29 Ottobre 2012 01:24

Diabolik, un mito lungo mezzo secolo

DK prima serie n° 1Nel novembre del 1962 apparve il primo numero di un nuovo albo a fumetti, intitolato "Il re del terrore". Il protagonista era un inafferrabile ladro, una sorta di genio del male che da allora ha compiuto centinaia di mirabolanti imprese che hanno affascinato milioni di lettori. All’origine di un successo così duraturo ci sono state una serie di circostanze, che oggi sembrano singolari leggende  metropolitane, mentre erano del tutto vere. Per prima cosa l’origine del personaggio e delle storie, ideate da due sorelle milanesi, Angela e Luciana Giussani, che volevano pubblicare un albo che fornisse ai pendolari – allora nei treni si viaggiava seduti – un’oretta di facile lettura. Angela era la  moglie dell’editore Gino Sansoni, e il primo ostacolo fu subito  superato. Il primo albo venne disegnato da un certo Zarcone, che già collaborava con la casa editrice: era probabilmente altoatesino (veniva chiamato "il tedesco"), ma dopo aver consegnato le tavole scomparve, e non fu neppure pagato. Le sorelle Giussani erano appassionate dei personaggi della letteratura d’appendice, come Rocambole, Arsenio Lupin o Fantomas, e modellarono Diabolik sui loro eroi, soprattutto sull’ultimo. Ma ogni tanto infilavano nelle loro storie situazioni ispirate alle imprese di Fantomas, come quella volta che Diabolik nascose il corpo di un suo nemico all’interno di una campana, come un macabro batacchio. Erano solo citazioni, come si dice oggi, ma ben presto scomparvero, cosìZANIBONI Sguardi nell'ombra le avventure del celebre ladro assunsero un taglio del tutto originale. Tutti questi episodi alimentarono il mito di Diabolik che crebbe ulteriormente quando moralisti e giudici cercarono di porlo sotto accusa perché istigava alla violenza e corrompeva i giovani. Con Diabolik è entrato nel mondo del fumetto il mito dell’eroe negativo, del "cattivo" in perenne lotta con la polizia, in un drammatico ed eterno gioco di guardie e ladri, un gioco che è da sempre alla base di ogni storia poliziesca o d’avventura. Era tempo, disse Gino Sansoni in una delle primi edizioni del Salone di Lucca, di rovesciare la carte: basta con i soliti e prevedibili finali di film western, polizieschi, avventurosi, ecc. in cui i cattivi fanno una brutta fine e il Bene trionfa. Ciò non significa che Diabolik sia l’immagine del Male, anzi a ben guardare è fin troppo moralista, da tempo non uccide più, ruba ai ricchi, ai truffatori, agli speculatori, anche ai banchieri, forse fa anche beneficienza e soprattutto è fedele alla sua Eva Kant,  compagna di vita e di imprese criminose sin dalla prima apparizione, sul numero 3 del marzo 1963. Rispetto a Fantomas e colleghi del lontano passato, Diabolik è un personaggio moderno, si sposta su una velocissima Jaguar, superaccessoriata con trucchi vari come l’Aston Martin dell’agente 007 di cui in fondo è coetaneo. Il suo avversario di sempre è l’ispettore Ginko, quasi un perdente nato (poche volte è riuscito a incastrarlo, invano però), un poliziotto ricco di energia, intelligenza, tenace e astuto. I due si affrontano con coraggio, ostinazione, perfino cavalleria in un duello di cui il lettore conosce già la fine, ma che ogni volta riserva sorprese, perché Diabolik è un personaggio capace di mille risorse, che ricorre alla scienza e alla tecnologia, con i rifugi segreti, le vie di fuga imprevedibili, i mille travestimenti e tutte le altre trovate, inattese per lo più, che  costituiscono spesso il meglio della storia. Per questo gli albi di Diabolik si apprezzano non tanto, e non solo, per le immagini, quasi sempre opera di ottimi disegnatori, ma soprattutto per le sceneggiature, per i testi che dopo la  scomparsa delle Giussani sono scritti da autori di grande valore, creatori di storie avvincenti, da Mario Gomboli, ora alla guida dell’Astorina, la casa editrice della collana, ad Alfredo Castelli, da Patricia  Martinelli a Tito Faraci, e tanti altri che in mezzo secolo hanno contribuito a edificare il mito di Diabolik. (Carlo Scaringi).