Prendere la vita con leggerezza

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Ne parlava Italo Calvino, con un’accezione positiva, e non sarà certo stato l’unico. In fondo, a suo modo, anche il Magnifico Lorenzo si rendeva conto che la vita va presa, oltre che per quel che è, con una certa leggerezza, tanto più che “del doman non v’è certezza”, o quanto meno, l’unica certezza sembra essere la disaggregazione degli atomi aggregati del nostro corpo.
Ma chi avrebbe potuto essere particolarmente vicino a quella sana filosofia di vita era, a mio avviso, il Paperino di Carl Barks. Anche se poi il suo carattere, vagamente ciclotimico all’epoca, lo portava troppo spesso a gettarsi (o trovarsi coinvolto, o a farsi coinvolgere) in mille avventure movimentatissime, in decine e decine di mestieri diversi praticati di solito con successo e abilità particolare pur se complicati, frenetici o faticosi, o a prendersela oltre misura per cose per cui non val proprio la pena, salvo tornare, alla fine, alla sua lievità di fondo. E non mi riferisco alla sua saggia tendenza al riposo (però più desiderato che praticato, nelle vivaci storie di Barks, essendo di fatto tutt’altro che uno scansafatiche), ma proprio alla sua filosofia di vita, che gli consente di godere delle piccole cose, pur puntando spesso molto in alto.

Personalmente, a prendere la vita per quel che è, e con leggerezza, ci ho messo molto. Anzi, troppo, ma va considerato che sono stato un de-mentalista per molti decenni, e questo non aiuta…

Che poi, uno si chiede, ma a che scopo cercar consolazione in fantasie arzigogolate (che siano religioni, superstizioni, esoterismi, complotti e altre simili amenità) quando la Meraviglia della Vita è costantemente sotto i nostri occhi, anzi, a portata di tutti e cinque i nostri sensi (che, per la cronaca, sono più di cinque). Insomma, perché cercar rifugio in supposti sesti, settimi e ottavi sensi, quando spesso non si gustano a fondo nemmeno i cinque sicuri che abbiamo a disposizione quotidianamente? Forse il motivo è il solito: siamo dotati di cervelli fantastici ma decisamente imperfetti e spesso pure mal funzionanti. Per cui facciamo un sacco di scelte assurde e sconvenienti, invece di goderci la Meraviglia che abbiamo sotto il naso.

popeye_yam1Per non parlar della riduttività di affibbiare a un deus ex machina la creazione (e/o la gestione e/o altro, a seconda dei gusti, dei tempi, dei luoghi, delle varie credenze) dell’universo, quando è molto più emozionante limitarsi ad ammirare l’esistente, senza frullarsi il cervello per inventare risposte che al momento non abbiamo o non siamo in grado di trovare. Un meraviglioso universo con meravigliose forme di vita sparse qua e là, non create da uno che, essendo onnipotente, onnisciente e onniqualunquecosa, la fa facile a creare universi: è un Dio! Molto più impressionante e magnifico è il pensiero che non ci sia alcun Creatore Supremo dietro tutto ciò. Ma de gustibus: tanto quel che noi crediamo non conta proprio nulla. La realtà non muta per far piacere a noi. E’ quel che è, e questo è tutto quel che è (sì, sto citando Braccio di Ferro).

Assurda, inutile e altrettanto quasi irrefrenabile, la nostra necessità di mettere etichette a tutto, forse solo per sentirci più “sicuri”, più “padroni” della nostra vita. Pia illusione necessitata da profonda insicurezza, direi, a naso.
Non basta appiccicare l’etichetta “Dio”, o qualunque altra, a quel che non ci quadra, per sistemare le cose a nostro piacimento e consolazione. Forse dovremmo imparare a etichettare umilmente solo quello che siamo davvero capaci di “capire”, di “scoprire” sul serio, e lasciare senza etichetta ciò che (ancora) ci sfugge, limitandoci, nel frattempo, a godercelo. Se poi la ricerca avrà successo, metteremo con soddisfazione una nuova etichetta, a solo nostro uso e consumo naturalmente (giacché alla Realtà non servono etichette per esistere), altrimenti, semplicemente, andiamo avanti con determinata leggerezza a goderci l’universo meraviglioso di cui facciamo parte e, se ci diverte e ci fa piacere, a cercare di svelarne gli altrettanto meravigliosi meccanismi.

Tanto più che spesso mettiamo etichette sbagliate (oltre a quelle inutili o superflue), perché, invece di affidarci a una ricerca seria e approfondita e più volte sottoposta a verifica secondo un metodo scientifico, etichettiamo sulla base delle nostre personali percezioni, famose per essere, oltre che facilmente ingannabili, tutto men che assolutamente precise e infallibili… Che tontoloni, eh? Yuk!

Come, non ti è chiaro?
Ti faccio un esempio. Vieni a fare una seduta spiritica con me e il tavolo rotondo che usiamo all’uopo a un certo punto salta su violentemente, per ricadere e spaccarsi. Data l’atmosfera complessiva in cui eravamo, e la fiducia che hai (mal) riposto in me, tu, invece di farmi pagare i danni per il tavolo rotto, ti convinci che abbiamo davvero evocato una entità sovrannaturale che ha causato il danno (e, per giunta, non sai come fare causa a uno spirito disincarnato…). Visto come è stato facile ingannare le tue percezioni, dirigerle verso una conclusione irrazionale e (volutamente) condizionata? Ci hai persino messo del tuo, per convincerti della concretezza di quel che, invece, era solo un facile imbroglio, perché, in fondo, dentro di te volevi con tutte le tue forze che esistesse davvero, un’entità disincarnata e tutto quel che ne consegue. “Siamo fragili creature, come dice spesso Gianfranco Goria…” E tu sei persino uno con il cervello normo funzionante, nella media. Pensa uno (come son stato io per lunghi decenni) con la chimica del proprio cervello vagamente sfasata qua e là (per mille diversi motivi, tutti molto concreti e scientificamente verificabili, purtroppo). Non così tanto sfasata da sembrare un pazzo (o da essere davvero molto fuori di testa), ma quanto basta per avere di tanto in tanto qualche percezione alterata, per dirne solo una. Quanto basta per poter poi credere (anzi, per voler credere) a qualsivoglia cosa, dimenticando (intenzionalmente? involontariamente? condizionatamente?) di sottoporre ogni faccenda a una seria ricerca con metodi scientifici, fatta da persone terze e non coinvolte emotivamente. “Chiamate la Scientifica!”

Oh, per carità, lo so benissimo che molto spesso si ha bisogno di irrazionalità e fantasia. Solo che dovremmo poter distinguere, e non sempre e non tutti ci si riesce… “siamo fragili creature”.

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Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore – Italo Calvino

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