17 Luglio 2009 00:06

Un Palazzo Reale per Forattini

Può sembrare una contraddizione, una delle tante che hanno costellato il cammino artistico di Giorgio Forattini. Il principe della satira disegnata, quello che ha sempre combattuto contro tutti i Palazzi del potere, è adesso ospite del Palazzo Reale di Milano per una grande mostra voluta dal Comune e ospitata appunto – fino al prossimo 27 settembre – nelle sale del celebre monumento milanese. E’ dai primi anni Settanta – in pratica dal referendum sul divorzio che festeggiò con la celebre vignetta sul “tappo” Fanfani – che Forattini disegna e commenta con originale cattiveria fatti e misfatti della politica italiana, e non solo. Saranno almeno diecimila le vignette di questo autore, ospitate a lungo sui maggiori quotidiani italiani e su Panorama, dove ogni settimana propone un’irriverente “mascalzonata”. Il titolo della mostra milanese è: “Forattini, coraggio, libertà e sberleffo” e racchiude sinteticamente tutta la storia civile di questo vignettista, potremmo definirlo così, se il termine non fosse riduttivo. Più che vignettista, Forattini è un editorialista, un giornalista di quelli che fanno opinione. Questi usano la parola scritta, Forattini, molto più sbrigativamente, usa il pennarello o la matita, ottenendo lo stesso risultato, senza troppi giri di parole e senza annoiare. La mostra milanese propone il “meglio” di Forattini: centinaia di vignette, oggetti, giochi, gigantografie, in una sorta di campionario della storia e dei personaggi dell’Italia degli ultimi trent’anni, che spesso Forattini ha caratterizzato con pochi, indovinati tratti. Se Craxi indossava gli stivali mussoliniani, Berlusconi è stato un moderno Paperone, mentre Veltroni è diventato un bruco e Prodi un parroco di campagna che era pappa e ciccia con il sindaco Peppone. Pochi sono sfuggiti alla sua ironia, dal gobbo Andreotti (il bersaglio preferito, almeno 700 vignette) allo scheletro Fassino, allo Spadolini nudo, e via continuando, in un caleidoscopio cattivo, caustico, graffiante, ma in fondo realistico. In questa mostra c’è forse una lacuna: manca, per esempio, una vignetta di Jacovitti, quando nell’immediato dopoguerra si dedicava alla satira. In quegli anni il futuro papà di Cocco Bill si divertiva a disegnare il simbolo del comunismo sostituendo il martello con la Croce cattolica. Molti anni dopo Forattini disegnava Prodi che inalberava un vessillo con la falce e la croce. Sembrava quasi un involontario e riuscito incontro tra i due maggiori autori della satira disegnata, entrambi sufficientemente cattivi, a loro modo estremisti, ma di centro, come diceva il grande Jac. [Articolo di Carlo Scaringi]