31 Luglio 2014 13:30

Cosa ci vorrà, davvero, per queste bambine?

A proposito del post dedicato alla nuova serie edita da Bao Publishing,Ci vorrebbe un’amica’, con i testi di Silvia Gianatti e i disegni di Manuela Nerolini: incuriosito, ho rintracciato un’intervista alla stessa Gianatti su Fumettologica, e alcune frasi di quest’ultima in essa riportate hanno suscitato in me una serie di riflessioni che ho deciso di proporre a chiunque avesse delle opinioni in merito.

Questo è come sono, oppure come le vogliamo, ed è più comodo rappresentarle?
Questo è come sono oppure come le vogliamo, ed è più comodo rappresentarle?

Quanti stereotipi riuscite a contare soltanto in questa, peraltro buffa e simpatica, illustrazione? Quanto studio su ‘come si vedono le adolescenti’ traspare dall’attenzione certosina per i dettagli estetici, il ‘look‘ da diario segreto e la profusione di flora rigorosamente in tinte rosa e ‘Violetta‘? Quanto stride, in questa rappresentazione ‘fashion‘, il testo ‘cinguettante’ che sembra rivolto a delle bambine ingenue e sprovvedute, ancora ciondolanti dal Grande Pero della vita? Ci si sta rivolgendo davvero a “un pubblico femminile di età compresa tra gli 11 e i 14 anni“, oppure in realtà si ammicca ai loro genitori, ansiosi di rassicurazione sul fatto che le figlie, pur comportandosi da donnine in erba, restano sempre le ‘loro’ innocenti bambine?

Intendiamoci, non si vuol criticare l’ottima confezione (testi brillanti, bei disegni) ma si è quasi costretti a constatare quanto le considerazioni contenute nel fondamentale saggio ‘Dalla parte delle bambine’ di Elena Gianini Belotti siano ancora oggi di grande attualità, malgrado tutte le battaglie e le conquiste in campo di diritti raggiunti nel frattempo dal popolo femminile …  – “Quando ci sono storie bellissime, che hanno dentro gli ingredienti che piacciono alle femmine, non importa il mezzo.” – ecco, una frase del genere, pronunciata da Silvia Gianatti in tutta innocenza e buona fede, dovrebbe far ‘drizzare le antenne’ proprio in quanto proveniente da una donna, la quale con tutta evidenza ritiene davvero che le ragazzine cui si rivolge, e con le quali dialoga in vari modi da anni, siano come ha deciso di rappresentarle nel suo fumetto e, purtroppo, come lei stessa ricorda di essere stata alla loro età. Quanto può essere forte il condizionamento sociale sulla percezione di sé all’interno dei generi e della società? Così forte da diventare subliminale e da non farci più rendere conto di esserci ormai trasformati nei più efficaci testimonials di quegli archetipi discriminatori che a parole diciamo di avversare e combattere? Mio malgrado, e in quanto maschio, sento di dover rispondere di sì.

Si dirà: che esagerazioni, non sono certo questi i problemi, in fondo si tratta solo di innocui passatempi per ragazzine! Di sicuro, però … quando, esattamente, iniziano a ‘divergere’ i maschi e le femmine? Quando comincia a scavarsi fra loro il solco che li porterà in età adulta a cogliere la differenza di trattamento e di rappresentazione? In quale momento, per dirla alla carlona, i bambini imparano che la società è edificata a loro misura, e in quale le bambine capiscono di doverlo accettare limitando inevitabilmente i propri sogni e le proprie inclinazioni? A che età i maschi introiettano la consapevolezza di potersi permettere molte più cose, di godere di maggiore impunità, di poter in generale pretendere di più rispetto alle femmine?

Ma le bambine non hanno davvero altro cui pensare?
Ma le bambine non hanno davvero altro cui pensare?

 Non si tratta di negare l’importanza dei legami sentimentali, né di quelli affettivi, e nemmeno di stigmatizzare le tante pubblicazioni incentrate su tali argomenti: il fatto è che ci si interroga su questi temi a qualsiasi età e, diciamo la verità, quasi mai arriva qualcuno che abbia delle risposte realmente efficaci per ognuno di noi! Perché siamo diversi, individui diversi, anche se di solito si fa di tutto per sembrare uguali e identici. In questo caso, poi, stiamo parlando di un prodotto editoriale, il cui scopo, stringendo, è sempre quello di vendere il numero più alto possibile di copie: dare per scontato che esista un grande bacino generalista di potenziali acquirenti pre-adolescenti cui rivolgersi risulta basilare nell’impostare un progetto del genere. E non chiediamoci se sia corretto, poiché il mercato funziona così.

La domanda da porsi è, piuttosto, se sia davvero è gratificante per una ragazzina venire ritratta in questo modo:

Mia nipote, 12 anni, i maschi li mena ancora. Giustamente.
Mia nipote, 12 anni, i maschi li mena ancora. Giustamente.

 E se, invece, si identificassero di più in queste qui?!

SI sa: le ragazzine sono molto, molto competitive ...
Si sa: le ragazzine sono molto, molto competitive …

 

E poi, perché dare per scontato che le bambine non leggono fumetti? Da bibliotecario, mi risulta invece che ne consumino molti, e spesso accompagnandoli con un altrettanto vorace consumo di libri, che tra l’altro non necessariamente hanno a che vedere con la loro biografia … perché, a mio parere, anche il mantra dell’identificazione come elemento imprescindibile del successo di un’operazione editoriale andrebbe ridimensionato: molte ragazzine sognano infatti di essere l’irrequieto Ulisse, piuttosto che la sua paziente moglie Penelope, e altrettante divorano libri e fumetti che, apparentemente, non parlano di primi amori o di difficoltà famigliari (o altri temi affini che spesso scadono in didascalismo e retorica) preferendo storie di avventure, di viaggio, di battaglie ed esplorazioni che ritrovano ancora in classici come ‘L’isola del tesoro’ o come in quello che io ritengo il suo vero erede contemporaneo, ovvero il manga ‘One Piece’ di Eiichiro Oda. Quest’ultimo, zeppo di ‘femmine’ combattive e potenti che spesso ‘mettono sotto’ gli avversari uomini a suon di botte. Senza peraltro risultare meno affascinanti agli occhi di questi ultimi, anzi!

Boa Hancock, regina delle amazzoni pirata, bellissima, altezzosa e letale: possiede l'Ambizione del Re Conquistatore, come il protagonista del manga, gli salva la vita e, pur essendone innamorata, non ne diventa l'ombra adorante.
Boa Hancock, regina delle amazzoni pirata, bellissima, altezzosa e letale: possiede l’Ambizione del Re Conquistatore, come il protagonista del manga, gli salva la vita e, pur essendone innamorata, non ne diventa l’ombra adorante.

Non sarà che il vero problema delle bambine ha inizio proprio nel momento in cui vengono definite ‘pre-adolescenti’ e quasi costrette a imparare trucchetti e malizie per corrispondere all’immagine stereotipata e un poco svenevole che, a mio parere, emerge anche dalle pagine di ‘Ci vorrebbe un’amica’? Non sarà che quella fantasia meravigliosa che prima, in quanto ‘bambine’, veniva tollerata, una volta entrate nell’angusto tunnel dell”adultescenza‘ viene poco a poco lasciata appassire per evitare che le future donne vogliano sfuggire in seguito ai propri ruoli precostituiti? Certo che no, che idee, oggi si può essere tutto … almeno, entro certi limiti. E senza mai rinnegare certe priorità. L’amore, appunto. E poi, la famiglia. L’amicizia. Etc.

La parola d’ordine per le donne di ieri e di oggi traspare in filigrana: accudire.

Insomma, ricordatevi sempre, bambine, che voi restate gli ‘angeli del focolare’ e pertanto avete delle incombenze precise, e fare il pirata non si concilia con esse. Le pirate non pensano ai doveri e alla famiglia. Al massimo, potrete travestirvi ogni tanto. Possibilmente carine e ammiccanti per i vostri maschietti. E’ molto meglio per voi pensare all’acconciatura. O a quanto è ‘figo’ quello lì.

Anche se non è vero. Anche se non è quello che desiderate. Anche se in realtà vorreste essere soltanto libere sul serio, come questa qui:

mica stava a sospirare dietro a un marmocchio, lei!
mica stava a sospirare dietro a un pischello, lei!

 

Mi rendo conto di stare pure io propagandando l’immagine ideale di come vorrei che fossero le bambine: un’immagine fuorviante e, forse, irreale quanto quella che ho provato a criticare.

Chissà cosa ne pensano le dirette interessate?

 Voi, cosa ne pensate?

 

Una risposta a “Cosa ci vorrà, davvero, per queste bambine?”

  1. Chissà come potrebbero crescere bambine e bambini allevati senza stereotipi. mi sa che non lo sapremo mai. Ma sono convinto che la realtà sia differente da come venga rappresentata da troppi prodotti da vendere.
    Personalmente non ritengo che disegnare le bambine vestite di rosa sia farle rientrare in uno stereotipo. Animatamente parlando Helga G. Pataky era vestita di rosa da capo a piedi e non credo che esista nell’animazione americana un personaggio più dirompente di lei in quanto rivendicazione di autodeterminazione e indipendenza femminile. Certo poteva essere fatto apposta per aumentare il contrasto tra idea comune e personaggio. Ma se conoscete la serie (Hey Arnold)capirete che il motivo non era quello.

    Ricordo che alle elementari tra maschi e femmine c’era una certa tensione e per quanto si stesse insieme e si comunicasse si tendeva a raggrupparsi e non mancavano diffidenze reciproche. In più nella mia classe c’era il bambino dalla voce vellutata che stava sempre con le bambine e veniva velatamente detestato dagli altri bambini in quanto “traditore”( o fanciullezza ingenua e innocente…).
    Ma ve la immaginate una cosa del genere a fumetti o cartoni? Solo Grazia Nidasio ha osato fare cose vagamente simili e sono passati trent’anni! Anche Monser allergy ormai è vecchio. Quando si tenta di nuovo?

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