22 Ottobre 2012 20:17

View conference 2012, la migliore edizione di sempre!

Da Lunedì 15 a domenica 19 ottobre si è svolta la tredicesima edizione del ‘View Conference 2012’, elettrizzante manifestazione internazionale che ha portato al Centro Congressi di Torino alcune delle più grandi menti dell’animazione digitale mondiale.

Il giudizio unanime di chi ha seguito l’evento è stato altamente positivo. In cinque giorni si sono alternati conferenze, seminari e workshop tenuti da maestri eccezionali, disposti a svelare i loro “segreti” e capaci di indicare i modi migliori per organizzare le proprie idee. Ultima proposta, nel campo dei videogiochi, è quella di portare il giocatore a provare empatia verso i personaggi. Per quanto riguarda il cinema, invece, l’intento è quello di inventare mondi sempre più incredibili.

Dalla prima giornata (Pre-View) all’ultima si sono svolti seminari rivolti oltre che ai professionisti anche alle scolaresche. Uno di questi è stato quello dell’illustratore e art director francese David Revoy, il quale ha  presentato l’ottimo programma d’illustrazione Open Source Krita 2.5, un corso complesso durato cinque giorni.

Questa edizione è stata eccezionale grazie al gran numero di ospiti prestigiosi: Glenn Entis, uno dei padri dell’animazione digitale, si è dimostrato carico della voglia di dare preziosi consigli ai giovani; lo stesso vale per il duo della saga di Madagascar, il regista Eric Darnell e il character animator Rex Grignon, ansiosi di lanciarsi in qualunque altro progetto che nulla abbia a che fare con Madagascar; il regista Genndy Tartakovsky, ha presentato il suo primo lungometraggio: ”Hotel Transilvania”; Il game maker Josh Holmes ha presentato l’anteprima mondiale di ‘Halo 4’; l’autore indipendente Chris Perry, seriamente impegnato nell’aprire il mondo dell’animazione digitale a nuove e più profonde tematiche grazie ai nuovi mezzi di diffusione e l’uso di programmi open source; Vander Caballero, game maker, ha presentato il suo primo gioco da indipendente “Papo & Yo”, primo videogioco autobiografico che tenta di instaurare empatia tra il giocatore e il protagonista; Tristan Oliver, direttore della fotografia di molti film stop motion, tra i quali il recente “Paranorman”; Habib Zargarpour, che si occupa dello sviluppo sia di videogiochi che di film; Erminio Pinque, performer e art director geniale; Gary Rydstrom, considerato il guru del sound design; Dan Attias, regista di alcuni tra i telefilm migliori degli ultimi trent’anni; Marco Genovesi, italiano trapiantato negli Usa, che ha curato gli effetti speciali di molti film, ha presentato quelli prodotti per  “Prometheus”; Dan Glass, mago degli effetti speciali, che in una prima europea presenta gli effetti speciali prodotti per “Cloud Atlas”, film di prossima uscita che promette meraviglie; Paul Franklin, supervisore agli effetti speciali dell’ultimo film su Batman “The dark knight rises”; Mark Walsh scrittore e regista del nuovo cortometraggio Pixar “Non c’è festa senza Rex”, presentato in prima visione europea tra l’allegria generale.

Durante le discussioni delle giornate sono emersi molti argomenti interessanti e curiosità su film e videogiochi. Ad esempio, i registi sono d’accordo nel mettere storia e recitazione al primo posto rispetto alla tecnica. Eric Darnell ha spiegato come siano arrivati alla storia del terzo episodio di Madagascar inserendo il circo non solo per permettere il viaggio degli animali attraverso l’Europa, ma anche per sfruttarne le qualità istrioniche dei protagonisti e farli interagire con gli umani. Darnell ha spiegato come particolare importanza sia stata data fin dall’inizio alla scena dello spettacolo circense principale, mostrando le diverse versioni tentate prima della definitiva e raccontando che fino all’ultimo momento non avevano alcuna certezza di cosa sarebbe stato fatto, ma sapevano di dover fare qualcosa di grandioso.

 

 

Genny Tartakovsky, grande nome dell’animazione televisiva, dopo aver mostrato alcune parti del suo primo lungometraggio “Hotel Transilvania” (presentato in anteprima europea domenica 21), ha parlato dell’iniziale difficoltà avuta nell’inserirsi in un progetto che al suo arrivo alla Sony era già in lavorazione da cinque anni, con scenografie assai cupe e personaggi ormai definiti. Con grande sincerità ha ammesso di non sapere nulla di animazione CG e di capire poco quel mondo, essendo un animatore tradizionale legato allo stile dei grandi come Tex Avery. Quello che ha fatto nel film è stato modificare i personaggi troppo seri e poco cartooneschi, concentrarsi sulla storia, ridefinendo nuovamente le scene comiche e cercando la deformazione comica dei personaggi E’ riuscito così a cambiare il ritmo generale del film ottenendo risultati insperati e un prodotto divertente e originale, nonostante abbia come protagonista il conte Dracula (qui padre apprensivo di una figlia adolescente e proprietario di un Hotel vietatissimo agli umani) e altri mostri sfruttati in centinaia di film. Il risultato è piaciuto talmente tanto, che la Sony gli ha già proposto la regia per altri due film di cui uno sarà su Popeye.  

Dan Attias ha spiegato il suo modo di fare regia iniziando a raccontare una fiaba. “Tutto sta nel saper raccontare le storie, rispettando gli attori” ha detto. Infatti, quando gli attori recitano fa sempre in modo che riescano a immedesimarsi nel personaggio. Cerca, inoltre, di trovare escamotage per approfondire il testo della sceneggiatura, utilizzando luci e inquadrature appropriate. La visione di alcune parti tratte da ‘Dr House’ e ‘I Soprano’, accompagnate dalla sua spiegazione, lasciano senza fiato il pubblico. Persino ospiti già affermati come registi prendono appunti. Il pensiero generale è che le produzioni televisive abbiano surclassato per originalità e coraggio quelle cinematografiche troppo legate all’incasso.

 

 

Molto interessante è stato il discorso fatto dal game maker Vander Caballero, il quale, partendo dall’idea che la cosa più importante sono la storia e la narrazione, ha raccontato del suo modo di vedere i videogiochi come l’unico strumento in grado di far rivivere una vicenda dal punto di vista del protagonista che è in grado di far compiere azioni a più persone. Questa caratteristica, purtroppo, è stata usata solo per quel che riguarda sentimenti come la rabbia, l’estasi e la paura, provando raramente ad avvicinarsi all’amore, all’amicizia o all’empatia. Questo ha portato Caballero a tentare di fare il contrario con un videogioco autobiografico intitolato “Papo & Yo”, prodotto dalla ditta da lui fondata dopo aver lavorato per le maggiori case del settore. Grazie all’uso di alcune metafore racconta la sua infanzia vissuta con il padre alcolizzato, che nel gioco diviene un mostro buono che diventa terribile appena mangia delle rana (cosa di cui non può fare a meno). Durante il gioco il bambino dovrà tentare di curarlo recuperando un elemento magico, ma sarà davvero possibile guarirlo? Questo gioco molto coraggioso ha provocato un certo scalpore nell’ambiente ricevendo vari elogi che lo vogliono come una svolta significativa nella storia del videogioco. L’autore si dice particolarmente orgoglioso, soprattutto, di ricevere molte lettere di genitori che lo ringraziano perché giocando insieme ai figli hanno migliorato il rapporto con questi. Una cosa simile con i videogiochi ‘sparatutto’ non gli era mai capitato.

La presentazione in anteprima mondiale di ‘Halo 4’ è stata attesa dai molti fans sfegatati di questa storia, che, partita dal videogioco, si è diramata in fumetti, romanzi, serie tv e tante altre forme che l’entusiasta  creative director Josh Holmes vuole tenere unite con un difficile sforzo che tutti gli dicono essere impossibile. Il nuovo capitolo aggiunge alla già complicata storia altri elementi inseriti soprattutto per aumentare l’umanità del protagonista, alle prese non solo con una nuova minaccia aliena ma con il deperimento mentale dell’unico essere a cui è davvero legato: l’intelligenza artificiale Katana. Questa scelta è stata fatta da Holmes in quanto da due anni vive una situazione simile con la madre, malata di demenza senile.

Chris Perry ha lavorato per le grandi produzioni della Pixar prima di mettersi in proprio fondando la ‘Bit Film’, un’istituzione nata allo scopo di aiutare i giovani cineasti indipendenti a realizzare i loro film partendo da fondi quasi inesistenti. L’idea del fondatore è che le attuali produzioni abbiano tradito le premesse aperte da ‘Toy Story’ nel ’95, buttandosi in film dagli effetti sempre più manierati, fino a giungere ad un realismo bello ma esagerato e inutile alla storia. I nuovi mezzi devono consentire a tutti di produrre i propri film senza cercare l’effetto ultra realistico a tutti i costi. Usando programmi open source si ottengono già buoni risultati; successivamente bisogna concentrarsi sulle storie, affrontando anche temi non commerciali ma di denuncia. Con queste premesse la ‘Bit Film’ ha prodotto quattro corti tecnicamente semplici ma che offrono storie e punti di vista decisamente interessanti ricevendo premi e attenzione.

 

 

Eventi “blindati” sono stati l’anteprima mondiale degli effetti speciali del film “Cloud Atlas” e lo speciale su quelli prodotti per “The Dark Knight Rises”. Durante il primo, l’incredibile Dan Glass ha mostrato le meraviglie realizzate per questo film, in uscita a fine anno, dalla storia intricata e dagli incredibili risultati visivi. Da quanto dice, sembra sia stato impiegato più tempo per cercare i finanziamenti che per girarlo e post produrlo (cosa che ha richiesto poco più di un anno). Lui stesso è stupito della brevità del lavoro, ma questo è stato così faticoso che forse non lo rifarebbe mai più. Per quanto riguarda l’ultimo film di Batman, Paul Franklin ha mostrato delle foto fatte durante le riprese. La segretezza, in questo caso, riguardava non tanto gli effetti fatti al computer, quanto le macchine ‘vere’ realizzate per soddisfare la necessità di realismo del regista.

Molto seguito è stato il workshop di Gary Rydstrom, il mago del sound design, che ha ricevuto sette oscar su sedici nomination lavorando ad almeno novanta film tra cui “Jurassic park” e molti della Pixar (ha anche diretto il corto “Hawaian dream”). Dal suo discorso si evince quanto non sia importante trovare il rumore reale di ciò che si sonorizza, ma che questo sia il suo suono appropriato. Così, ad esempio, per fare il fischio di una bomba si può usare quello fatto da un bollitore, mentre quello della bomba può diventare il suono di un’astronave.

Uno degli eventi più attesi è stata l’anteprima europea dell’ultimo cortometraggio Pixar “Partysaurus Rex” (“Non c’è festa senza Rex” che verrà proiettato prima della versione stereoscopica di Nemo durante l’anteprima di sabato 20 ottobre), presentato dal regista Mark Walsh, che, con i suoi trentasette anni è già un veterano dello studio, con quindici anni di esperienza e ruoli di importanza nell’animazione di “A bugs life” e “Alla ricerca di Nemo”. Il corto coinvolge i personaggi del film “Toy story”, in particolare il timido e impacciato dinosauro Rex, considerato un guastafeste dagli amici. Quando, però, viene portato tra i giochi da bagno si presenta come un festaiolo e organizza una festa nella vasca che finisce con lo sfuggirgli di mano con effetti esilaranti. L’evoluzione del corto viene mostrata in ogni sua parte dalla prima versione alla definitiva con tutti i cambiamenti fatti e i suggerimenti avuti sia dal capo John Lasseter che dai colleghi. La realizzazione del corto è stata affidata al piccolo studio Pixar canadese di Vancouver, una struttura molto recente formata da una squadra di soli sedici artisti tutti giovani e entusiasti. Li è stato materialmente realizzato il corto e presentato in anteprima con una grande festa. L’autore racconta di aver scelto il personaggio di Rex perché da bambino era anche lui timido e impacciato  e avrebbe voluto essere diverso.

 

Questo è soltanto un piccolo riassunto di quello che è successo. Ci sarebbe molto da dire su tante altre cose, come i laboratori che questi grandi artisti hanno fatto nelle scuole elementari. Una situazione inconsueta, voluta per spronare i bambini verso questo mondo. Tutto questo in un festival che negli anni è andato crescendo d’importanza, diventando il secondo d’Europa dopo il Siggraph, e questo nonostante i continui tagli ai fondi e il conseguente rischio di non poter organizzare il festival l’anno successivo. L’evento torinese consente maggiore fraternizzazione tra gli ospiti, mettendoli in grado di scambiare idee, imparando l’uno dall’altro e permette a chi segue i corsi di imparare molto senza dover pagare costi d’iscrizione eccessivamente alti. Molte società che hanno mandato i loro rappresentanti hanno già detto che torneranno l’anno prossimo. Chissà che non si riesca a superare questa edizione.