10 Gennaio 2013 17:49

Francesco di Assisi a fumetti, in mostra al WOW

San Francesco - Luca SalvagnoCs: Dal 18 gennaio al 10 febbraio WOW Spazio Fumetto – Museo del Fumetto, dell’Illustrazione e dell’Immagine animata di Milano (Viale Campania 12) ospita una suggestiva mostra interamente dedicata alla vita, alle opere e ai Fioretti di San Francesco raccontati dalle stupende tavole di Luca Salvagno: 14 tavole originali di grande impatto e cariche di suggestioni che, intensità e suggestione, fanno immediatamente pensare alla Bibbia Pauperum e al ciclo di affreschi di Giotto nella Basilica di Assisi, ossia a due forme narrative antiche, riservate al popolo, che in qualche modo possiamo considerare antenate del fumetto moderno. Guardando più all’arte che all’illustrazione, infatti, i disegni di Salvagno hanno uno sviluppo orizzontale che rimanda ai classici cicli di affreschi o alle miniature mentre lo stile è un omaggio a maestri del fumetto come De Luca o Landolfi.

Il fumetto San Francesco, realizzato nel 2000 da Salvagno per Il Messaggero dei Ragazzi e pubblicato poi in volume, è il primo titolo di una nuova collana di app realizzate da Excalibur e Oku Studio per iPad e iPhone dedicate al fumetto d’autore.

Il fumetto, così come lo conosciamo oggi, ha radici antiche e profonde, radici che affondano nel terreno fertile degli affreschi medioevali. E, a quei secoli bui, possiamo far risalire l’invenzione del fumetto: non aveva ancora la classica forma della nuvoletta moderna, ma di una lunga striscia che usciva dalla bocca dei personaggi ritratti nelle miniature o negli affreschi. Quel cartiglio, chiamato “filatterio”, riportava le didascalie dell’immagine.

Sempre nel medesimo periodo comparve anche la cosiddetta Bibbia Pauperum: un racconto della vita di Cristo realizzata con grandi tavole suddivise in riquadri illustrati accompagnati da versetti e frasette di spiegazione. Proprio come le avventure del Signor Bonaventura pubblicate dal “Corriere dei Piccoli” qualche secolo più tardi.

Vita di san Francesco 6 - Luca SalvagnoUno scritto di Piero Bargellini, autore e uomo politico di ispirazione cattolica ricordato anche per essere stato sindaco di Firenze durante l’alluvione del 1966, ci aiuta a capire le ragioni per cui Francesco ha stimolato alcuni dei maggiori autori italiani a cimentati con la sua vita: “Per dimostrare di rinunziare alla violenza, alla ricchezza, alla proprietà, ai piaceri, si sfibbiò la cintura e al suo posto cinse sui fianchi una corda annodata. A quell’epoca tutto veniva portato in cintola: la spada, la borsa del denaro, il calamaio, i guanti; Francesco, gettando via la sua, fece vedere come gettasse via la spada della violenza, la borsa della ricchezza, il calamaio dei contratti scritti, i guanti dell’eleganza, ecc. Per far vedere come si potesse esercitare la carità in maniera eroica, abbracciò uno di quei lebbrosi che tutti fuggivano. Per dimostrare che la bontà vince ogni crudeltà, andò incontro al lupo di Gubbio e gli tese fraternamente la mano…”. Scrive ancora Bargellini: “Tuttavia non bastava. I seguaci di San Francesco capirono che una raffigurazione più stabile e permanente sarebbe stata più efficace per far vedere e far capire meglio. Far vedere e far capire, non per mezzo di parole ma per mezzo delle immagini, è il compito dell’arte figurativa. E l’arte figurativa venne chiamata dai Francescani a far da maestra a tutto il popolo dei liberi Comuni. Ecco perché l’esempio e l’incitamento di Francesco d’Assisi ebbero uno straordinario riflesso nel campo dell’arte”.

Vita di san Francesco 8 - Luca Salvagno“Far vedere per far capire!”: questa fu la nuova parola d’ordine, portata da Francesco fra il popolo delle città comunali. E dopo di lui, dopo i suoi frati, il messaggio venne accolto dagli artisti, che resero visibili le verità della Fede con le loro figurazioni in pittura e in scultura. Fu così che le mura stesse diventarono “parlanti”, per mezzo dei cicli pittorici, formanti la cosiddetta Bibbia dei poveri. Infatti, i poveri, che non sapevano leggere e non possedevano libri, capivano benissimo il linguaggio figurato dell’arte, come un bambino sa interpretare i moderni fumetti. Si potrebbe dire che il fumetto nacque sette secoli fa con san Francesco d’Assisi. Non perché egli fosse un pittore, ma perché fu un meraviglioso e sublime giullare di Dio. Con i suo esempio ispirò tutta l’arte nuova, cioè l’arte figurativa ed espressiva. Arte che, a sua volta, ha ispirato anche i moderni creatori di fumetti.

Sicuramente gli affreschi di Giotto di Assisi, come le miniature che illustrano il codice della Leggenda maggiore di San Bonaventura, conservato presso l’Istituto Storico dei Cappuccini a Roma, sono stata la fonte di ispirazione del lavoro di Salvagno e del suo coraggio esperimento. Partendo dai Fioretti, e mantenendo una notevole fedeltà al testo per non alterare il sapore della lingua delle origini, Salvagno ha realizzato 14 tavole su doppia pagina che colpiscono per il bilanciamento del bianco e nero e per la ricchezza dei particolari mentre l’impostazione grafica da una parte invita l’occhio di spaziare sul paesaggio ma contemporaneamente lo costringe a soffermarsi sul particolare.

QUANDO FRANCESCO

San Francesco a fumetti secondo Luca Salvagno

dalla carta al digitale

18 gennaio – 10 febbraio 2012

WOW SPAZIO FUMETTO

Viale Campania 12 – Milano

Info: 02 49524744 – www.museowow.it – Ingresso libero

http://sanfrancescoafumetti.blogspot.it/

L’autore

Tavola tratta da "A Laude di Gesù Cristo e del Poverello Francesco"

Tavole e testi di Luca Salvagno
Edizioni Messagero Padova

UNA MATITA PER ACCOGLIERE 
Museo dei Beni Culturali Cappuccini Via Kramer, 5 - Milano - Tel. 02.77122321Luca Salvagno nasce nasce a Chioggia il 4 luglio 1962. Diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Venezia esordisce sulle pagine de Il Messaggero dei Ragazzi nel 1988. La sua passione per il fumetto è antica, a 6 anni fumetta a biro sui quaderni e in quarta elementare passa alla china e al cartoncino da disegno, e va di pari passo con la passione per il lavoro di Jacovitti. Questa passione lo porta a esordire come colorista delle ultime tavole del maestro e in seguito, a continuare, realizzando sceneggiature e disegni, il personaggio di Cocco Bill.

Nel 1997 inizia la collaborazione, che dura ancora oggi, con Il Giornalino passando tranquillamente da storie umoristiche a storie di avventura.

Tra le sue collaborazioni va anche ricordata la Storia d’Italia a Fumetti e la Storia del mondo a fumetti di Biagi. Da non dimenticare poi Asinus, un fantasy in piena regola, e Le avventure di Cacio Galilla divertita e documentata serie che ripercorre le vicende dell’Italia sotto il regime fascista attraverso gli occhi di un ragazzino di dieci anni.

Attualmente sta lavorando a una serie, Piccoli grandi uomini, scritta da De Angelis per Il Giornalino, e ha “raccontato” l’infanzia di Chaplin, di Rodari e di san Francesco.

La app

Pubblicato inizialmente a puntate su Il Messaggero dei Ragazzi, questo racconto della vita di San Francesco attraverso la rilettura grafica di alcuni dei Fioretti, nel 2005 venne pubblicata in volume con il titolo A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco.

Oggi, con il titolo San Francesco, è il primo volume di una collana di app per iPad e iPhone dedicata al fumetto italiano d’autore realizzata da Excalibur e Oku Studio. Rispetto alla prima edizione cartacea è stata arricchita da quattro nuove tavole e da una serie di extra dedicati a Salvagno e ai suoi lavori. Tra gli extra anche alcuni approfondimenti dedicarti a san Francesco nei fumetti e nel cinema e all’iconografia del Poverello di Assisi. Ogni articolo è accompagnato da una ricca galleria di immagini fotografiche.

La app San Francesco sarà disponibile su App Store a 4,49 euro a partire da fine gennaio. Inoltre, in occasione dell’Anno della Cultura Italiana negli Stati Uniti, verrà realizzata anche un’edizione in inglese.

Luca Salvagno: io e San Francesco

Che vergogna, ho impostato tutta la lavorazione e lo stile del fumetto sul rispetto del testo originale e oggi non ricordo con precisione di quale testo si tratta!!! A mia vaghissima discolpa sta il fatto che la lavorazione è cominciata nell’estate del 2000, quanti anni fa?

Non vivevo a Padova, non ero fidanzato, non ero sposato, non ero padre… era un’altra vita, e dell’altra vita ho ricordi parziali, parzialissimi. Ricordo a bocconi, a spizzichi… a vanvera, più spesso.

Padre Fabio Scarsato (allora direttore del Messaggero dei Ragazzi) mi propose di ricavare 4 tavole dal capitolo dei Fioretti riguardante i Ladroni di Montecasale da pubblicare per la festività del santo d’Assisi nell’ottobre dello stesso anno. Molto ci sarebbe da dire e ricordare sul tipo di fraternità e collaborazione che allora s’era creata attorno alla redazione della pubblicazione in questione ma la situazione è molto cambiata…

Conoscevo abbastanza bene il lavoro che Dino Battaglia aveva maestralmente creato per le stesse pagine. Per diverso tempo avevo addirittura condiviso lo “spazio fisico” nella stanza del direttore con gli originali. Come grafico/illustratore part-time, disegnavo nella stanza adiacente alla redazione… quella del direttore. Anche le suggestive tavole stazionavano lì, ordinatamente accatastate a un muro, nelle stesse bacheche che le avevano contenute negli anni precedenti al museo francescano della Basilica del Santo, a Padova. Anche se all’epoca del mio coinvolgimento “francescano” Laura Battaglia le aveva riprese, ricordando ai responsabili l’accordo che le concedeva a patto che fossero esposte…

Quindi avevo pensato opportuno distaccarmene nella maniera più evidente: Battaglia ne aveva prodotto una versione realistica, assieme poetica e palpabile. Aveva riportato l’uomo fra i paesaggi, le strade, le atmosfere della sua concreta esperienza. Una lettura che risultava credibile e contemporanea al lettore che vi si accostava… io avrei cercato di spostare la visione del lettore “più vicino” alla fonte narrativa (seppur usando stili generali e metodi innegabilmente contemporanei).A partire dal testo, snellito per una lettura da “fumetto” ma che cercava di mantenere il sapore di un’altra epoca. Arrivando a trattenere non solo alcuni antichi modi di dire ma anche a contrarre termini e preposizioni in modo da far sentire il “parlato” d’allora nella sua “scorrevolezza”, accorciare le parole accostandole è tipico (suppongo) delle forme linguistiche parlate, più che di quelle scritte. Le immagini sarebbero state volutamente sviluppate su modi, stili, maniere coeve, o molto vicine agli accadimenti. Non nascondendo l’intenzione di rendere gli aspetti più agiografici o “incredibili” plausibili dal punto di vista iconografico. Avrei dovuto realizzare 4 tavole ogni anno. Lo stile ne ha necessariamente risentito. La partenza era volutamente sperimentale. Le scelte sono maturate nel tempo, non decidendole a priori, frutto di una libertà che non ho più avuto in quella quantità. L’impaginazione era progettata a “doppia pagina” orizzontale, volutamente senza la suddivisioni tradizionale in vignette ortogonalmente accostate. La leggibilità orizzontale delle due tavole affiancate è perfetta per “raccontare”, come negli affreschi. Nelle mie visioni (viscere immaginative) ci stanno tutti gli autori che ho amato e che, da fantolìn a omofàto, hanno plasmato i miei percorsi grafici: De Luca il venerabile, magister Toppi, Druillet les psychédélique, il Landolfi donchisciottesco, il funambolico Pazienza, Brasioli l’arabescatore, l’Hogart finale. Questi rispetto solo l’impaginazione, molti altri ancora per l’effetto totale del racconto: Giraud, Micheluzzi, Battaglia, Capitanio, Breccia padre e figlio… La stessa carta ruvida e gli stessi pennini che usavo per stilare Cocco Bill…

L’idea di miscelare e trovare un “accordo visivo” plausibile tra documentazione fotografica e ricerca iconografica è stato uno dei filoni principali del lavoro. Realtà e immaginario in una rappresentazione contemporaneamente ricca (più fonti stilistiche) e essenziale (la scelta del bianco e nero). Scelta che poteva risultare irritante e criticabile in una pubblicazione per ragazzi. Rendo merito al coraggio dell’allora direttore, che ogni tanto voleva riportare l’aspro, il “crudo” e il “duro” della realtà ai suoi ragazzi. In effetti era un pretesto per spingere oltre il limite dell’età e della piacevolezza scontata l’opportunità di raccontare un’esperienza vivida, entusiasmante ma profondamente segnata da sirocchia sorella Povertà. A conferma della non facile “piacevolezza”… chiedendo ai commessi delle librerie che avevano in catalogo anche i “Fioretti” di Battaglia il mio libro veniva distinto come “quello brutto”, il fratello povero del “Poverello”…

La lavorazione si è dipanata per cinque anni, non c’era un progetto iniziale preciso. Inizialmente I testi erano suggeriti dal direttore. La pubblicazione delle tavole si è spostata, dopo solo tre episodi, per un cambio alla direzione (e la relativa sospensione del progetto) dalle pagine del Messaggero dei Ragazzi a quelle di Giona, uno stampato localissimo legato alle attività del villaggio antoniano che appena fuori Padova si occupa di disagio giovanile e altre significative attività. Per le rimanenti 12 tavole continuava lo spirito francescano e iniziava la paga francescana: tanto entusiasmo.

Nel 2005 il Villaggio festeggiava il 50° anno d’attività e d’esistenza, tra le varie manifestazioni pensarono di raccogliere e far pubblicare le tavole su Francesco che fino ad allora avevo prodotto (altre 4 ne feci a pubblicazione avvenuta).

Fino ad adesso ho scritto molto di “io”, vediamo se mi riesce di comunicare qualcosa sul “san Francesco” che ho incontrato. Senza dubbio devo tornare al testo, alle parole. Può sembrare contorto o distante ma io disegno bene solo se prima digerisco un bel po’ di parole. Mi servono per indirizzare le ricerche, chiarire le situazioni e strutturare le immagini. Ogni cosa va’ costruita per bene, con le parole giuste. Più ne associo e più l’immagine ne acquista in originalità e chiarezza. Le parole dei Fioretti sono immediatamente evocative, le situazioni plastiche e i commenti in bilico tra un’ascesi “a razzo verticale” e una concretezza piena di humus e suppellettili d’ogni sorta. Arnesi di ferro e di legno dentro case di legno, di ferro e di pietra. Giovanni detto Francesco lascia il ferro, ripara la pietra e si fa crocifiggere senza legno. Una vita scabra tra due realtà ricche di decorazione: le stoffe del padre e gli affreschi della Basilica. Vita scabra ma non povera di bellezza, la natura in tutte le sue manifestazioni come Bellezza del creato/Creatore. Da disegnare ce n’era per tutti i gusti… davvero. Senza contare i tipi umani che fanno capolino dalle vicende. A partire da Francesco in bilico tra la bellezza del giovane cavaliere e la poca salute del pellegrino un po’ eremita e un po’ predicatore. Stortignaccolo nelle prime raffigurazioni e di sicuro anche negli ultimi anni della sua esistenza terrena. “Stortignaccolo” anche nel percorso di fede. Iniziali fraintendimenti di eresia? Esagerata aderenza a madonna povertà. Troppa libertà nel desiderare dei francescani/laici e troppa rigidità nel desiderare che una comunità religiosa, in esplodente espansione, potesse realmente vivere come sirocchie sorelle allodole… Un santo talmente “sùbito” che eran ancora tutti lì quelli che lo avevano deriso per le sue mattane iniziali.