9 Giugno 2011 17:13

Da Annecy: prime visioni

Dal nostro inviato ad Annecy: Troppe cose da vedere e da ascoltare al Festival di Annecy…almeno per le inadeguate risorse dello scrivente! Viceversa, le centinaia di entusiasti ragazzi che affollano anche quest’anno la bella cittadina francese in occasione della tradizionale rassegna internazionale sul cinema di animazione (giunta al 51. anno!) sembrano dotati di un’inesauribile vitalità: al mattino corrono al MIFA per esibire i propri show-reel a potenziali datori di lavoro (tra cui Disney, Pixar e Dreamworks: la piazza d’onore di questa edizione va agli USA) o partecipare alle fondamentali lezioni tenute dai migliori professionisti del settore; al pomeriggio eccoli affrontare impavidi code chilometriche per assistere alle tante proiezioni in programma: dalle (spesso) ottime opere in concorso alle numerose anteprime ce n’è davvero per tutti i gusti. Tra l’altro ai progetti selezionati per essere presentati al Carrefour de l’emploi vengono affiancati dei tutor affinché al di là dell’esito finale questa diventi un’esperienza comunque formativa per il futuro: in Italia avremmo molto bisogno di occasioni del genere, il Pitch Me! non basta, e comunque si ha come unico referente RaiFiction. I lungometraggi: iniziamo con due opere in concorso che hanno in comune la paternità franco-belga e il protagonista principale, ossia un gatto: ‘Une vie de chat’ di Jean-Loup Felicioli e Alain Gagnol e ‘Le chat du rabbin’ di Joan Sfar e Antoine Delesveaux. A differenza di altri di cui parlerò prossimamente è probabile che questi due film li vedremo anche in Italia, sperando non li stravolgano nel doppiaggio (soprattutto il secondo, visti i temi trattati). ‘Une vie de chat‘ narra della doppia vita di un intraprendente felino dal pelo bigio che di notte aiuta uno svaligiatore acrobata nelle sue scorribande sui tetti mentre di giorno è il beniamino di una bimba, Zoe, resa muta dal trauma per l’assassinio del padre poliziotto da parte di un feroce gangster alla cui cattura la madre magistrato dedica tutto il suo tempo, trascurandola. Le vicende di queste due solitudini complementari finiranno con l’incrociarsi proprio grazie al gatto, ma senza svelare altro sulla trama azzarderei che il vero difetto del film sta proprio nel non sapere sfruttare appieno il dramma di partenza edulcorando eccessivamente la figura del ‘vilain’, protagonista di tutti i momenti comici e talmente vitale da risultare addirittura ‘simpatico’ e financo toccante nel suo perseguire un suo sogno infantile; la trama risolve poi troppo facilmente la rabbia vendicatrice della madre, e forse anche l’afasia psicosomatica di Zoe ma d’altra parte questa è una costante dei prodotti targati Folimage, rivolti soprattutto alle famiglie. L’animazione di contro è assai fluida, ‘felina’ appunto, e le sequenze sui tetti valgono da sole la visione ed è rinfrescante lo stile ‘europeo’ del tratto, per cui il film va di sicuro inserito nella rosa dei pretendenti alla vittoria finale anche se a mio parere non arriva a competere con il sulfureo e logorroico protagonista del rivale ‘Le chat du rabbin’ di cui parlerò nel prossimo post.