L’AVVENTUROSA STORIA DEL FUMETTO AMATORIALE

di Giuliano Cerofolini e Leonardo Gori

quarta puntata

CONTINUA L’INTRICATA E CONTROVERSA STORIA DELLE RISTAMPE DISNEY, "PIRATA" E NON: ALL’INIZIO LA MONDADORI NEGA OGNI AUTORIZZAZIONE, POI LA DA’ A TUTTI... MA PRIMA, QUALCHE PICCOLO CALCOLO DEI COSTI EFFETTIVI DI ALBI E VOLUMI, RAPPORTATI IN LIRE 1995, CON UN PICCOLO AIUTO DALL’ISTAT.

Intermezzo.

Le avventure di Topolino con i "pirati" si complicano da morire, dopo il giro di boa del 1980. Ma prima di addentrarci nei contorti meandri di questa storia, facciamo due conti in tasca agli editori amatoriali e ai loro clienti. L’occasione ci è offerta da un recente volumetto edito dall’ISTAT (l’autorevole Istituto Nazionale di Statistica) e quindi, si spera, degno di fede. Il manuale si intitola Il valore della lira dal 1861 al 1995, e permette di calcolare agevolmente l’effettivo potere di acquisto della nostra moneta, anno per anno, rapportato ai prezzi 1995.

Nel 1972, come abbiamo visto due puntate fa, i collezionisti (quasi tutti decisamente adulti) si lamentavano con le lettere a "Eureka" di non poter acquistare gli albi di Traverso e di Scotto. Prendiamo in esame perciò due titoli a caso dei suddetti editori, usciti in quell’anno. Traverso pubblica, nel 1972, Il Trono di Titania, serie Brick Bradford giornaliero (68 pagine in b/n), che costa effettivamente (non esiste ancora la pratica degli "sconti") £. 6.500 (solo un quarto della lunghissima avventura, peraltro). Ebbene, seguendo le tabelle ISTAT, coefficienti costo vita, si tratta di ben 70.000 lire (sempre valori 1995). Che diverranno più di 280.000 lire per la storia completa! L’albo di Scotto Cino e Franco in Africa, di appena 16 pagine, d’altra parte, costa £. 5000, e quindi quasi 53.900 lire! Indubbiamente, le proteste avevano un robusto fondo di ragionevolezza. Nel 1977, le edizioni Vecchi Ricordi ristampano (male) l’annata 1933 di "Topolino", e la mettono in vendita a £. 3000 il fascicolo (di otto pagine), poi ribassate a 2.000. Si tratta, nel primo caso, di oltre 15.200 lire a numero, per un totale di circa 800.000 lire ad annata!

In questa puntata, ci imbatteremo in albi e volumi decisamente molto cari, usciti fra il 1981 e il 1985. Potete fare da voi il calcolo dei prezzi rapportati al 1995, usando l’allegata tabella ISTAT (semplificata): ma in pratica, basterà semplicemente raddoppiare i prezzi di allora. Un esempio per tutti: il secondo semestre dell’annata 1936 di "Topolino", ristampa Comic Art del 1984, 60.000 lire di listino, costava in effetti circa £. 110.000 di oggi.

Per finire, a puro titolo di curiosità:

un numero di "Topolino" del 1938 (16 pagine in grande formato, centesimi 50): circa 600 lire del 1995;

un albo "Nel Regno di Topolino" grande (£. 1,50): circa 1800 lire;

"Topolino" libretto n. 1 (1949, 100 pagine per £. 60): circa 1460 lire;

"Topolino" nel 1967 (146 pagine per £. 120): circa 1570 lire.

15. Non si sveglia il mostro bianco...

Prima che apparissero i volumi "pirata" di Barks, nel settembre 1981, c’erano stati altri "corsari" disneyani piuttosto intraprendenti, oltre a quelli già rammentati. Sui banchi di Lucca, a novembre del 1980, era apparsa, rigorosamente anonima, la ristampa "quasi anastatica" dell’albo Paperino e la Cleopatrias Extinta: un’iniziativa decisamente preziosa, perché quella storia barksiana non vedrà mai più la luce in versione non censurata. A Prato, sotto il nome di un fantomatico Luigi Olmeda, appaiono le ristampe di alcuni albi Nerbini anteguerra, quelli mai riapparsi nella collana mondadoriana delle "Grandi Storie". Ma, soprattutto, sui banchi fanno bella mostra di sé alcuni grandi albi orizzontali, che promettono nientemeno che la ristampa, cronologica e integrale, di tutte le dailies di Mickey Mouse: in altre parole, un "Topolino d’oro" pirata, rivisto e corretto. Le storie ripubblicate sono Topolino I due ladri e Topolino e i pirati (1932), con risultati tipografici decisamente buoni. Non solo: nel "pacchetto" offerto agli avidi collezionisti disneyani, i "pirati" inseriscono anche tre albi formato comic book, con alcune tavole autoconclusive di Barks.

Intanto, la "Vecchi Ricordi" continua imperterrita a ristampare il "Topolino" giornale: è già arrivata al 1935, e promette di proseguire per tutto il periodo Mondadori. E la casa di Segrate, cosa fa? Per il momento, sembra proprio intenzionata a stare a guardare. In giro si mormora che i suoi avvocati non reputino vantaggioso intraprendere iniziative legali, ma altre "voci" lasciano intendere che le cose stanno in effetti in ben altro modo. Purtroppo, non è proprio possibile andare oltre i "si dice". Da un lato, qualcuno si muove presso i responsabili Mondadori per ottenere un’autorizzazione a produrre ristampe "regolari"; dall’altro, visto che il gigante "dorme", si stampa e ristampa a più non posso. A Maggio, alle mostre di La Spezia e di Bologna, compaiono addirittura degli albi a striscia con SG di Gottfredson degli anni Cinquanta (serie Joker, 3 albi). Ma gli appassionati più tradizionalisti, che affollano la mostra al Palazzo di Re Enzo, strabiliano soprattutto di fronte alle repliche, sempre ovviamente pirata, di alcuni albi "doppi" della leggendaria serie "Nel Regno di Topolino": si tratta de La casa dei fantasmi e di Le Nuove perfidie del Lupo Mannaro, quest’ultimo particolarmente ambito perché non ristampato nella serie mondadoriana de "Le grandi storie".

A Luglio, appare anche il raro e appetibile Biancaneve e i sette nani. Si tratta di albi cari: 8.000 lire l’uno. A settembre, quando esce il primo volume di "The complete Carl Barks" (che fra l’altro costa ben 45.000 lire), appare anche Biancaneve e Il mago Basilisco, rarissimo fascicolo del 1939. Ai pirati già "conosciuti" se ne aggiungono altri: qualcuno rintraccia l’episodio Topolino e Billy il Topo, praticamente inedito, e ne fa un gustoso e oggi introvabile albo in grande formato. Gli albi grandi "Nel regno" erano apparsi del tutto anonimi. È invece la casa editrice "Vecchi Ricordi" a firmare le ristampe dei primi quattro albi "piccoli" della stessa serie, apparsi a dicembre.

I "pirati", nei primi mesi del 1982, diventano addirittura spudorati, vista l’assoluta indifferenza della Mondadori. La "Vecchi Ricordi" realizza nientemeno che dei falsi albi "Nel Regno": ovvero fascicoli mai usciti a suo tempo. Per dirla con Gozzano, "quel che poteva essere e non è stato". Sui banchi dei commercianti appaiono uno pseudo-Nel Regno Pinocchio e un altrettanto fantomatico I tre porcellini e il rivelatore di bugie. Sul fronte "filologico", Luigi Olmeda offre agli appassionati un bel volume orizzontale con tutta l’annata 1949 delle dailies di Mickey Mouse (pochi mesi dopo escono anche il 1944 e il 1950): un’opera decisamente pregevole, che verrà presto imitata da altri. Sui banchi delle mostre appare anche la ristampa dei soli titoli barksiani degli "albi tascabili di Topolino", usciti nell’immediato Dopoguerra.

16. L’ANAF al "salvataggio" di Topolino

A settembre, finalmente, sembra che qualcuno intenda mettere ordine in questo caos ristampistico. Entra in campo l’ANAF, che ottiene dalla Mondadori l’autorizzazione a ristampare — in modo filologico — una parte delle strisce giornaliere di Topolino e delle storie di Barks, quelle viste meno e peggio in Italia, o addirittura inedite da noi. Perché solo una parte? Non è ben chiaro se si tratti di una scelta di tipo economico, o se la Mondadori, lassista con chi se ne infischia dei diritti e dei trademarks internazionali, tenga invece a stecchetto chi fa le cose in regola. In ogni caso, la benemerita Associazione sembra una garanzia per tutti, e il programma, pubblicato dal trimestrale "Il fumetto", decisamente allettante. L’ANAF annuncia che le sue edizioni disneyane saranno messe in vendita a lotti (uno di Topolino e uno di Paperino), che non verranno praticati sconti né ai collezionisti né ai distributori, e che le copie invendute saranno distrutte.

A settembre escono i primi lotti, e la delusione è quasi unanime. Traduzioni approssimative, brutto lettering, stampa e impaginazione sbrigativa, senza cura, senza amore. Che succede in casa ANAF? Certo, i volumi 2 e 12 del Barks "pirata", che escono in contemporanea, non sono migliori come stampa, anzi, ma sono quanto meno il frutto di un editing molto più attento. A ottobre, a Bologna (la mostra, per ora, si svolge sempre nel magnifico Palazzo di Re Enzo), esce addirittura un’opera storico-critica sulla produzione Disney sindacata, che proseguirà, con fascicoli e volumi, fin quasi a oggi.

Ma mentre l’ANAF è alle prese coi suoi primi lotti, appare il ...terzo incomodo, ed è una sorpresa per tutti: si tratta nientemeno che della Comic Art, che si è assicurata un’altra autorizzazione speciale da parte della Mondadori! Come in una farsa ottocentesca, prima erano tutti "pirati", adesso tutti si avviano ad essere "autorizzati", e chi ci capisce qualcosa, all’epoca, è bravo. Fatto sta che la Comic Art esordisce mettendo in vendita, a Lucca, la collezione completa, 13 titoli, dei "doppi" Albi Nel Regno! Chi aveva acquistato i "pirati", rimane con un palmo di naso e con molta (giusta) irritazione. Il prezzo non è davvero popolare: 130.000 lire, ovvero 10.000 lire ad albo, quando un esemplare originale, sul mercato dell’antiquariato (certo, sempre che lo si trovi) non costa più di 50/60.000 lire.

Non finisce qui, ovviamente (altrimenti, che farsa sarebbe?). Ancora a Lucca, Ernesto Traverso torna allo scoperto con una sua particolarissima concessione Mondadori in tasca, e sforna due titoli dai rarissimi e prestigiosi "Albi d’Oro" anteguerra, oltre a un meraviglioso volume (del tutto simile a quelli "pirata", ma stampato, tradotto e curato in modo impeccabile) con l’annata 1951 delle dailies di Topolino, impreziosito da una splendida copertina originale a colori: a febbraio 1983 seguirà il volume con l’annata 1953. Ancora: nel "pacchetto" Traverso ci sono tre albi orizzonatali con Silly Symphonies e anche l’albo Topolino e lo struzzo Oscar, a colori (splendido, ma la pur ottima quadricromia lascia perplesso qualche purista), che inaugura, nientemeno, un’altra "integrale" delle SG del Grande Topo!

Sembrano proprio tornati i tempi dei Brick Bradford a ripetizione, solo che stavolta la massa di carta stampata è assai più imponente. La serie di Traverso, come vedremo fra poco, cambierà sigla, avrà una vita lunga ma travagliata, con titoli "doppi" e buchi mai più colmati.

17. L’intreccio si infittisce...

Ma ce n’è ancora. Olmeda contrattacca con volumi analoghi a quelli di Traverso: il 1946, il 1947 e il 1948, ma ormai i collezionisti hanno scelto, e i volumi bianchi col Topo ridente in copertina spariscono presto dalla circolazione. Chiunque pensi che la "Vecchi Ricordi", con tali e tanti colossi a combattersi fra loro, abbia deciso di ritirarsi, sbaglia di grosso. A Novembre, escono due albi in "cronologia", Topolino nell’alta società e Topolino nella valle tenebrosa. Intanto, sul finire del 1983, le serie di Traverso, inaspettatamente, sono assorbite direttamente dalla Mondadori, che le toglie dal mercato dell’amatoriale e le spedisce in libreria: per il resto non cambia nulla, né l’aspetto degli albi e dei volumi, né il piano dell’opera, né il prezzo e neanche il curatore-factotum, che resta Ernesto Traverso. Ma con questo "colpo di mano", l’industriale genovese esce un’altra volta di scena nel mondo del "circuito chiuso", visto che anche le altre sue serie, edite sotto vari marchi (Pacific Comics Club, Comics Stars in the World, ecc.) si interrompono, e questa volta definitivamente.

L’ANAF, disorientata da tanto caos, chiede alla Mondadori di estendere la propria concessione speciale a tutta la produzione di Topolino sindacato e del Paperino di Barks. L’autorizzazione arriva, ma riarrangiare tutto il piano dell’opera non è semplice: appaiono volumi e albi 0, bis, ter; è inevitabile anche qualche salto nell’ordine strettamente cronologico. Ma questi sarebbero peccati veniali, dettati dallo stato di necessità, se non ci fossero, nelle produzioni ANAF, problemi ben più gravi. I volumetti di Barks pubblicano alcune storie ridisegnate al posto degli episodi originali (è il caso di Paperino e la Bomba Atomica, apparso nella versione ridisegnata da Daan Jippes), e le traduzioni lasciano alquanto a desiderare. Gli albi orizzontali di Topolino, peraltro impreziositi da originali copertine di Luciano Bottaro e Romano Scarpa, in molti casi hanno addirittura i retini tipografici rifatti: è un’autentica offesa, per gli appassionati più sensibili e attenti al lato filologico. Cosa succede, nel mondo dell’amatoriale? Nei primi anni Settanta, se un editore non pubblicava in bianca le tre strisce dal lunedì al mercoledì e in volta quelle dal giovedì al sabato, tutti storcevano il naso, uno scrupolo che può apparire perfino eccessivo. Ora nessuno alza la voce per i retini massacrati... Il peggio è che dello sterminio dei Ben Day addirittura ci si vanta, sui redazionali de "Il fumetto". L’edizione ANAF arriva comunque in fondo. Peccato che poi, a giochi fatti, si trovino serie complete in vendita ("scontate", ovviamente!) presso commercianti e distributori. L’ANAF, a partire dal luglio 1983, offre ai soci anche la ristampa delle dailies del Paperino di Taliaferro, un’edizione accurata e con minori difetti rispetto alle precedenti.

Ormai il futuro delle edizioni Disney amatoriali appare segnato: una volta esaurita la concessione speciale all’ANAF, e il permesso accordato a Conti per la sua splendida riedizione del giornale de "I Tre Porcellini", rimarranno sul campo solo le edizioni Mondadori/Traverso e quelle targate Comic Art, che intanto sforna titoli su titoli, compresi gli albi "Nel Regno" piccoli già usciti anonimi. Ma prima che il gioco resti, i "pirati" sparano le loro ultime cartucce, sempre e comunque indisturbati. Olmeda (ma più d’uno si nasconde dietro questo nome) porta avanti i volumi della "Complete Carl Barks", la "Vecchi Ricordi" sforna altri albi "Nel Regno" piccoli e alcuni fascicoli con le Disavventure di Paperino; qualcuno, addirittura, tira fuori i primi quattro "Topolino" libretto del 1949, a 50.000 lire il lotto.

Ma un nuovo duello si profila con la ristampa del "Topolino" giornale. La "Vecchi Ricordi" ha prudentemente abbandonato il progetto, una volta conclusa l’annata 1935, ma a Novembre, per Lucca, qualcuno (si mormora che sia Nerbini) allestisce una dignitosa ristampa dei primi 13 numeri del 1936, al prezzo complessivo di 50.000 lire. Stavolta tutti aspettano gli strali da Milano, perché l’identità dell’editore è il classico segreto di Pulcinella, e anzi lo stesso — si dice — telefona più volte a Segrate senza mai riuscire a parlare col Direttore di "Topolino", per una sorta di "chiarimento". Ancora una volta, non accade nulla. Ma a febbraio 1984, è Traini a dare una risposta piuttosto eloquente, presentando, a sua volta, il primo semestre del "Topolino" 1936, rilegato e con sovraccoperta a colori, con esiti tipografici di discreta qualità, per complessive 60.000 lire (a Novembre verrà presentato il secondo semestre). Il suo antagonista, per il momento, non demorde: contemporaneamente al volume Comic Art presenta i numeri da 171 a 183, sempre a 50.000 lire il lotto. Ma stavolta la sfida non prosegue a lungo, e la Comic Art, con il 1985, rimane padrona del campo.

Non è più tempo di "pirati": dopo la conclusione del programma ANAF, gli albi Mondadori/Traverso approdano addirittura in edicola, e subito dopo in doppia edizione (edicola e libreria); ma alcuni titoli — e qui i collezionisti decisamente si arrabbiano, anche perché non ci capiscono più nulla — appaiono solo in edicola, altri solo in libreria. La collana si arresta, più o meno quando la Mondadori sta per cedere i fumetti Disney alla casa madre, quando mancano solo due titoli per completare la cronologia delle SG di Topolino dall’inizio (1930) al 1955. Albi che non vedranno mai più la luce, perché — pare — conterrebbero sequenze non politically correct. È la prima volta, almeno da noi, che questa orrenda e infame regola autocensoria d’Oltreoceano viene applicata. Traverso collabora, dopo la chiusura delle collane, al nuovissimo mensile da edicola "Zio Paperone", che ricalca la Carl Barks Library dell’Another Rainbow; poi si ritirerà definitivamente, prestando la sua opera di consulenza ad altri editori amatoriali.

La Comic Art avrà il campo completamente libero dopo il 1987. I suoi programmi annuali saranno sempre più egemonizzati dalle edizioni Disney, tanto che qualche collezionista, addirittura, storcerà la bocca: prima le domenicali di Topolino e le Silly Symphonies in albi separati, poi la straordinaria serie Walt Disney Sunday con l’intera pagina (serie principale e topper); poi le giornaliere, poi i Disney Italiani, e siamo arrivati ormai ai giorni nostri. È ora di lasciare finalmente Disney, per navigare in altre meno procellose acque.

18. Glamour: un terremoto nell’amatoriale

In un’intervista a "Panorama" dei primissimi anni Settanta, che si occupava del fenomeno delle stampe e ristampe amatoriali, l’odiosamata Maria Grazia Perini — all’epoca direttrice di "Eureka" — ebbe parole profetiche. Disse più o meno così: "Finché questi piccolissimi editori continueranno a pescare fra i trapassati del Fumetto, andrà tutto bene. Ma se si interesseranno del nuovo, allora dovremo preoccuparci". Così fu, giust’appunto. Alla fine del decennio, quando le nostalgie sembravano affievolirsi (era in atto il ricambio fra i "ragazzi degli anni Trenta" e quelli del Dopoguerra), qualcuno ebbe un lampo di genio. Ma anche in questo caso, bisogna andare per gradi, e trovare le necessarie premesse al nuovo fenomeno.

Dopo il 1975, il mondo del fumetto d’autore aveva subito una profonda trasformazione. In Francia si era affermato il cosiddetto fumetto "metalloide", di cui la rivista "Metal Hurlant" era il manifesto: Giraud, che ora si firmava Moebius, insieme ad altri maestri d’Oltralpe, proclamava la necessità di una completa destrutturazione della forma e dei contenuti delle storie a fumetti, ovvero, in parole povere, dell’abbandono dell’Eroe, dell’iterazione, ma anche della trama, dell’intreccio, della stessa scansione in vignette. Purtroppo, la valenza rivoluzionaria dell’operazione francese non fu recepita nel resto del mondo come sarebbe stato auspicabile: i "metalloidi", invece di influire sul Fumetto "tradizionale" svecchiandone cliché e regole codificate, furono imitati pedissequamente da una valanga di autori dal talento perlomeno discontinuo, fra i quali, ma comunque in un secondo tempo, sarebbero emersi solo Andrea Pazienza e pochissimi altri.

In Italia, la ventata di "Metal Hurlant", sostanzialmente incompresa, fece più danni di un uragano, spazzando via quasi completamente il fumetto d’autore rivolto anche ai bambini e agli adolescenti, quello che aveva fatto le fortune del "Corriere dei Piccoli/Corriere dei Ragazzi" e che era approdato sulle cosiddette "riviste di prestigio". Naturalmente, si ritenne opportuno inserire in questa "rivoluzione" mancata anche una dose massiccia di sesso. Un tentativo di "controriforma" fu solo tardivo e in parte velleitario: in pratica (a parte l’universo bonelliano, che navigava tranquillo nelle sue sicure acque) solo il mensile "Il Mago", grazie a Beppi Zancan, cercò di dar vita a una nuova scuola di autori, disposta a raccontare storie. Il maggior talento emerso dalla rivista mondadoriana, prima della sua ingloriosa fine nel 1980, fu senz’altro Vittorio Giardino col suo Sam Pezzo. Non è questa la sede per raccontare la storia del Fumetto in Italia, e quindi saltiamo subito alle conclusioni: di rivista in rivista, passando dal fondamentale e mai dimenticato "Orient Express" di Luigi Bernardi, Vittorio Giardino, i rinnovati Magnus e Attilio Micheluzzi e una serie di nuovi e validi autori, fecero sorgere in pochi anni la speranza di un ritorno del "buon fumetto" nelle edicole, col conforto di quanto di analogo avveniva in Francia con riviste come "A Suivre".

Che c’entra tutto questo con l’amatoriale? Beh, vediamo. Nel 1980, Antonio Vianovi, redattore e impaginatore valentissimo di "Exploit Comics", ha un’idea niente male: creare una rivista che si allontani decisamente dai canoni classici dei periodici amatoriali. Tanto per cominciare, imbastisce il suo menabò su un formato mai visto: grandissimo e quadrato. Poi sceglie un tema all’epoca nuovo e pruriginoso: l’eterno femminino, nell’incarnazione delle eroine made in USA da noi quasi sconosciute, fra cui spicca la splendida Connie di Frank Godwin. È decisamente geniale l’idea di farne una rivista bilingue, per cercare di solleticare anche il mercato americano. Nell’autunno del 1980 esce "Glamour International Magazine" n. 1, con un inserto a colori di Vargas, la già citata Connie e Dixie Dugan di J. H. Striebel. Costa 5.000 lire e ha un discreto successo. Lo stile rimane identico per il numero successivo, che esce però solo nel marzo del 1981, a Treviso. Poi, fino al gennaio del 1982, silenzio.

Ma col terzo fascicolo c’è un improvviso mutamento di rotta. La mossa vincente di Vianovi è di "agganciarsi" al Convegno Internazionale del Fumetto e della Fantascienza di Prato, che nel febbraio di quell’anno celebra la sua quinta edizione, diventandone il catalogo ufficiale. "Glamour" mantiene i fumetti americani d’antan pubblicati in precedenza, ma sfoggia una bella copertina (ancora monocolore) di Guido Crepax, che sembra decisamente profetica: è una fascinosa Emanuelle che si abbassa le mutandine, anche se ancora siamo ben dentro i limiti del consueto. Ma la vera sterzata è all’interno: in un numero quasi raddoppiato di pagine, appaiono disegni inediti, realizzati appositamente per "Glamour", di Jean Claude Forest, oltre a una succosa carrellata di pin-ups. La rivista va decisamente bene: collezionisti nuovi e vecchi fanno la fila per acquistare lo splendido catalogo.

Vianovi coglie la palla al balzo, e col n. 4, del luglio, inalbera trionfante una copertina a colori di Milo Manara e annuncia con orgoglio, nell’editoriale, il raggiunto successo di vendite anche Oltreoceano. Resistono ancora i fumetti tradizionali, ma nelle pagine patinate interne c’è tutta una serie di "rivisitazioni" di eroine del passato, in chiave decisamente osèe, a cura di Guido Crepax, Alarico Gattia, Milo Manara, Sergio Toppi. Il n. 5 contiene l’inizio della prima versione di Un giuoco di Manara, e una nuova serie di "omaggi d’autore", fra cui appare anche Pratt. È fatta: la rivista di Vianovi e collaboratori spiazza decisamente il turbolento ma tradizionalista mondo dei comics di casa nostra. "Glamour" diventa, numero dopo numero, un autentico fenomeno: alle mostre mercato la folla si accalca al suo stand come a quello di Nerbini nel 1972, solo che ora si tratta di un pubblico del tutto diverso: c’è moltissima gente nuova, che si avvicina per la prima volta al fumetto d’autore. E Vianovi insiste, non ne sbaglia una, numero dopo numero, mostra dopo mostra: i vari Giardino, Micheluzzi, Magnus, che hanno partecipato al nuovo "Rinascimento" del fumetto d’avventura italiano, vengono reclutati da "Glamour" e invitati — dietro lauto compenso — a realizzare complesse e raffinatissime illustrazioni sempre più erotiche. Tanto che col n. 18, "Glamour" riparte da 1, diventa un volume di 72 pagine trilingui (italiano, inglese, francese), venduto a 12.000 lire, e va decisamente in orbita, mentre un nugolo di neo-collezionisti insegue il mito del n. 1, tirato a suo tempo in poche centinaia di copie, e quindi ormai introvabile...

Tutto bene, allora? Beh, dipende dai punti di vista. Vianovi dà una salutare svecchiata alla grafica nel mondo del Fumetto, e il suo grande talento è preso come modello anche dai più affermati professionisti del settore. Gianni Brunoro, che approda ben presto alla Direzione, è una garanzia di primissimo ordine per il livello culturale degli interventi critici. Ma l’enorme successo amatoriale di "Glamour" (a cui poi, come vedremo in seguito, si aggiungono i preziosi "Glamour Books" e altre iniziative) fa perdere un po’ la testa a varie persone. Gli autori, lusingatissimi dal trattamento principesco loro riservato, diradano un po’ l’impegno per le riviste "d’autore", trascurando le storie (che erano così importanti!) per affrescare centinaia di lussuosissimi portfolios. Vianovi certo non pone limiti alla loro libertà espressiva, anzi, e questo porta a un’esplosione di temi e immagini scabrose: niente di male, ci mancherebbe, ma tutta questa energia creativa non ha uno sbocco facilissimo e indolore sul mercato naturale dell’edicola. Sembra un paradosso, viste le tirature indubbiamente sempre limitate di "Glamour" (che comunque non supererà mai le 5.000 copie), ma per qualche anno Vianovi è in grado di condizionare pesantemente lo sviluppo del fumetto in Italia. Ma il nodo cruciale è che gli autori vedono aprirsi un mercato alternativo, abbastanza remunerativo e diverso da quello tradizionale. Senza dubbio nuovo, anche se i condizionamenti censori si sono come "ribaltati", mantenendo comunque i disegnatori in uno stato di dipendenza stretta da certi temi. I collezionisti, come si è visto, cambiano i loro gusti, si assuefanno alle sontuose illustrazioni disabituandosi alla lettura, e fra l’altro trascurano le riviste tradizionali (e meno male che "Il Fumetto", "Fumo di China" ed "Exploit Comics" non demordono né cambiano strada). Molti critici sono abbagliati da tanta bagarre, e abbandonano troppo in fretta e spesso ingiustamente temi che non avevano esplorato a sufficienza. E poi, quasi subito, arrivano gli imitatori.

(4. Continua)