prevista la presenza di Bruno Bozzetto, ma purtroppo era assente).

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Raccontare quella conferenza non è possibile, almeno non alla fine di un lungo articolo. Si sono toccati temi molto importanti, citato fatti proverbiali e risposto a molte domande del pubblico.

Un dialogo fitto magnifico da seguire. Tutto è stato registrato, ma chissà se sarà mai disponibile.

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